I prossimi passi del comitato
Di Emanuele Caon
A Casale sul Sile dovrebbe sorgere un enorme stabilimento della logistica su un’area di 500.000 m², con magazzini che possono raggiungere i 25 metri di altezza. Tutti dicono che alle spalle dell’operazione vi sia Amazon, anche se il nome dell’azienda di Jeff Bezos non compare ufficialmente in nessuna carta. Ora l’intera operazione sembra a rischio.
Avevamo già ricostruito la vicenda in un articolo, ma prima di presentare le novità facciamo un breve riassunto.
Breve storia di una speculazione
Nel 2020 la giunta comunale di Casale sul Sile adotta un piano urbanistico attuativo [d’ora in poi Pua; N.d.R.] destinato a modificare radicalmente un’area di 500.000 m² in esclusiva destinazione per la logistica. Il tutto si svolge in un giro d’anni attraverso diversi procedimenti poco trasparenti. Basti pensare che il 23 giugno 2017 alcuni proprietari delle aree comprese nella zona interessata avevano presentato un Pua al Comune, giusto un giorno prima dell’entrata in vigore (24 giugno 2017) della legge regionale sul consumo di suolo. Legge con cui la regione Veneto destinava a Casale sul Sile poco più di 80.000 m² di area di espansione: il progetto, se presentato un giorno dopo, sarebbe quindi stato impossibile da realizzare. Nel 2019, il Pua viene modificato in quanto, a seguito di una variante urbanistica ad hoc, viene concessa la possibilità dell’innalzamento dell’altezza dei capannoni logistici da 13,5 a 25 m. Infine, il 30 aprile 2020, arriva l’adozione del piano urbanistico che dovrebbe dare il via libera al progetto, sostenendone la legittimità in quanto presentato prima (giusto il giorno prima) della legge regionale.
Fin da subito si attiva il comitato No Maxi polo, composto da cittadine e cittadini di Casale sul Sile, Quarto d’Altino e Roncade. Il comitato sostiene che un’area logistica di 1 chilometro per 500 metri, con capannoni alti fino a 25 metri, distruggerebbe il territorio, comportando traffico, inquinamento, consumo di suolo, rischio idrogeologico e dissesto dell’ecosistema locale. Il comitato si chiede, inoltre, come la giunta comunale possa accettare una simile operazione senza nemmeno sapere chi è l’utilizzatore finale: quali sarebbero i vantaggi per cittadinanza e territorio?
Questa è una delle tante vicende italiane e venete di aggressione dell’ambiente per fini speculativi, ma più di altre assume tratti grotteschi. Infatti, nonostante gli intrighi della politica e della borghesia locale e internazionale, ora il progetto sembra a rischio.
Una doccia fredda e alcune speranze
Le società ad aver presentato il progetto iniziale erano cinque: la Società Trevigiana Finanziaria Immobiliare e di Partecipazione di Enzo Zugno (tenete a mente questo nome), l’immobiliare Quadrifoglio (dei fratelli Grigolin, anche loro noti per consumo di suolo), l’immobiliare il Mulino, il Centro Fornaci e l’International Spa. I vari proprietari dei terreni interessati hanno avviato il conferimento delle loro proprietà a una nuova entità, la Parco Tematico srl, che a sua volta ha lo scopo di cedere i terreni alla Vailog: azienda specializzata nella preparazione dei magazzini della logistica per colossi come Amazon, Zalando, FedEx, Ikea.
Negli ultimi mesi però è arrivato il boccone amaro, almeno per i proprietari. Amco Asset Management, di fatto la società del Ministero delle Finanze incaricata di gestire i crediti deteriorati delle banche venete, ha pignorato e messo all’asta due lotti di terreno di Enzo Zugno, o meglio della sua Società Trevigiana Finanziaria e di Partecipazione, a causa di un debito da quest’ultima non onorato. Si tratta di due lotti che insieme si estendono per circa 189.000 m², quasi il 40% della proprietà dell’intera operazione. L’asta è prevista per il 03 ottobre 2023, con un prezzo stimato di 8 milioni di euro. Zugno afferma di voler esercitare il diritto di prelazione, probabilmente facendo intervenire proprio la nuova Parco Tematico srl. Forse però la concordia tra i soci non è così consolidata, dato che questi avrebbero potuto risolvere il problema anche prima di arrivare all’asta. Soprattutto se consideriamo che, come emerge dai quotidiani locali, sarebbe stato sufficiente coprire i 2 milioni di euro di debiti che hanno dato il via all’esecuzione e, quindi, al pignoramento; mentre la vendita di tutta l’area è stimata attorno ai 20 milioni di euro, per un progetto finito che dovrebbe aggirarsi sui 200 milioni di euro di investimento.
