di Squadra femminile Quadrato Meticcio
Ritorna la nostra rubrica alla scoperta dello sport popolare diffuso e resistente nel Veneto. Stavolta abbiamo chiesto all3 ragazz3 della squadra femminile del Quadrato Meticcio di raccontarci la loro esperienza all’interno di questo grande progetto che coinvolge sport e politica: lo sport popolare. Ognun3 ha voluto mettere la propria voce rendendo così l’articolo il frutto di un intreccio di diverse esperienze e prospettive.
Quadrato Meticcio
Il Quadrato Meticcio (QM) è un’associazione sportiva dilettantistica (ASD), da poco diventata anche APS (associazione di promozione sociale), nata nel 2012 dopo la lotta per la salvaguardia del campo da calcio di via Dottesio che sarebbe dovuto diventare un parcheggio. All’inizio presentava solo una squadra di calcio a 11 maschile; successivamente il QM ha fondato le squadre di under 8, under 10, allievi, esordienti, fino a realizzare il progetto di futsal femminile nel 2017: la prima squadra di calcetto popolare femminile a Padova.
Questa crescita quantitativa è andata di pari passo con un’evoluzione dell’identità e degli obiettivi dell’associazione. Da “solo calcio” sono state costruite altre attività, come il Doposcuola, dove volontari3 danno una mano a bambin3 del quartiere nello svolgimento dei compiti scolastici, la Recupera e distribuzione di beni alimentari volta a evitare lo spreco alimentare e rivolta principalmente all3 abitant3 del quartiere che ne hanno più bisogno, fino ad arrivare allo sportello orientamento-lavoro e allo sportello di ascolto.

Foto scattata al campo in via Dottesio in occasione della festa dei 10 anni dell’associazione
Il QM ha sede nel Rione Palestro a Padova, un quartiere che si differenzia per il suo background politico, per la presenza di case popolari e la sua multiculturalità. Si potrebbe dire che la composizione del quartiere è meticcia, essendo costituito da persone con origini e nazionalità ben diverse. Nel periodo pre e post seconda guerra mondiale, “meticcio” era una parola usata con connotazione negativa: indicava con disprezzo i bambini nati dalle unioni spesso non consensuali tra i soldati delle colonie e le donne originarie di quei luoghi. Il nostro tentativo è invece quello di risignificare la parola “meticcio” dal basso, impiegandola come idea che simboleggia la città futura e un forte senso di appartenenza attraverso la valorizzazione della diversità e della mescolanza. Proprio con questa declinazione essa dà nome alla nostra associazione assieme al termine “Quadrato”, che deriva dalla forma dei blocchi delle case popolari viste dall’alto.
Sport popolare
“Essere una parte di un tutto, essere un ingranaggio che fa funzionare il meccanismo”; un meccanismo che non è mai perfetto, proprio perché non siamo macchine e proprio perché valorizziamo il nostro essere ognun3 divers3 dall’altr3 stando bene. È questo che significa far parte di una squadra. L’individualità è tanto importante quanto lo spirito, l’identità della squadra stessa. Tutt3 sono important3, tutt3 fanno funzionare il gioco e ognun3 apporta il suo personale contributo.
Nella squadra ci si rispetta, ci si aiuta, si lavora con coscienza e si hanno delle responsabilità. Il calcio può sembrare soltanto uno sport, ma unito al concetto di squadra diventa molto di più, perché dà origine a una realtà che ti sorregge e che viene da te sorretta. La squadra diventa per te fonte di felicità, rabbia, gioia e chi più ne ha più ne metta.
Lo sport popolare crea degli spazi sicuri. Stare con le tue compagne, senza avere ansia da prestazione o semplicemente senza avere ansia di essere depilate o meno, di avere del “grasso in più”, di avere la barba o meno e tanto altro. Lo sport popolare crea un dialogo continuo tra più persone che parlano la lingua del pallone, il quale veicola però numerosi messaggi non neutrali. Il nostro sport, il calcio in questo caso, nasce come invenzione di possibilità e alternative rispetto allo sport mainstream. Si adottano quote basse proprio per renderlo accessibile; si accettano giocatori e giocatrici con capacità differenti; è necessario contrastare i fenomeni di razzismo e sessismo. Si affrontano tante partite in campo e nella vita sempre in modo collettivo, fronteggiando tutto quello che ti succede insieme ai/alle compagne.

