Il suolo è lo strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua, oltre a ospitare gran parte della biosfera.
Il suolo è una risorsa naturale di grande valore, ma limitata: in quanto componente fondamentale delle disponibilità fondiarie, dello sviluppo agricolo e della sostenibilità ecologica, esso rappresenta la base della produzione di cibo, biomassa e materie prime, ma il suo impoverimento e conseguente degradazione non sono recuperabili in tempi dettati dai ritmi dell’umanità. Il suolo è, infatti, una risorsa soggetta a esaurimento, sostanzialmente non rinnovabile, perché la sua formazione è un processo talmente complesso da richiedere centinaia quando non migliaia di anni. Alcuni suoli, ad esempio, crescono alla velocità di un millimetro l’anno. Già nel 2015, in un documento pubblicato in occasione dell’anno internazionale dei suoli, la FAO segnalava che «il 33% del territorio risulta da moderatamente ad altamente degradato, a causa di erosione, salinizzazione, compattazione, acidificazione e inquinamento chimico dei suoli». La causa principale del degrado del suolo, che attualmente minaccia la capacità delle generazioni future di soddisfare i bisogni essenziali, è da individuare nell’utilizzo e nella gestione non sostenibili del territorio, oltre che negli eventi climatici estremi e catastrofici, a loro volta spesso conseguenza della crescente antropizzazione dell’ambiente. L’urbanizzazione e l’edificazione incontrollata sono tra i principali fattori di natura sociale, economica e politica alla base del fenomeno mondiale del consumo di suolo, inteso come copertura artificiale di terreno legato alle dinamiche insediative, e del suo insanabile sfruttamento.
Attualmente in Italia il consumo di suolo, dovuto prevalentemente alla costruzione di edifici e capannoni e all’espansione delle città, trasforma il territorio nazionale a velocità elevate e senza interruzioni, spesso impoverendolo. Nel corso del 2019 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 57,5 chilometri quadrati ovvero, in media, circa 16 ettari al giorno. (per capirci, un’estensione di circa 21 campi da calcio coperti da superfici artificiali al giorno). Di questi 8,6 chilometri quadrati sono passati da uno stato reversibile di consumo a uno stato permanente.
Secondo i dati del rapporto 2020 redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale per il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, il Veneto è la prima regione italiana per incremento annuale di suolo consumato, con un aumento di territorio artificiale di 785,5 ettari suddivisi come segue: 441 sono dovuti a cantieri, 198 a edifici, 73 ad aree impermeabili non edificate (quali parcheggi e piazzali), 62 a strade, 7 ad aeroporti. Se non si tiene conto della superficie coperta dalle acque, la percentuale totale di suolo consumato in Veneto al 2019 ammonta al 12,5% (altrimenti all’11,87%), ovvero 217.619,09 ettari.
In regione Padova può rivendicare un doppio primato: è sia la provincia sia il comune con la maggior quantità di suolo impermeabilizzato del Veneto, rispettivamente con tassi del 18,9% e 49,4%, come evidenzia il monitoraggio dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale del Veneto. La superficie di suolo consumato nel comune di Padova equivale a 4.593,04 ettari, con un aumento di 24,81 ettari solo nel 2019, adibiti a destinazioni diverse, prevalentemente a cantieri in vista di lottizzazioni, aree industriali, ampliamenti autostradali.
Nel Documento del Sindaco – Padova 2030 redatto nel dicembre 2020 dal Comune e reso pubblico nel marzo 2021, il quale fornisce le premesse logistiche al Piano degli Interventi e al Piano di Assetto Territoriale, si legge che «rispetto al dimensionamento del consumo di suolo, considerato che l’obiettivo della Legge regionale stabilisce l’azzeramento dopo il 2050, l’Amministrazione Comunale intende ridurre progressivamente la trasformazione del suolo agricolo stabilendo una soglia compresa tra il 15 e il 20% per ogni quinquennio, tempo di durata di un Piano degli Interventi, sul totale stabilito con delibera regionale». Di fatto, dunque, il Documento indica come soglia per il consumo di suolo nei cinque anni a venire un valore compreso tra i 394mila e i 525mila metri quadrati, essendo il limite posto dalla Regione per i prossimi trent’anni pari a 2.624.800 metri quadrati. Si tratta di una soglia molto elevata, eccessiva, che permetterebbe la copertura artificiale (permanente o reversibile) e la cementificazione di una superficie di terreno compresa tra gli 8 e gli 11 ettari all’anno per i prossimi cinque anni. I valori sono preoccupanti anche perché appaiono ingiustificati se si considerano il fabbisogno reale di edificazione e la situazione del mercato immobiliare: basti constatare il significativo sbilanciamento tra consumo di suolo e numero di abitanti, registrato dal rapporto tra variazione del consumo e incremento della popolazione, che nel 2018 aveva addirittura raggiunto un valore negativo in Veneto (- 8), il più basso tra le regioni italiane.
