Seize the Week è una rubrica che, a cadenza settimanale, riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica si riferisce al periodo dal 17 al 23 giugno 2024.
Con le vostre bombe non disturbatemi durante lo spriz
Immaginate di camminare per le vie del centro della vostra città in un “fresco” sabato pomeriggio d’estate. Da soli, con la famiglia, con alcuni amici, dopo aver gustato un rinfrescante cono due gusti a 4 euro in Piazza dei Signori, state per visitare una caratteristica boutique di Corso del popolo, quando un brusio montante si fa largo in fondo la via: sono i manifestanti pro-Palestina. Sicuramente la prossima settimane eviterete di andare per il centro e sceglierete un calmo centro commerciale dove poter “stare tranquilli” e non rischiare “attimi di tensione”. In sintesi, questa è la prospettiva dei commercianti del centro e della relativa associazione (Acc) sulle manifestazioni non violente contro il genocidio che sta avvenendo in Palestina.
La presidente di Appe (associazione provinciale pubblici esercenti) è leggermente più consapevole della realtà: che senso ha prendersela con gli studenti dato che sono sostanzialmente i primi clienti di questi esercizi? I problemi sono altri: mancanza di parcheggi, cantieri interminabili e sparsi ovunque, viabilità precaria e mendicanti. In queste parole si riscontra una maggiore cognizione del reale, ma leggera.
L’economia del centro città
Per l’ultima categoria di cause elencate è bene aprire una parentesi, soprattutto dopo un episodio spiacevole avvenuto in settimana al Mercato sotto Salone. La questione dei senza fissa dimora e degli stranieri in giro per la città è una storia destinata a non finire mai. Ma noi siamo poco fatalisti e pensiamo che sia difficile risolvere il problema scegliendo di recludere le persone all’interno di aeroporti semi-abbandonati, di aumentare la polizia sulle strade, di sgomberare violentemente le persone meno fortunate di chi può ancora permettersi una casa a Padova, di compromettere ulteriormente il sistema dell’accoglienza e di tagliare anche le poche misure di welfare introdotte in questo paese.
Il riferimento finale è al reddito di cittadinanza, poiché è uno dei fattori che, secondo Federalberghi Veneto, ha contribuito a un aumento dei lavoratori nel settore: “la situazione è leggermente migliorata [a livello di occupazione] con la fine del reddito di cittadinanza e l’aumento dei tassi dei mutui: ci sono molte più persone costrette a cercare lavoro”. In generale, però, quasi tutti sono d’accordo che il problema della mancanza di personale siano i giovani che, proverbialmente, hanno poca voglia di lavorare, soprattutto il fine settimana. Sempre la presidente di Appe, Federica Luni, ce lo ricorda lasciandosi andare a un momento, quasi lirico, di rimpianto per i bei tempi andati: “il nostro mondo non è cambiato, offriamo un lavoro che è pesante, ma anche pieno di soddisfazione, che permette di crescere e di acquisire competenze: parti da lavapiatti e diventi chef o apri una tua attività; puoi viaggiare facendo esperienza”. Le parole chiave le conosciamo bene e ne capiamo il senso se sovrapposte alle dichiarazioni dell’associazione di albergatori.
A far paura ai commercianti del centro è un possibile svuotamento del centro storico da parte dei padovani, il quale per fortuna “viene compensato dai turisti”, parola della Luni. Il trend economico della città negli ultimi anni è ben visibile, sia a livello abitativo, sia a livello universitario, sia a livello economico: la vera risorsa di Padova sono le persone che vengono da fuori, meglio se turisti. Come nella città lagunare vivere in centro è sempre più difficile: mentre i salari sono fermi, il prezzo della vita sale e sale soprattutto il prezzo delle case e dei prodotti, ormai targehettizato su chi in città non ci vive. A Venezia si è arrivati al punto che, secondo uno studio di alcuni professori dell’Università Ca’Foscari, i residenti tendono a lasciare la città durante i grandi eventi. La confusione emersa a partire dalla polemica sugli esercenti del centro sembra dimostrare che il processo di turistificazione che Padova sta subendo sia ancora agli esordi, non così a Verona, dove la città, anno dopo anno, viene soffocata dai turisti. Nonostante il muro sollevato dal comune, anche per la città scaligera iniziano a spuntare i primi sostenitori della tassa d’ingresso così ben sperimentata a Venezia.
La preghiera di Confindustria: l’Autonomia non divida
Mercoledì 19 giugno 2024 anche la Camera dei Deputati approva il Ddl Calderoli: l’Autonomia Differenziata diventa legge. A sette anni dal referendum consultivo sull’autonomia del Veneto, al quale andò a votare il 57% dei aventi diritto esprimendo nel 98% dei voti l’assenso alla proposta, l’Autonomia si farà e Zaia sorride. Il presidente della regione non ha voluto perdere tempo e da tempo aveva già formato un Consulta dell’Autonomia con tutti i soggetti necessari per trattare tutte le materie che il Veneto ha richiesto allo Stato, tra le quali alcune sono garantite dalla pre-intesa post referendum: politiche del lavoro, istruzione, salute, tutela dell’ambiente e dell’eco sistema e rapporti internazionali e con Unione Europea (non lep).
