Seize the Week è una rubrica che, a cadenza settimanale, riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica si riferisce al periodo dall’8 al 14 aprile 2024.
Lo smart working è morto, viva lo smart working?
L’ennesima prova che l’idea di “tornare ala normalità” dopo il Covid non vuol dire davvero niente arriva da quanto sta accadendo sul fronte dello smart working. Le procedure semplificate per lo smart working per i lavoratori pubblici sono venute meno questo 31 dicembre, e il 31 marzo è stato il turno di quelle per i dipendenti dei privati. Ma nel frattempo, da stampella per limitare i contagi, questa pratica si è sempre più integrata nella struttura delle aziende: nel Veneto le persone che ne hanno fatto uso nel 2023 sono davvero tante, oltre 350 mila casi, e in tutta Italia c’è una tendenza simile: i lavoratori da remoto del 2023 erano 3,5 milioni e saranno probabilmente 3,65 per quest’anno che viene. La possibilità di lavorare sia in ufficio che a casa è sicuramente d’aiuto a chi è malato, ad esempio, o ha figli piccoli da mantenere; può anche essere utile dal punto di vista ecologico; soprattutto, è una misura che lascia una buona libertà di organizzazione ai dipendenti — ovviamente non a tutti, potenzialmente, ma solo a chi fa un certo tipo di lavoro. E naturalmente c’è chi pensa che questa misura possa essere tranquillamente archiviata dopo aver superato le difficoltà del Covid. Ovviamente si parla non di dipendenti ma di datori di lavoro: di Maurizio Toso di Federmanager, per la precisione, che lamenta la perdita di contatto umano sul luogo di lavoro; forse si riferisce alle ore e mezza che i lavoratori passano ogni giorno imbottigliati nel traffico aspettando di raggiungere l’ufficio.
L’ennesimo problema di polveri sottili a Padova
Sono bastati tre mesi e Padova è già al ventiquattresimo anno consecutivo in cui la quantità di polveri sottili ha superato la soglia legalmente consentita — non devono esserci 50 microgrammi di Pm10 al metro cubo d’aria per più di 35 giorni all’anno. Tutte le centraline di Padova (eccetto quella di Granze ma ha avuto un malfunzionamento) ne hanno segnati di più. Di fatto, quindi, è dal 2000 che Padova non è in regola con le polveri sottili; questi sforamenti si stanno pian piano abbassando — ma a fine 2021, l’anno in cui sono stati più bassi, i giorni erano comunque una cinquantina, più di 15 giorni in più del consentito.
Medicina in Veneto: tanti o pochi?
C’è stato uno strano siparietto a seguito della pubblicazione dei dati dell’annuario statistico del Servizio sanitario nazionale, che ha riportato una diminuzione drastica, in Veneto, di strutture e servizi d’emergenza sebbene siano aumentati medici, infermieri e tecnici. La Regione non è d’accordo ed esprime il suo disappunto attraverso l’assessora alla sanità Manuela Lanzarin, secondo cui le cifre a disposizione della regione sono “tutte diverse”: il report indica un dimezzamento nei numeri di dipartimenti di emergenza, pronto soccorso, pronto soccorso pediatrico e una perdita di ben 10 centri di rianimazione, ma Lanzarin dichiara che negli ultimi anni non sono stati chiusi ospedali. È innegabile però che stanno nascendo, sul territorio, sempre più aziende sanitarie private che spesso aiutano la sanità pubblica, anche perché una tendenza tipica del Veneto sembra essere l’abbondanza dei codici bianchi che spesso infoltiscono liste d’attesa a cui nemmeno i reparti in gloriosa crescita riportati anche dall’annuario statistico riescono a far fronte.
