Seize the Week è una rubrica che, a cadenza regolare, riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica si riferisce al periodo dal 20 al 26 novembre 2023.
Giulia Cecchettin: la rabbia che fa germinare
La rassegna di Seize the Time della scorsa settimana ci trovava spettatori (soprattutto, spettatrici) del ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, tra il lago di Barcis e Piancavallo, coperto di sacchi neri. Ieri Filippo Turetta, l’assassino, è arrivato in Italia a bordo di un volo militare, per il timore che venisse aggredito su un volo di linea. Non si conoscono ancora con certezza i dettagli sulla dinamica dell’omicidio, anche se le prime ricostruzioni forniscono evidenze della premeditazione.
Ciò che invece è certo è che il femminicidio di Giulia Cecchettin ha riacceso il dibattito pubblico e politico intorno al tema dell’insufficienza di misure contro la violenza di genere. Proprio in questa settimana la sorella, Elena Cecchettin, si è esposta in diretta televisiva (particolarmente virale è stato il suo intervento nella trasmissione Dritto e rovescio) con parole disarmanti, per quanto lucide, con la compostezza di chi si rapporta con la verità, una verità collettiva. Invita alla responsabilità, all’educazione e alla rieducazione, ad interrogarsi, soprattutto sulle tracce più subdole e striscianti di un patriarcato “da spogliatoio”, un gioco di ironie sessiste giustificate. Perché no, dice Elena, Filippo Turetta non è un mostro, un’emergenza, un unicum ma è l’appendice di una cultura radicata, la punta di una piramide che poggia su fondamenta solide. Per una testimonianza viva di cosa significa la responsabilizzazione maschile leggi quest’articolo.
Per capire, invece, cosa non significhi responsabilizzazione maschile vedasi gli interventi di Valdegamberi, eletto nella lista Zaia e consigliere regionale del gruppo Misto, che accusa Elena di diffondere un «messaggio ideologico», di far parte di una «società satanista». O ancora la follia social del gruppo «Filippo Turetta ragazzo modello», in cui l’assassino viene presentato come “vittima del pressapochismo dei media”.
Giulia Cecchettin: la rabbia che brucia
Ma torniamo a Elena e al suo invito al minuto di rumore per la sorella, non di silenzio. Da qui infuocano le manifestazioni e i cortei nella nostra città. Dalla passeggiata arrabbiata di Non Una Di Meno sabato 18, al presidio universitario al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione lunedì 20, fino al numerosissimo corteo contro la violenza patriarcale, di genere e transfobica, tenutosi lo stesso giorno, in occasione del Transgender day of Rimembrance. La prima tappa di questo corteo, che ha visto riunirsi 15000 persone, non a caso è stata l’università. Qualcuno al microfono dice: «avrei voluto che l’università prendesse posizione dopo la morte di Giulia e ci aiutasse a leggere cosa accade. È la matrice patriarcale che ammazza tutte. Serve educazione». Lo stesso messaggio arriva dagli studenti delle scuole superiori di Padova che vedono nell’educazione l’«unico antidoto».
E la risposta istituzionale?
Nel frattempo le richieste al Centro Veneto Progetti Donna sono triplicate. Le chiamate al giorno prima dell’uccisione di Giulia erano 3, ora sono 10. Non è più possibile procrastinare, tanto più ora che tutti i riflettori sono puntati sulla risposta delle istituzioni. E questa volta si vorrebbe riguardasse un ripensamento strutturale, approfondito. Dalla lettura delle testate ciò di cui si parla a Padova è esclusivamente “l’impegno dell’arma”, ovvero la costituzione di una squadra di polizia schierata a tutela delle donne. I membri sarebbero scelti secondo un principio di «attitudine e sensibilità». I loro compiti andrebbero dal «fare da sentinelle» al «percepire e raccogliere i disagi anche durante semplici controlli, provando ad avviare un iter di protezione». La squadra, assicurano, è nata dopo l’omicidio di Giulia ma era «pensata ancor prima». Anzi, rilanciano «c’era già ma non aveva dignità di struttura».
Intanto Giuseppe Maria Iorio, il primo dirigente dell’Anticrimine della questura di Padova, presenta la misura degli “ammonimenti” come strumento per far diminuire i casi di aggressione. E ci assicura che i femminicidi sono già in calo. L’affermazione stride rumorosamente l’ipotesi emersa negli ultimi giorni di una, forse due chiamate fatte al 112 da quel famoso vicino che era stato testimone delle urla di Giulia Cecchettin.