L3 ragazz3 della squadra che al termine della partita vanno a salutare la “curva”
Le quote basse o, in alcuni casi, garantire lo sport gratuito sono il nostro unico obiettivo per poter abbattere la barriera dell’accesso per molte persone: in particolare ragazzi e ragazze migranti o precari. Per questo organizziamo eventi, partecipiamo a bandi e non abbiamo sponsor; cerchiamo di farci bastare le risorse che raccogliamo con le nostre numerose iniziative per fare andare avanti i progetti avviati, sportivi e non. Rispetto al calcio mainstream, oltre al mantra dell’accessibilità, c’è la necessità di portare temi sociali all’interno del campo da gioco senza nessuna vergogna di farlo e, soprattutto, con l’idea che anche lo spazio da gioco sia politico come ogni altro. Anche nel calcio si deve parlare di discriminazione razziale, di parità di genere, di nazionalismo e capitalismo. Questo non solo perché lo sport è parte integrante della nostra vita e di quella di tante persone e pertanto riteniamo che se si professano certi valori fuori dal campo da gioco sia fondamentale rispettarli e battersi per essi anche al suo interno; ma anche perché crediamo che uno sport come il calcio, così seguito e praticato in Italia e nel mondo, possa essere un incredibile mezzo di socializzazione e divulgazione di temi importanti.
3. Sport femminile
Femminile è un aggettivo all’apparenza semplice, ma che racchiude un significato più profondo. Per molti “il calcio-femminile” potrebbe sembrare quasi un ossimoro, ma sta prendendo sempre più piede nel linguaggio comune e nell’immaginario collettivo, come è giusto che sia. Il calcio è uno sport che è sempre stato di tutti e soprattutto di tutte: ragazze da sempre rimaste nell’ombra dei campetti a giocare insieme ai loro amici, che hanno cercato di ritagliarsi uno spazio sempre più ampio e che adesso possono finalmente godersi l’attenzione che meritavano e meritano.
Solamente il 1° Luglio 2022 il calcio femminile in Italia è diventato professionistico. Ciò ha comportato l’uniformità dei salari minimi della Seria A femminile professionistica, ovvero 26 mila euro lordi l’anno, il che è una grande conquista, ma comunque relega le donne a un ruolo marginale rispetto agli uomini. Nonostante ciò, le atlete iscritte in Serie A possono finalmente beneficiare dei contributi previdenziali per il fine carriera, pensioni e tutele mediche per infortuni e maternità. Inoltre, chi ha subito infortuni gravi può beneficiare del contributo di invalidità, cose che fino a pochi anni fa erano impensabili.
Riteniamo che questa sia una conquista veramente importante, anche se c’è ancora tanta strada da fare, dato che il calcio femminile è diventato (finalmente) un lavoro a tutti gli effetti ma limitatamente alla massima serie. La promozione del calcio femminile e la conquista dei diritti dell’atleta, fondamentali per tutelarla, hanno fatto da apripista alle bambine e alle ragazze che solo da pochi anni hanno potuto avere dei modelli femminili ai più alti livelli della Serie A alle quali guardare e ispirarsi.

Il saluto al termine di una partita di campionato
Come squadra e come singole atlete spesso ci domandiamo: se dessimo alle bambine l’opportunità di crescere con un pallone tra i piedi, opzione che da sempre è stata esclusiva dei bambini, ci sarebbe così tanta differenza di livello tecnico nel mondo del calcio?
4. Sport transfemminista
Sport femminile e transfemminista non sono sinonimi. Lo sport solo femminile purtroppo risponde a degli standard emessi principalmente da e per uomini: vedi per esempio i costumi delle atlete di pallavolo o di atletica. Si vedono e leggono spesso commenti del tipo “Bella” e quando davvero va bene “e pure brava”. Ma nell’ambito dello sport non siamo qui per essere belle, né tantomeno oggetti; siamo qui per divertirci, sfogarci, giocare e dare il massimo delle nostre possibilità. Noi vogliamo finire la partita sudate e spettinate, perché dell’aspetto fisico non ci interessa. Per noi l’importante in quel momento è avere avuto l’opportunità di giocare, di esserci divertite in campo con le nostre compagne.
Lo sport femminile e transfemminista come lo intendiamo noi cerca di costruire una propria identità. Con la mia squadra mi trovo molto bene, in spogliatoio abbiamo creato uno spazio sicuro, fuori da commenti e giudizi; viene rispettato il fatto che abbiamo tutt3 corpi diversi; c’è chi è più alta o più bassa, più magra o più corpulenta, chi si depila e chi ha smesso di farlo. C’è una situazione di tranquillità preziosissima. Ognuna è come è e non c’è nessun obbligo di conformarsi né di adeguarsi a regole o canoni stipulati dalla società. Così dovrebbe essere ovunque, ma purtroppo fuori da questa identità si continuano a emettere giudizi sul corpo, sui vestiti o su qualsiasi particolarità.