Un altro segno che forse c’è qualcosa di strano nel modo in cui la regione ha reagito, e che non la raccontano forse giusta, è che con uno stanziamento da 19,5 milioni di euro ora anche gli operatori di reparto chiamati a fare degli straordinari per ridurre le liste d’attesa verranno pagati 50 euro l’ora. E con l’arrivo della bella stagione c’è da presumere che probabilmente questi 50 euro all’ora se li guadagneranno, eccome. Il ritorno delle zanzare, che possono proliferare nelle pozze d’acqua stagnante rimaste dopo queste piogge e portare il West Nile (già 50 casi l’anno scorso); il ritorno anche del morbillo: nel Padovano ci sono già stati due casi, mentre gli anni scorsi ce n’era stato solo uno — e mentre l’ULS 6 emana le sue guide per evitare il contagio, il Dipartimento Prevenzione avvierà a breve una serie di inviti alla vaccinazione per ben 11.000 residenti, tra i due e i 26 anni.
Nel frattempo, giusto per ritornare all’idea che il personale medico in Veneto è in crescita, le aziende ospedialiere si ritrovano a fare la lista della spesa per gli specialisti che evidentemente mancano e saranno inviati nei reparti più sguarniti e pagati anche 100 euro l’ora: ora è la volta dei reparti Anestesia, Ginecologia e Pediatria. Ma il problema non è tanto che si tratta di profili difficili da trovare: questo è il terzo bando per incarichi da libero-professionisti indetti da Azienda Zero: “uno strumento utile” per un settore che forse, nonostante le parole, non è esattamente in una fase rigogliosa.
Letti per gli studenti
Ovviamente la privatizzazione non è solo qualcosa che riguarda la medicina. L’altro settore in cui i privati si stanno facendo strada in modi nuovi e, potenzialmente, problematici. Come ad esempio il mercato immobiliare: Cdp RealAsset, ad esempio, ha investito 40 milioni di euro nel fondo Pitagora di Finint Inestments, che ora può completare residenze universitarie a Padova e Modena, di 100 e 360 posti reciprocamente. Dove non può l’università, può il social housing privatizzato, insomma: un buon esempio è Bedstudent, che sta facendo quello di cui dovrebbe forse occuparsi UniPD, peraltro dichiarando tranquillamente di far pagare 640 euro al mese per una stanza singola e che hanno potuto alzare del 10-15% i costi l’anno scorso senza che nessuno si lamentasse — facile, quando vai a pescare i clienti dagli studenti esteri che non hanno idea di come sia la situazione e spesso non hanno latra scelta.
Tanto nuovo grigio, poco vecchio verde
Per ponti e viadotti, il comune si sta dando davvero da fare, con lavori in corso per un totale di 6,4 milioni di euro. Si tratta di lavori di manutenzione che peraltro riguardano pure strutture relativamente nuove, ma tant’è. Il ponte di Voltabarozzo sarà riverniciato; ponte Paleocapa verrà restaurato e avrà una passerella ciclopedonale; il ponte dell’Osservatorio riceverà una sistemata, si lavorerà anche sui ponti di via Ludovico Ariosto e su quello di via Bellisario a Camin; quello dell’orto Botanico è a posto e si sta lavorando anche su quello di Via San Leonardo, Ponte Altinate, ponte del Carmine e i ponti della tangenziale est su Piovego e Bacchiglione; del ponte Darwin si ricostruirà la pavimentazione e si cambieranno pure le sagome.
C’è anche un bel piano per piazza Savelli, il centro di dell’itinerario da stazione-fiera-Stanga che raccoglie attorno a sé tantissime imprese sicuramente centrali per il futuro di Padova: un bel calcestruzzo chiaro per fare in modo che resista meglio alle intemperie e al calore.
Grandi aspettative anche per le nuove linee del tram. Alla prima giornata del forum nazionale per l’energia e la sostenibilità Duezerocinquezero il direttore generale del comune Lorenzo Minganti ha affermato che saranno prestissimo disponibili: già l’anno prossimo si potrà godere non solo della linea Sir3, dalla stazione a Voltabarozzo, ma anche della linea Sir2, man mano che verrà completata. Sono già avviati i cantieri nell’asse via Morgagni-via Belzoni-via Falloppio, con un occhio di riguardo per gli alberi coinvolti.
