Prestazioni di lavoro gratuite, servizio civile e precariato sono i tre istituti che in Italia garantiscono il funzionamento di un buon numero di musei, monumenti e biblioteche. L’impiego da parte delle istituzioni di lavoratori e lavoratrici che ricevono salari irrisori o non li ricevono affatto determina l’abbassamento del costo del lavoro, la sua squalificazione pubblica, un alto tasso di disoccupazione e uno stato diffuso di precarietà e malessere in strati sempre più ampi della popolazione. Un esempio recente riguarda proprio la città di Padova, nominata Capitale Europea del Volontariato 2020 e apparsa qualche giorno fa in un servizio di Presadiretta dedicato a “contratti pirata”, salari bassi, licenziamenti e mancanza di tutele nei settori più diversi, dalla ristorazione al comparto dei beni culturali. Risale agli inizi di febbraio, quando l’associazione Mura Vive ha comunicato – come si può leggere qui – che era alla ricerca di volontari e volontarie, «interessati a promuovere la storia e la cultura», ai quali affidare la gestione di numerose sedi: Bastione Alicorno, Porta Savonarola, Porta Liviana, Garitta del dazio, Sacello del bastione della Gatta, Bastione Buovo. Queste sedi potranno quindi essere visitate solo grazie alla presenza di lavoratori non pagati che svolgeranno attività di accoglienza e registrazione dei visitatori, accensione e spegnimento apparecchiature e apertura e chiusura della stazione.
Si tratta di uno dei tanti casi in cui l’ente interessato preferisce formare volontari piuttosto che assumere persone qualificate, situazione che ritroviamo in moltissimi altri musei anche di Padova come gli Eremitani, dove – ricorda Federica Arcoraci di MiRiconosci sul Mattino –, «non c’è neppure un dipendente assunto e l’attività si regge sui ragazzi che fanno servizio civile e volontari». Dopo il servizio di Presadiretta, il collettivo MiRiconosci, lo spazio Catai e l’associazione Up – Su la testa hanno organizzato un presidio proprio di fronte ai musei Eremitani. MiRiconosci si occupa, in particolare, dei professionisti dei beni culturali ed è impegnata ormai da diversi anni in progetti e iniziative finalizzate a ottenere visibilità e proporre soluzioni ai problemi che riguardano il settore della cultura in Italia; Up – Su la testa, nata nel 2021, ha invece organizzato una campagna nazionale per il salario minimo e il reddito di cittadinanza, due strumenti che garantirebbero «un innalzamento delle condizioni di vita di milioni di persone e arginerebbe[ro] la pericolosa corsa al ribasso sul costo del lavoro che ha caratterizzato la nostra economia negli ultimi decenni». Insieme allo spazio Catai, per il quale centrali risultano oggi il tema del lavoro e la lotta per il salario minimo, si sono impegnati a stilare una lettera aperta indirizzata al Sindaco Sergio Giordani e all’amministrazione del Comune di Padova, che si riporta per intero qui di seguito.
Lettera aperta al Sindaco Giordani e al Comune di Padova
Siamo lavoratori e lavoratrici, volontarie e volontari, cittadine e cittadini di Padova. Abbiamo pensato di scrivervi questa lettera dopo l’ennesimo bando, stavolta a cura del CSV di Padova e Rovigo, che cerca volontari per garantire l’apertura e i servizi al pubblico di diversi monumenti, dal Bastione Alicorno a Porta Savonarola. Solo l’ultimo di una serie che non pare interrompersi: ieri sera la nostra città è apparsa come sfondo per un servizio di #Presadiretta, su Rai3, che trattava di salari bassi. Tra le interviste è stato detto che vi sono casi nei quali “il 100% degli addetti al guardasala e al guardaroba è coperto da volontari e tirocinanti”: una situazione che sappiamo essere tipica dei musei di Padova.
L’abuso di volontariato e di lavoro precario nei Musei civici e nell’intero sistema culturale cittadino continua nonostante la nostra città abbia ottenuto un secondo riconoscimento #Unesco. Musei e mostre funzionano grazie all’uso del volontariato o del servizio civile, e vi chiediamo come si possa tutelare, promuovere e valorizzare il patrimonio culturale della città ricorrendo continuamente a volontarie e volontari, tirocinanti e stagisti che cambiano ogni anno, o anche dopo pochi mesi. Pensiamo che la cultura sia un bene comune e che vada garantita alla comunità avvalendosi della professionalità di lavoratrici e lavoratori esperti e qualificati.
In una città come Padova, dove tanto è importante l’Università, sappiamo bene che non mancano figure professionali di questo tipo. Vi chiediamo se sia lungimirante avvalersi di volontari per risparmiare sul costo del lavoro, lasciando così i nostri giovani qualificati disoccupati o sfruttati e incentivandoli, di conseguenza, a emigrare per cercare fortuna altrove o a prestarsi a lavori a condizioni umilianti. Una città importante come Padova non dovrebbe, piuttosto, promuovere un uso sano e qualificato del lavoro?
Come volontarie e volontari, peraltro, non possiamo accettare che si sfrutti a questo modo l’impegno civico e lo spirito di solidarietà dimostrato da tanti e tante in quella che è stata la capitale europea del volontariato; siamo disposti a fare la nostra parte, non a sostituire il lavoro che non si vuol pagare.
Le nostre considerazioni non si limitano a paure legate ai danni per lavoratori e salari. La mancanza di pianificazione e lungimiranza porta a escludere gran parte della cittadinanza dai circuiti culturali. Cambiare continuamente operatori e impiegati per non pagarli porta i servizi a non svilupparsi, ma anche il caso della bigliettazione è emblematico: non esiste ancora un biglietto unico per poter visitare tutti gli spazi culturali della città, non esiste neppure per visitare i luoghi del circuito Urbs Picta, che anzi hanno visto un aumento del costo dopo la nomina UNESCO. Molti, troppi spazi, come l’Odeo Cornaro, aprono per poche ore alla settimana, le biblioteche di quartiere languono basandosi sull’impegno di pochi operatori o volontari. Tutto ciò porta la cittadinanza ad allontanarsi dal patrimonio culturale della sua città, che finisce per essere utilizzato unicamente ad uso e consumo dei turisti e di una gestione al massimo risparmio: una gestione non degna di una città importante come Padova.
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