Riscaldamento prima della partita
La prospettiva è che non siamo qua per vincere (ma in caso ci farebbe piacere); tuttavia, la competitività resta, ma resta semplice competitività verso le altre squadre, non tra di noi. Per noi l’importante è giocare bene, al massimo delle nostre capacità e uscire contente della prestazione. Ogni partita è l’occasione di imparare qualcosa, vedere un bel movimento delle avversarie, capire come reagiamo allo stress e gioire quando facciamo gol, perché è sempre una sorpresa (soprattutto se è nella porta giusta!). Per noi vuol dire che quando qualcuna sta giocando meno bene del solito, ci chiediamo (o le chiediamo) il perché; ci incoraggiamo sempre piuttosto che uscire dalla partita. Se guardi un bambino che sta imparando a camminare e vedi che cade dopo due passi, non gli gridi che avrebbe fatto meglio a stare seduto. Gli dici di alzarsi perché ce la farà a fare il terzo e pure il quarto passo. Per tutti questi motivi la nostra squadra è stata raggiunta da molte principianti: è la nostra forza.
Noi ci definiamo con entrambi gli aggettivi: femminile e transfemmisnista. La nostra squadra è sì formata da atlete donne, ma che hanno un’ottica transfemminista, intesa come una prospettiva che ci rende un gruppo di persone che dentro e fuori dal campo sostiene le lotte per la giustizia sociale. Sono tanti gli esempi in cui abbiamo visto e vediamo il nostro impegno per la lotta transfemminista: anni fa andammo insieme al presidio contro l’affossamento del DDL Zan; più recentemente la nostra squadra ha partecipato alla manifestazione avvenuta a Padova il 20 Novembre contro la violenza transfobica e per Giulia Cecchettin, vittima dell’ennesimo femminicidio per mano di un “bravo ragazzo”. Alcun3 di noi sono stat3 a Roma il 25 Novembre al corteo nazionale contro la violenza di genere, dove c’erano 500 mila persone; quella stessa settimana abbiamo giocato la partita con un segno rosso sulla guancia. Ci ritroviamo in cortei per la Palestina, in quelli contro il razzismo o ancora contro i CPR. Tutte queste lotte si intrecciano e quando inizi a lottare per una non puoi lasciare da parte le altre.
Per noi è fondamentale che questa postura e questi valori siano con noi sia fuori che dentro al campo. Lo sport, principalmente il calcio, ha un linguaggio universale. Un esempio di questo incontro tra il campo da calcio e la vita è il bando “Carta Etica dello sport” da noi vinto con un fumetto incentrato su questa tematica e che vi invitiamo a leggere.


“Bianco, Nero, Alieno… Differenza zero!”, il fumentto vincitore del bando
Chi dice che il calcio non sia politico, ha avuto poco a che fare con il calcio popolare e con le squadre che, partendo dal basso, portano avanti i loro ideali di inclusione, antirazzismo, antifascismo, antisessismo e transfemminismo. Noi ne approfittiamo continuamente per confrontarci tra compagn3 e rendiamo lo spazio di allenamento e partita un’occasione in cui parlare e riflettere. Usiamo il campo di gioco non solo per esprimerci a livello sportivo, ma anche per coinvolgere il pubblico e prendere una posizione davanti alle disuguaglianze: siano esse nate da situazioni di abuso di potere da parte dello Stato, da discriminazione razziste, o dal semplice fatto di essere donne. Noi reagiamo e il modo più potente che abbiamo è quello di esporre il nostro messaggio con uno striscione post partita. Ci teniamo a dire che raramente le nostre avversarie si sono opposte ai nostri ideali, anzi, si aggiungono volentieri al fotofinish dietro allo striscione. C’è una frase di Rosa Luxemburg che dice: “Chi non si muove non sente le proprie catene”; e credo che sia una frase capace di rappresentare noi meticce, perché sentiamo le catene e non vogliamo restare ferme.