È stata anche indetta la gara per l’appalto integrale della costruzione di PiaveFutura, la struttura progettata dall’architetto David Chipperfield che dovrà sorgere al posto della Caserma Piave: il cantiere potrà aprire già a fine anno.
Però intanto il primo passo per lavorare alla conversione della Caserma Prandina ha segnato una sostanziale indecisione da parte del comune, perché si è trattato di rimuovere parte del verde che la caratterizzava (i platani di via Volturno e parte del suo boschetto): una scelta che va a detrimento della viabilità ciclabile e pedonale ma soprattutto testimonia il fatto che al comune interessa forse fare della caserma un parcheggio, nonostante la legge imponga che diventi un parco.
Lo stesso problema sembra esserci con il progetto di ampliamento del magazzino dell’Alì invia Svezia, che si dichiara green ma nei fatti dimostrerebbe di esserlo solo fino a un certo punto visto che occuperebbe 15 ettari di terreni agricoli e lascerebbe verde solo un terzo di questa superficie.
Anche per piazza Insurrezione ci sono strane ambiguità e ripensamenti. Sembrava che un mese fa il risultato della discussione tra parti politiche, tecniche ed esperte fosse un netto no, ma di recente il soprintendente Vincenzo Tiné è tonato alla carica proponendo un “forse”: il parcheggio interrato si può fare, basta scavare fino ai due metri che poi c’è il rischio di incappare in qualche rovina romana o, peggio ancora, paleoveneta.
Nel frattempo, nel cuore di Padova resta il più grande punto interrogativo della sua storia edilizia recente: quel mostro di cemento incolto tra Via Diego Valeri e via Trieste, che recentemente è tornato alla ribalta per la “piazza nascosta” — così la definisce Micalizzi — intitolata a Gaetano Salvemini che le sta a fianco. Evidentemente ci sono dei problemi, è popolata da spacciatori e persone senza fissa dimora (e di certo non aiuta essere attaccata ad un posto deserto e non curato ormai da anni), e quindi la giunta in questi giorni ha sottoscritto una convenzione che porterà alla sua riqualificazione: i condomini non dovranno fare altro che munirsi di una “cancellata antidegrado” che sarà chiusa dalle 21 alle 7. “Non è via Anelli”, assicura Micalizzi, ma evidentemente la sua condizione è preoccupante. Che nessuno si sogni di pensare a quello che c’è oltre a quella piazzetta, però: guai. Meglio lasciare che siano i privati a metterci una pezza — anzi: un portone — sopra.
Problemi di autonomia
Chiudiamo con il solito teatrino del centrodetra. Se l’alleanza tra Forza Italia e Lega poteva sembrare solidissima, ora che il progetto per l’autonomia sta per venire trattato in parlamento una tentazione si fa largo tra chi, dei due partiti, non ha fondato la sua identità politica sull’autonomia. Forza Italia potrebbe cogliere la palla al balzo dimostrandosi veramente erede del Cavaliere con un voltafaccia in barba agli alleati di lungo corso, e presentare un emendamento last minute alla proposta Calderoli, giusto perché non raggiunga la Camera il 29 aprile. Sarebbe una mossa per rinforzarsi soprattutto dove gli alleati, nonostante abbiano ormai da tempo abolito l’altra parola di quattro lettere che dava il nome al loro partito, potrebbero perdere terreno (il Sud) e indebolirli direttamente perché non sarebbero in grado di presentarsi alle prossime elezioni son un’autonomia già discussa. Che la Lega tenga davvero tantissimo a questa riforma è ovviamente testimoniato dall’organizzazione di ben 250 gazebi per questo weekend in cui si presenteranno attese e risultati: la “secessione mascherata dei ricchi” chiara e limpida, alla luce del sole.
Le notizie riportate sono tratte da articoli pubblicati in quotidiani regionali e provinciali e altre testate, in particolare su Il Mattino di Padova, tra l’8 e il 14 aprile 2024. Sono state consultate anche le fonti citate e linkate.