Proviamo a capire come si è arrivati a queste cifre attraverso una cronologia ragionata degli intrecci tra vicende legislative e interessi politici legati al consumo di suolo a Padova, basata sui materiali raccolti da LIES – Laboratorio dell’inchiesta economica e sociale. Negli ultimi decenni, con alcune oscillazioni sulla lunga durata non significative, le limitazioni all’edificabilità nel comune di Padova sono state, con rare eccezioni, poco significative; in parte per i limiti alti, in parte perché spesso inferiori alle stesse richieste di edificabilità.
La nuova Legge Urbanistica regionale, del 2004, struttura la pianificazione a livello di comune, provincia e regione, non ha segnato un’inversione di tendenza; operativamente – è il motivo per cui ci si occupa ora di questo tema – è previsto il Piano degli interventi: dura cinque anni, deve essere rinnovato entro sei mesi dalla scadenza. Il vigente piano, varato da Bitonci, scade a maggio: entro novembre andrà in votazione il nuovo piano, preceduto dal Documento del Sindaco, che tira le conclusioni del ragionamento sviluppato negli anni dall’amministrazione. Lungo quali tappe?
Giugno 2017: La Legge regionale n.14/2017 dovrebbe «ridurre progressivamente il consumo di suolo non ancora urbanizzato, in coerenza con l’obiettivo europeo di azzerarlo entro il 2050». Di fatto la struttura portante della legge è la deroga. Oltre a «non prevedere» per alcuni anni una «moratoria nel consumo di nuovo suolo», la legge introduce una serie di casi in cui l’edificazione non viene considerata consumo di suolo. Tra questi le opere e servizi di interesse pubblico come strade, palestre, scuole.
Maggio 2018: La Regione, con delibera 668/2018, assegna in un primo momento un limite forfettario di 39 ettari, pari al valore medio dei comuni contermini, ma il Comune, nella persona del vicesindaco e assessore all’Urbanistica Arturo Lorenzoni, anziché accettarlo chiederà di rivederlo ottenendo così nell’aprile del 2019 il nuovo limite di 262 ettari.
Settembre 2018: In attesa del nuovo PI Consiglio Comunale ha deliberato la sospensione delle edificazioni, ossia «dell’approvazione delle richieste di nuove perpetrazioni finalizzate all’approvazione di strumenti urbanistici attuativi, fatte salve quelle già presentate» (delibera n. 24). Fatti salvi, cioè, quei procedimenti già avviati con semplice «delimitazione d’ambito» rispetto ai quali i proprietari avessero manifestato l’intenzione di presentare in tempi successivi un PUA. Si tratta di oltre 730.000 metri quadrati.
Aprile 2019: Lorenzoni invia in Regione un calcolo secondo cui le aree di espansione previste dal PI vigente e non ancora interessate da PUA approvati erano pari a circa 483 ettari. A partire da questo dato la Regione ha effettuato il taglio del 46%, stabilendo il nuovo limite di 262 ettari. Di fatto si torna ai numeri previsti da Riccoboni sedici anni prima.
Ottobre 2020: Sergio Giordani annuncia l’incarico di progettazione per la redazione del PI: «Si tratta di un’opportunità importante per adattare e ripensare gli strumenti in vigore dentro una visione più a misura d’uomo, più sostenibile e più smart». Il gruppo di lavoro degli aggiudicatari annovera Stefano Boeri al coordinamento scientifico, l’urbanista Raffaele Gerometta come responsabile contrattuale, l’urbanista Daniele Rallo e l’architetto Corrado Longa al coordinamento progettuale, l’urbanista Fabio Vanin a quello operativo.
Dicembre 2020: In occasione del varo del PI viene organizzato un “Forum sulla Città” in due parti: un forum degli esperti e un forum dei sindaci, ovvero i principali responsabili delle politiche edilizie padovane dagli anni Ottanta in poi.
Marzo 2021: Con la condivisione del Documento del Sindaco viene reso noto che a Padova nei prossimi cinque anni sarà possibile, consumando ancora decine di ettari di suolo, coprire l’equivalente di 64 campi da calcio.
Aprile 2021: Si apprende che nel conteggio della quota edificabile verrà sottratta la quota – variabile tra il 70 e il 75% – delle superfici previste nella pianificazione comunale (strade, palestre, centri civici, ecc.). Il Comune aveva comunicato alla Regione le intere aree di trasformazione e su quella base era stato fissato il tetto. Se avesse trasmesso i dati relativi al solo 30-25% di superficie edificabile, secondo i conteggi di Legambiente, il limite sarebbe risultato non di 262 ma di 75 ettari.
Immagine d’apertura: Filippo Minelli, Padania Classics.
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