Molti sorrisi e tante bandiere in aula alla fine della seduta della Camera, soprattutto perché stavolta non c’è stata alcuna rissa e nessun ferito. Tuttavia, non tutti sono felici dell’approvazione: si teme che un bambino nato in provincia di Reggio Calabria rischi di non avere le stesse possibilità, o peggio i diritti, di un bambino nato in provincia di Treviso (parafrasando le parole di Luigi Sbarra, segretario nazionale della Cisi). Uno degli scontenti è Bonaccini che, pur avendo sostenuto l’Autonomia per la sua regione, ora è isolato nel partito di cui sognava di reggere le redini e amareggiato dal modo in cui è stata trattata l’Autonomia. Anche dai sindacati arrivano campanelli d’allarme, in particolar modo a livello di sanità e istruzione. La sanità italiana da anni è in una crisi che appare sempre più irreversibile e su di essa pende la spada di Damocle del futuro decreto per tagliare le liste d’attesa che sembra cedere il fianco a un nuovo progetto di privatizzazioni. Anche il grande Veneto non è immune a quest’andazzo e da mesi sulle pagine dei giornali troviamo costantemente gli stessi problemi: mancanza di medici di base, liste d’attesa infinite, case di riposo al collasso, turni massacranti, violenza subite sul posto di lavoro, salari fermi da decenni, migrazione dei neo-laureati. La cosa impressionante è che, anche senza la nuova e fiammante autonomia, la regione Veneto ha avuto e ha una grossa possibilità di intervento in questo ambito e quindi una grossa responsabilità pendente.
In materia di istruzione la situazione non è diversa, sebbene sembri passare sotto un silenzio a dir poco ingiustificabile. Emblema di questo momento è l’esame di maturità di quest’anno che coinvolge circa otto mila studenti veneti. Infatti, a causa di una serie di storture del sistema scolastico regionale, di blocco ventennale della retribuzione e dell’assenza di personale (“nonostante” i tentativi di rendere l’arruolamento docenti un percorso biennale ad ostacoli), mancavano almeno 50 docenti per formare le commissioni. Perciò, il ministero è stato costretto a richiamare dalla pensione decine di ex-docenti lontani dalle cattedre mesi, se non anni.
In ogni caso, il soggetto più dubbioso sull’Autonomia è l’UE che prova ad avvertire l’Italia mostrando come il passaggio di gestione di tutte queste materie potrà comportare una spesa insostenibile per le casse della regione e quindi dello Stato. Tutto questo viene detto in un momento storico in cui gli spettri del 2010 formalizzati in Pil e deficit si fanno sempre più vividi ogni giorno che passa.
Black Monday
Nel 2008 il comune di Padova ha deciso di apporre una Targa in via Zabarella per ricordare l’assassinio di due militanti fascisti del Movimento sociale italiano per mano delle Brigate Rosse. Per anni quella targa era stata appesa a un palo, perché i residenti si rifiutavano di averla al proprio muro. Lunedì 17 giugno 2024, a cinquant’anni dall’evento, i cittadini di Padova più accorti si sono ricordati il perché del rifiuto. Dopo una commemorazione ufficiale a cui hanno partecipato le massime cariche del comune e i rappresentati dell’Udu dell’università, circa 200 fascisti hanno attraversato le vie del centro in silenzio, muti, come era muto chi osservava altrettanti bracci tesi per commemorare i primi testimoni di una peculiarità brigatista rivendicata dallo stesso Curcio: “le Br uccidevano”. Non è una novità che i fascisti siano presenti anche nel nostro territorio, nelle nostre strade e soprattutto nelle nostre scuole, ma per la loro natura politica li si vede poco, perché non hanno piacere a mostrare il viso, perché solitamente girano di notte, perché fanno così finché le telecamere non riescono ad entrare all’interno delle loro associazioni giovanili. La novità è semmai il trattamento riservato ai giornalisti presenti, allontanati e minacciati sotto gli occhi dei poliziotti, che nel più felice dei casi li si può accusare di avere due pesi e due misure a seconda dell’occasione. Ma la novità è anche che la città non ha saputo rispondere.
Il sindaco ha dovuto necessariamente prendere parola durante l’evento mattutino: “chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”. Ci piace pensare che la retorica della frase possa essere un indizio del cattivo umore di quella mattinata, un malumore proprio di un esponente del centro sinistra che si presenta a questi eventi per evitare polemiche e sperando che finiscano il prima possibile. Ma ricordare non è mai un gesto neutro, è sempre in funzione del presente e questo presente si sta facendo nero. Lo dimostrano i giovani fascisti di Atreju, i minorenni malmenati a Roma da trentenni squadristi, il capogruppo di Fdi di Verona, Massimo Mariotti che si rivolge ai compagni di partito con l’appellativo di “camerata”, che organizza cene nostalgiche a cui “è gradita la camicia nera” e che è cresciuto politicamente, fatalità, all’interno delle fila del Msi. Essere contrari a certi eventi, il cui scopo è per lo più intimidatorio, non significa voler riscrivere la storia ma essere consapevoli della sua strumentalizzazione e di come certe scelte abbiano un peso politico, dal momento che danno spazio a certi soggetti, i cui “camerati” sono quelli che mettono le bombe carta davanti alle moschee, sono quelli che si appostano nei vicoli dopo il Pride, sono quelli che hanno ammazzato Nicola Tommasoli, sono quelli che mettevano le bombe sui treni, sono quelli che si rifiutano di togliere la fiaccola dal simbolo del proprio partito, il più votato in Italia alle ultime elezioni.