20 novembre: la giornata internazionale dei diritti dell’infanzia (ma non per Gaza)
In Palestina il genocidio continua. Dopo quasi 50 giorni di annientamento a danno della popolazione civile, Israele acconsente a 4 giorni di cessate il fuoco. La promessa è il rilascio di 150 ostaggi palestinesi e 50 ostaggi israeliani. Ma non tutti gli ostaggi sono uguali. La maggior parte dei prigionieri palestinesi che dovrebbero essere rilasciati sono bambini. Negli ultimi decenni le autorità israeliane hanno arrestato migliaia di bambini palestinesi (ogni anno tra i 500 e i 700) provenienti da tutti i territori occupati e li hanno sottoposti al sistema giudiziario militare.
Maha Hussaini di Middle East Eye riferisce che le forze israeliane continuano a sparare verso i palestinesi durante i quattro giorni di tregua per dissuaderli dal tornare a casa. La zona interessata, in particolare, è stata quella centrale di Gaza, a est di Maghazi. Erano passate circa due ore e mezza dall’entrata in vigore del cessate il fuoco.
Questa tregua non deve quindi fermare le mobilitazioni in Italia e nel mondo. In questo solco si inserisce la contestazione al ministro dell’Università Anna Maria Bernini e alla rettrice dell’ateneo Daniela Mapelli. Durante il convegno a Palazzo Bo dedicato a scienza e innovazione in sanità due ragazzi di Spazio Catai si sono alzati in piedi urlando «Cessate il fuoco», prima di essere trascinati fuori e condotti in Questura per la denuncia.
Emergenza casa e povertà che cresce
Più poveri, più soli e alle prese con un’emergenza abitativa diffusa. È la realtà che l’Osservatorio povertà e risorse di Caritas fotografa in città e provincia. L’ultimo report risaliva a due anni fa. 51,9 % delle persone che si sono rivolte al Centro diocesano d’ascolto non aveva mai chiesto aiuto (nuovi poveri); ma ce ne sono anche tanti (il 28,7%) che da cinque o più anni chiedono assistenza, poveri cronici o intermittenti. È una povertà sempre più strutturale. Dieci anni fa i poveri erano il 3%, mentre oggi siamo al 10%. Ciò che emerge nel report è che non esistono più categorie al riparo dalla povertà. Nei primi mesi del 2023, inoltre, è cresciuto del 5,4 % il numero delle persone sole.
3 suicidi in 3 mesi
Concludiamo la rassegna settimanale riportando un dato preoccupante che riguarda le nostre strutture detentive: è il terzo caso di suicidio in tre mesi avvenuto nel carcere veronese (un interessante articolo Seize the Time di qualche tempo fa si occupava proprio del discorso e delle retoriche attorno al suicidio). Uno il 9 agosto, uno poco più di dieci giorni fa e l’ultimo in questi giorni. Così il totale delle morti volontarie nei penitenziari italiani ha raggiunto quota 62 dall’inizio dell’anno. Una piaga su cui si erano prepotentemente accesi i riflettori proprio a Verona nell’agosto del 2022 e che aveva portato alla nascita dell’associazione Sbarre di Zucchero. I rappresentanti dell’associazione raccontano: «Verso le 16 del 19 novembre 2023, nella prima sezione del carcere veronese si è tolto la vita un giovane italiano di adozione e, come le volte precedenti, carcere e garante dei detenuti non ne hanno fatto parola. Perché questo silenzio?». Peggio della morte è l’invisibilizzazione. E ci aspetteremmo una risposta chiara. Ciò che arriva però sono le parole di Giovanni Vona del Sappe, esponente della polizia penitenziaria: «Il principale problema a Verona resta l’alta concentrazione di stranieri, soprattutto giovani italiani di seconda generazione». Allora in queste parole, tutto è chiaro.
Le notizie riportate sono tratte da articoli pubblicati in quotidiani regionali e provinciali e altre testate, in particolare su Il Mattino di Padova; sono state inoltre consultate le comunicazioni ufficiali di “Giovani Palestinesi” e di “Middle East Eye”. Tutto è stato pubblicato nella settimana tra il 20 e il 26 novembre 2023.