Intervista a Mi Riconosci – Francesca Tomei
di Emanuele Caon
Mi Riconosci è un’associazione nazionale che si occupa delle condizioni lavorative dei professionisti e delle professioniste dei beni culturali e delle modalità di fruizione del patrimonio storico-artistico, il cui accesso – secondo Mi Riconosci – deve rimanere un servizio pubblico essenziale e garantito alla cittadinanza.
Nel corso del 2022 Mi Riconosci si è resa protagonista di alcune critiche al modo di gestire la cultura a Padova, arrivando a confrontarsi con il sindaco Sergio Giordani e l’assessore Andrea Colasio. Puoi riassumerci i principali problemi della gestione della cultura a Padova?
Possiamo condensare le critiche principali in tre punti. A) La cultura viene intesa come una voce del turismo, quindi l’offerta culturale è pensata e strutturata per attirare turisti e rispondere alle loro esigenze. B) L’offerta culturale padovana è frammentata, non c’è una gestione coerente, nemmeno per i soli siti del comune. Inoltre è costosa, manca persino un biglietto unico per chi vive a Padova. C) Le condizioni di chi lavora nel settore cultura sono pessime, in particolare per un uso spregiudicato del volontariato e per l’esternalizzazione dei servizi tramite bandi che prevedono spesso il massimo ribasso e che quindi si vincono tagliando il costo del lavoro. Questo ha delle ricadute sulla stessa qualità dell’offerta culturale.
Cosa intendi quando parli di offerta culturale frammentata?
Il sistema culturale padovano è quasi solo “Scrovegni-centrico”, è cioè incentrato sulla Cappella degli Scrovegni. Tutto il resto è poco valorizzato e non è gestito come un sistema coordinato. Penso a Ponte San Lorenzo, in riviera dei ponti romani: un tempo il sito era aperto in modo occasionale e saltuario dal Fai (Fondo Ambiente Italiano) e da Legambiente; ora è semplicemente chiuso. Oppure l’Odeo Cornaro è quasi dimenticato, nonostante sia accanto al Santo. Potrei continuare, ma già questi esempi ti fanno capire come l’offerta culturale non sia destinata alla cittadinanza. Si punta tutto su qualche brand che possa attirare i turisti come, appunto, la Cappella degli Scrovegni o il marchio Unesco. E infatti manca persino un biglietto unico che permetta a chi vive a Padova di visitare più volte i siti e i musei comunali, favorendo così la conoscenza del patrimonio tra i cittadini e gli studenti universitari.
Mi pare però di ricordare che Colasio avesse contestato le vostre critiche affermando che a Padova un biglietto unico esiste…
Sì, ma se quello è un biglietto unico allora proprio non ci intendiamo sulle parole. Colasio si riferiva a Padova Urbs picta card. Lo chiamano biglietto “unico”, ma in realtà è un biglietto cumulativo pensato per i turisti, infatti concede l’ingresso solo ai luoghi del sito seriale patrimonio Unesco I cicli affrescati del XIV secolo di Padova. E costa 24 euro per una durata di 48 ore o 35 euro per una durata di 72 ore. Sono compresi persino siti che se visitati da soli sono gratuiti. In ogni caso un biglietto unico non può durare tre giorni, se è pensato per chi vive in città deve valere tutto l’anno e consentire di visitare più volte lo stesso luogo, così il patrimonio culturale diventa veramente servizio pubblico e bene comune. Altrimenti parliamo sempre e solo di turismo (locale o internazionale che sia) e non di cultura intesa come servizio per la cittadinanza.
La stessa logica è ben visibile nella gestione delle biblioteche. Tutto ruota attorno alla biblioteca civica al Centro Altinate, ci sono poi altre sette biblioteche civiche, ma di queste solo due hanno un orario che supera le trenta ore settimanali di apertura. E poi gli orari coincidono sostanzialmente con quelli di lavoro, di nuovo quindi la cittadinanza ha poco accesso al servizio bibliotecario. Va detto che a Padova ci sono molte biblioteche universitarie, ma sono tutte in centro e poi non sono pensate per avere una funzione civica; c’è anche l’impressione che sul fronte cultura Comune e Ateneo dialoghino poco.
Mi pare che Padova stia guardando al modello Venezia che da anni ha già mostrato tutte le sue fragilità.
Certo! Ne abbiamo riscontro anche sulla questione abitativa, il costo degli affitti aumenta, si fa fatica persino a trovare una stanza. C’è infatti un progetto denominato Luxury District con cui si vuole dedicare una zona del centro ai marchi di lusso. In breve il centro di Padova impacchettato per attirare il turismo di massa e i consumi. Come Venezia o Verona o Firenze, come tante città imbellettate e rese quasi inabitabili.
Passiamo al fronte lavoro, da tempo Mi Riconosci denuncia una terribile combinazione tra precariato e sfruttamento. Mi chiedo come si possa pretendere un’offerta culturale di qualità senza pagare adeguatamente le professioniste e i professionisti della cultura. Non penso che a Padova manchi personale, vista appunto la presenza dell’Università.
In questa città l’Università è parte del problema e contribuisce alla precarizzazione. Ai musei civici, per esempio, studenti e studentesse universitari fanno gli stage. Ci lavorano poi gli anziani come volontari, le persone che fanno il servizio civile. Il personale interno, quello assunto dal comune, è poco e si occupa di fare sorveglianza e di gestire il bookshop. Ai musei civici manca persino un servizio di didattica museale interno, è semplicemente tutto appaltato ad associazioni o ditte esterne persino tramite affidamento diretto. Chi lavora da esternalizzato è in ritenuta d’acconto per prestazione occasionale o a partita IVA.
E invece come funziona il lavoro nelle mostre? C’è qualche differenza tra la gestione del comune e quello delle fondazioni private?
Non cambia molto, il personale è assunto da ditte o cooperative o associazioni esterne. I contratti sono discutibili, se non a chiamata si applica il multiservizi che però non è il Federculture (il vero contratto di settore) e prevede quindi una paga più bassa. Anche in questo caso i bandi fanno uso del massimo ribasso.
Per questo 2023 vi aspettate qualche risposta dall’amministrazione comunale?
Difficile sperarci, l’amministrazione è la stessa degli ultimi anni. In ogni caso, insieme ad altre realtà abbiamo dato vita a un percorso per costruire una piattaforma, il Forum Arte e Cultura, che chieda al Comune un cambio di passo rispetto alle politiche culturali cittadine. Le realtà con cui ci stiamo coordinando sono: Adl-Cobas; Maestranze dello Spettacolo-Veneto; il Circolo Nadir; Awi – Art Workers Italia; Arci Padova; Guide Turistiche Italiane – sezione Veneto; la Rete dei Beni Comuni di Padova. Di fatto chiediamo al Comune di mettere al centro della sua idea di cultura il lavoro e quindi di stanziare maggiori finanziamenti e di utilizzare un sistema di bandi veramente inclusivo e trasparente. È fondamentale che il Comune smetta di pensare alla cultura come alla molla del turismo dei grandi numeri e la intenda prima di tutto come un patrimonio collettivo, uno strumento di benessere e socialità a disposizione della cittadinanza.
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