Piccola analisi retorica del discorso fascista contemporaneo in Veneto
Carmignano di Brenta, 18 maggio 2020. Il gruppo consiliare di minoranza, Insieme per Carmignano, propone la revoca della cittadinanza onoraria concessa nel 1924 a Benito Mussolini, facendo riferimento alla recente adesione del Comune alla Rete delle città per la memoria, contro l’odio e il razzismo nata lo scorso dicembre sull’onda dell’indignazione per le minacce a Liliana Segre. Dopo una lunga discussione in Consiglio comunale, la mozione viene bocciata e l’antico provvedimento rimane in vigore.
Ambientato in un paese della provincia, questo esiguo ma significativo fatto di cronaca non ha avuto molta risonanza nel dibattito pubblico in Veneto. Nulla di paragonabile, per esempio, alla reazione che ha fatto seguito alla rimozione della clausola di antifascismo dal regolamento per l’occupazione di spazi pubblici del Comune di Vicenza, culminata nella grande manifestazione del 18 Giugno scorso. Se n’è parlato in un articolo sul Mattino di Padova e in alcuni post sui social network: in particolare sulla pagina Facebook della lista di maggioranza Sì Carmignano, in cui la fotografia dell’articolo del Mattino, depurata della colonna in cui veniva riportata l’opinione dell’opposizione, ha fatto la sua comparsa insieme a un testo contenente una serie di rivendicazioni sull’accaduto.
Questo testo, insieme alle dichiarazioni dell’assessore vicentino Silvio Giovine relative alla vicenda della clausola antifascista e ad altre recenti dichiarazioni di politici veneti (in particolare riguardo alla difesa dei valori tradizionali della famiglia) rappresenta però un ottimo esempio di come funziona la legittimazione del richiamo al fascismo e ai suoi valori nel Veneto di Zaia. Un richiamo tanto evidente che se ne sta occupando anche la stampa nazionale, ma che per il momento sente il bisogno di nascondersi dietro ad alcuni espedienti retorici per salvaguardare in parte le apparenze.
Il primo espediente è quello di sviare il discorso, spostando l’attenzione su un altro tema emotivamente connotato e quindi in grado di abbassare il livello di intelligibilità razionale dell’analisi. Il tema più indicato, in questo periodo, è naturalmente quello del Covid-19. Sia nelle dichiarazioni di Sì Carmignano sia in quelle di Giovine l’emergenza è evocata per magnificare quello che la maggioranza sta facendo per i cittadini mentre la «sinistra» porta avanti le sue rivendicazioni anacronistiche.
Lo spostamento del focus al di fuori del merito della questione si sovrappone in parte a un altro procedimento discorsivo molto comune, quello del «C’è ben altro di cui discutere». Una formula nota soprattutto ai movimenti queer e Lgbt (ancora nel 2013 l’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan respingeva la proposta di legge contro l’omofobia evocando ben altre priorità, come riportare a casa i Marò) e utilizzata sistematicamente anche nei confronti delle lotte antifasciste. “L’opposizione ci ha sequestrato 3 ore a parlare di fascismo e nazismo. Tre ore! Durante un’ emergenza economica senza precedenti riescono ancora ad occuparsi del secolo scorso”, scrive Giovine.
Il richiamo al secolo scorso ci porta a considerare il rapporto della destra veneta con il tempo della storia. Un rapporto piuttosto controverso, se è vero che mentre per Giovine ogni discorso sul secolo scorso è ozioso, dall’altro lato per l’assessore Daniela Baldo di Carmignano – lo riporta il Mattino – la sinistra dovrebbe parlare di più dei crimini del totalitarismo staliniano. La sinistra è intrappolata nel passato, mentre la destra si occupa dei problemi del presente e del futuro: nel frattempo però, la cittadinanza onoraria a Mussolini va conservata per una questione di «memoria» (un termine preso a prestito, in senso rovesciato, dalle iniziative contro l’odio razziale), così come è inaccettabile rimuovere statue e simboli fascisti dal tessuto urbano e cittadino.
