di Oreste Veronesi
Tra difficoltà e conflitti politici, la ratifica dell’accordo per l’area della Marangona mette in evidenza i limiti della Giunta Tommasi.
A Verona in questi giorni il tempo è imprevedibile: alle calde e afose giornate estive si alternano temporali e cali drastici di temperature. Tuttavia, l’autentica variabilità riguarda la politica cittadina, sospesa tra rottura e continuità della maggioranza che governa la città. A tenere alta la tensione è la discussione intorno al futuro dell’area della Marangona, una vasta area agricola di circa un milione e mezzo di metri quadri. La scelta dell’amministrazione di procedere alla ratifica dell’accordo di programma per la pianificazione della Marangona, accettando delle vecchie indicazioni regionali, destinando la zona allo sviluppo di logistica e a una poco chiara “innovazione”, ha aperto una crisi nella coalizione di maggioranza. La ratifica è stata siglata in Consiglio Comunale mercoledì 3 luglio con il solo voto contrario della capogruppo di In Comune per Verona Jessica Cugini e, qualche giorno prima in Giunta, dell’assessore Michele Bertucco; entrambi appartenenti alla coalizione che nel 2022 ha vinto le elezioni. Durante la seduta, Cugini è stata l’unica voce critica e, alla fine del suo intervento, il pubblico presente sul loggione ha applaudito ma è stato fermato con risolutezza dalle parole severe del Presidente del Consiglio Stefano Vallani, membro del Partito Democratico.
Questa scena ci dice molto di quanto sta accadendo a Verona in un inizio d’estate movimentato: il popolo deve stare composto, in silenzio, su un balcone mentre i governanti decidono il futuro del territorio in un’aula chiusa e poco accessibile. Guai a chi si lascia andare in slanci emotivi, arrabbiandosi o esprimendo approvazione verso l’unica voce dissidente. In queste settimane, infatti, molte associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente, WWF e Italia Nostra, insieme a diversi comitati cittadini come il Comitato Verona Sud, hanno preso posizione contro la scelta dell’amministrazione. E’ stato anche organizzato un presidio di protesta davanti all’entrata di Palazzo Barbieri durante la seduta del Consiglio Comunale. Ma, al posto di ascoltarli, alcuni esponenti di maggioranza hanno accusato i partecipanti di sostenere le precedenti giunte di estrema destra. Insomma, o con noi o contro di noi. Ma a votare la ratifica dell’accordo per la pianificazione della Marangona è stato il Partito Unico del Cemento: una compagine che unisce Federico Sboarina e Damiano Tommasi, Patrizia Bisinella, Federico Benini e Tommaso Ferrari, estrema destra e cosiddetto centro sinistra.
La discussione sul futuro dell’area della Marangona sta mettendo in luce i limiti della coalizione che guida la città. Durante la campagna elettorale è stata data grande rilevanza al tema della partecipazione e nel programma di coalizione è stato indicato come obiettivo il consumo di suolo zero. Tuttavia, l’affaire Marangona mette in luce una realtà ben diversa. Durante la seduta del consiglio, la vicesindaca e assessora alla pianificazione urbanistica Barbara Bissoli ha espresso con chiarezza le intenzioni dell’amministrazione. «Dum differtur, vita transcurrit – Mentre si rinvia, la vita passa», ha detto la vicesindaca citando Seneca, sintetizzando molti degli interventi che sono seguiti e che potremmo riassumere così: «ci dispiace per chi ha opinioni diverse, ma non c’è tempo, lo sviluppo non si può fermare».
A questa urgenza di sviluppo, sarebbe bene ricordare che «la democrazia prende tempo», come scrive il sociologo tedesco Hartmut Rosa, che più di altri si è interessato del rapporto tra qualità della vita e tempo nella nostra società. Eppure, il tempo per discutere ci sarebbe stato. Nel suo discorso in Consiglio, Barbara Bissoli ha ricordato che l’accordo di programma e gli elaborati inerenti al progetto sono stati pubblicati sul sito del Comune tra ottobre 2020 e novembre 2021, quindi durante la precedente giunta guidata da Federico Sboarina. Inoltre, ha sottolineato che il masterplan commissionato dal Consorzio Zai nel 2021 è stato divulgato da alcune forze politiche di maggioranza. Nell’aprile 2023, infatti, il Partito Democratico ha organizzato un convegno sul tema. Questi elementi, secondo la vicesindaca, sono sufficienti per affermare che «il procedimento ha assicurato la partecipazione».
Dal primo giorno di insediamento, dunque, la maggioranza guidata da Damiano Tommasi era consapevole di come avrebbe voluto procedere sulla Marangona, ma non ha ritenuto utile aprire una discussione pubblica sul tema. Come sembra sottolineare la vicesindaca, le decisioni vere sullo sviluppo della città non possono attendere i tempi di quella che potrebbe essere una democrazia sostanziale e non solo retorica. Vale poco, infatti, il vincolo posto dal Consiglio con cui si impone la futura revisione del masterplan a “forme di partecipazione e concertazione”. La destinazione dell’area è ormai stata scelta, rifiutando la proposta dell’assessore Michele Bertucco di darsi qualche mese per discutere maggiormente il tema. Consumo di suolo zero e partecipazione sono state solo parole al vento. A chi aveva riposto grande fiducia e desideri di cambiamento, scegliendo di sostenere attivamente la coalizione Tommasi, rimane solo la nostalgia di un programma politico che poteva essere dirompente.
A questo punto, la stabilità della maggioranza è il problema minore per il sindaco, anche se potrebbe apparire il più complesso. In questa vicenda, la fiducia che una parte di elettorato, e di elettorato attivo, aveva riposto nella coalizione di Damiano Tommasi è stata compromessa senza possibilità di ritorno. Come ci insegnano gli scienziati politici, ricucire questo rapporto di fiducia quando la credibilità politica viene meno è davvero difficile. Per la maggioranza, dunque, il percorso futuro sarà solo in salita.
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