Striscione scritto contro il DDL Pillon
Come squadra, nella nostra memoria storica, abbiamo avuto anche a che fare con situazioni non particolarmente desiderate. Quando si è così espost3 sui social è possibile che arrivino criticità, ma le parole ci danno il potere di essere ascoltat3. Abbiamo due vicende particolari che hanno avuto un grande risalto mediatico, arrivando ai giornali più conosciuti nel Veneto e nel padovano.
Il primo episodio è accaduto nel 2019, quando la responsabile del circolo di Fratelli d’Italia di Cadoneghe venne a fare un paio di allenamenti da noi. Le compagne di squadra di quel periodo sono venute a conoscenza del fatto e la ragazza è stata invitata a non tesserarsi con noi, semplicemente perché i suoi ideali non coincidevano con i nostri, tra i quali fondamentale è l’inclusione (per altro operando in un quartiere multirazziale). La vicenda ha avuto in pochissimo tempo un tale “successo mediatico”, che l’attuale Presidente del consiglio Giorgia Meloni ci ha condivise sul suo profilo Facebook.
Speriamo che quest’articolo arrivi a un pubblico più ampio e quindi vi comunichiamo che per il Quadrato Meticcio è meglio giocare senza portiera che con una fascista in porta! (Che poi abbiamo due portiere bravissime ed antifasciste attualmente).
Il secondo episodio risale allo scorso anno (2023), quando ci è stato impedito di giocare una gara perché calendarizzata in contemporanea con una partita di coppa di una squadra maschile che usa il nostro stesso campo. Lo spiacevole evento è accaduto in occasione di un incontro con il GS Ariano, quando le ragazze provenienti dal Polesine, a 83 km di distanza, erano già arrivate alla nostra palestra. Possiamo capire l’errore, ma il trattamento che abbiamo ricevuto è stato sgradevole e aggressivo, volto a sminuire il nostro campionato rispetto a una partita di coppa maschile. Solo grazie all’eco mediatico della storia ci siamo riunit3 con la struttura, che ha accettato l’errore e ha chiesto scusa per come era stata gestita la situazione. Da un errore umano che poteva accadere a chiunque si è arrivati a scrivere una lettera di scuse indirizzata al nostro campionato (Tuttocampo). Alla fine della storia ci è stata cancellata la sconfitta a tavolino e lo CSEN ci ha dato l’opportunità di giocare di nuovo la partita.
5. Primo, secondo e terzo tempo
Nel calcio, in generale, non c’è una mentalità sportiva che porti gli/le avversari/e a condividere il post partita in amicizia e sportività. La mentalità del Quadrato Meticcio è diversa, è quella di giocare per divertirsi e per questo, al di là del risultato e dell’agonismo della partita, dopo il triplice fischio si cerca di condividere con le avversarie lo sforzo che si è fatto per giocare. Questa è una visione che purtroppo nel calcio, maschile o femminile che sia, si trova raramente e che per questo noi, come Quadrato, cerchiamo di portare avanti, perché non abbiamo più voglia di scontri fuori dal campo tra tifoserie e crediamo in uno sport più genuino nel quale la competitività non diventi aggressività fuori dal campo.
Ci sono squadre con le quali al termine della partita si va a bere e festeggiare; e ci si riesce, perché dopo la partita l’adrenalina e la competizione cala e se ci si è rispettat3 in campo le cose possono continuare anche fuori. Questo forse accade in misura maggiore con le squadre che condividono la nostra mentalità: penso alle compagne della San Precario, ma anche a squadre extra-rete dello sport popolare come l’Ariano o il Creola. Questo non toglie il fatto che anche nel campionato amatoriale femminile incontriamo delle squadre che non aderiscono ai nostri valori sportivi, intesi come atteggiamenti sia dentro che fuori dal campo. Questi comportamenti che tendono verso l’antisportività si vedono sia dalle giocatrici che dallo staff tecnico. In questi casi noi ci dissociamo completamente da questi valori lontani dall’idea di sport in cui noi crediamo e portiamo in campo.

Foto di squadra in occasione del 25 novembre
A 6 anni dalla nascita di questa squadra siamo qui; siamo arrivate dall’avere a malapena le giocatrici per una partita, a un numero di tesserate che ci potrebbe far confondere per un team di calcio a 11! E nonostante questo, non ci fermiamo. Nonostante questa incredibile crescita, quanto abbiamo ottenuto non è ancora abbastanza, perché chissà quante altre ragazze che non ne hanno mai avuto la possibilità vorrebbero correre dietro un pallone con noi; perché ciò che abbiamo costruito e stiamo costruendo è una comunità da poter vivere anche quando si arriva da un paese estero o semplicemente da un’altra città: siamo una piccola grande famiglia su cui sai di poter contare per qualunque esigenza oltre che per l’ora dell’aperitivo. Questo stesso spirito è cresciuto e continua a crescere negli anni grazie alle persone che attraversano e che hanno attraversato il QM e che per questo motivo meritano il nostro “Grazie!”.
Anche scrivere questo testo è stato un meraviglioso lavoro di squadra, un’occasione per guardarci negli occhi, per vedere dentro di noi e per apprezzare a pieno la bellezza di questa realtà di cui possiamo dirci parte.