Il problema della sinistra – ci fanno sapere ad una voce Giovine, Donazzan e Sì Carmignano per citare solo questi casi studio – è che è prigioniera di una vecchia ideologia. Sempre di ideologia, lo scorso ottobre, la sezione ANPI di Cadoneghe si è vista accusare dal sindaco Mario Schiesaro per aver criticato l’ammissione nella lista della Lega di un iscritto a Casapound. E si è vista negare i servizi comunali tradizionalmente messi a disposizione per alcune iniziative di formazione sulla Resistenza. La strumentalizzazione dell’ideologia si sposa bene agli espedienti retorici precedenti perché questa è raccontata come un paraocchi che rende insensibili ai veri problemi e induce una lettura viziosa della storia. Ed è collegata ad un altro rovesciamento di valori democratici in favore del riferimento al fascismo: il richiamo alla libertà di espressione, anch’esso ben noto alle lotte queer e Lgbt e utilizzato sistematicamente anche nel caso della solita clausola antifascista da Donazzan e Forza Nuova.
La sinistra, accecata dall’ideologia, ha insomma un vizio principale: quello di fare politica. Peggio, di fare politica di partito. “Non potevano per un attimo fermare l’impulso dell’ideologia politica e partitica e proporre mozioni per la nostra Carmignano di Brenta messa a dura prova da questa straordinaria emergenza?” La destra non fa politica: affronta i problemi, trova soluzioni, dà risposte di buon senso. È radicata nel territorio e ne ascolta le voci, mentre la sinistra, nella migliore delle ipotesi, è prigioniera di polemiche politiche locali. Esiste però un’ipotesi peggiore: che sia manovrata, politicamente, dall’alto.
“Chi deturpa le statue”, scrive Giovine lo scorso 8 giugno, “è un criminale: (…) i «giusti» coccolati e foraggiati dagli speculatori finanziari si rendono ancora una volta protagonisti di atti barbari”. Chi saranno le élite finanziarie che foraggiano i deturpatori di statue? Il richiamo ad un complotto, internazionale o locale, è un’altra arma fondamentale usata dalle attuali destre contro i movimenti antifascisti. E forse non c’è troppa distanza tra gli accenni di Sì Carmignano ad una non meglio precisata “mano politica”, a certi “consulenti” in azione dietro alle mozioni dell’opposizione, e le affermazioni di Trump riguardo al movimento Antifa, visto come l’organizzatore segreto delle attuali proteste negli Stati Uniti.
Che, parlando di speculatori finanziari, alcuni esponenti delle nuove destre tentino di veicolare in codice discorsi specificamente antisemiti (o forse omofobi) è forse solo un’ipotesi. Salta all’occhio, però, il parallelo tra la propaganda di allora e gli strumenti discorsivi di oggi: entrambi puntano ad una mostrificazione dell’avversario politico. La sinistra antifascista è “violenta”, “mette a ferro e fuoco le città”, ricorda tanto le milizie dell’Isis. L’oppositore politico spaccia e si droga, e anche quando assume farmaci questi non sono farmaci ma “pasticche”: così Donazzan sul recente spot della Diesel in cui compare una donna trans.
Ciò che emerge da questa analisi non esaustiva è un armamentario retorico imponente, fondato su una serie di rovesciamenti di senso che investono concetti adoperati, spesso originariamente, dal pensiero antifascista – totalitarismi, «memoria», libertà di espressione, ideologia, democrazia – e li adibiscono agli usi più vari ottenendo il duplice vantaggio di screditare l’avversario politico e di distogliere l’attenzione dall’«elefante nella stanza» che è la propria di ideologia, quella fascista. La contraddizione, dal canto suo, non rappresenta un problema: se a Carmignano è pretestuoso sollevare polemiche sulla cittadinanza onoraria al Duce, a Vicenza in questa fase è importante rimuovere la clausola antifascista. E Giovine se ne vanta: i nuovi eventi in città saranno più semplici da organizzare, e se saranno plastic free beneficeranno di uno sconto del 30%. Peccato che quello contro la plastica, per Donazzan, sia un movimento ideologico portato avanti da una politica in malafede e ignorante.
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