Dopo che la commissione VAS regionale (Valutazione ambientale strategica) aveva espresso il parere favorevole con prescrizioni, il comune avrebbe dovuto passare all’approvazione del progetto, dando così avvio ai lavori. La doccia fredda per il Comune, grande sostenitore della necessità di realizzare l’opera, è arrivata con la richiesta da parte del Tribunale di Treviso di conoscere la reale destinazione d’uso dell’area necessaria per espletare la perizia di stima degli immobili da mettere all’asta. Non solo, il comune di Casale non aveva chiesto ai proprietari dei terreni il pagamento dell’IMU dovuta per circa 600mila euro (solo per l’area di Zugno, mentre sembra che il credito totale del comune ammonti a circa 1,5 milioni di euro). Ora l’amministrazione comunale è intervenuta nel pignoramento per recuperare l’IMU mai versata. Chissà cosa pensano i cittadini Casalesi che in tutti questi anni hanno pagato la loro IMU.
Le prossime battaglie
Il comitato No Maxi-polo però non ha smesso di monitorare la situazione e prepara le sue prossime iniziative. Per cominciare si chiede come è possibile che la Giunta comunale abbia approvato un progetto presentato senza la maggioranza qualificata dei proprietari. E come incide, ora, il pignoramento dei terreni della Finanziaria Trevigiana di Zugno ai fini della disponibilità dell’area? Senza contare che in realtà il progetto stesso è stato modificato dopo la famosa presentazione del 23 giugno 2017. Progetto che, peraltro, aveva indotto l’allora tecnico comunale arch. Furlanetto a respingere il PUA per mancanza dei requisiti minimi dettati dalle NTA (norme tecniche attuative). Tutto questo non è sufficiente a mettere tutta la faccenda fuori legge? E perché la giunta comunale e la sindaca Stefania Golisciani hanno assunto comportamenti così opachi? Su queste basi il Comitato è pronto per la presentazione del ricorso al Tar, l’unica soluzione capace di bloccare definitivamente tutta l’operazione, almeno nella malaugurata ipotesi che vi sia l’approvazione definitiva del PUA.
Inoltre, si ipotizza il danno erariale da parte dell’amministrazione comunale. L’amministrazione aveva infatti promesso ben 5 milioni di euro come incassi per aver concesso l’urbanizzazione dell’area della Parco Tematico srl. Era anche previsto che il comune avrebbe ricevuto come compensazione ben 45.000 m² di terreno urbanizzato per trasferirvi piccole zone di artigianato locale che stanno creando disagi al territorio. Terreno il cui valore è stato stimato attorno ai 3 milioni di euro. Anche qui arriva la sorpresa. Nel bilancio comunale di quest’anno per tutto il progetto legato alla Parco Tematico srl sono stimati solo 1,5 milioni di incassi comunali per oneri di urbanizzazione. Che fine hanno fatto i 5 milioni promessi? E l’area di compensazione di 45.000 m² che da sola vale 3 milioni di euro?
Dal 30 aprile 2020 ad oggi ci siano stati molti momenti, richiesti dai cittadini o dai Consiglieri Comunali di opposizione, nei quali l’Amministrazione Comunale è stata chiamata a dare risposte alle tante domande che un’opera di queste dimensioni, inevitabilmente, scatena. Eppure, il Comitato No Maxi Polo e i cittadini non hanno ancora avuto le risposte che un’amministrazione trasparente dovrebbe dare spontaneamente.
Per questo il Comitato ha deciso di continuare la sua battaglia; se sarà necessario fino al ricorso al TAR.