intervento di Mariam Abu Daqqa
Pubblichiamo l’intervento tenuto da Mariam Abu Daqqa, femminista e militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, recentemente espulsa dalla Francia per aver manifestato e preso parola in favore del suo popolo. L’intervento si è tenuto in Catai il 5 marzo 2024.
Introduzione
La lotta di liberazione della Palestina è una lotta sociale e politica di liberazione dall’oppressione coloniale. Una lotta internazionale che coinvolge i e le palestinesi in diaspora e molti altri soggetti che si riconoscono in questa lotta.
La Palestina è anche una questione femminista, a partire dalla strumentalizzazione a cui abbiamo assistito del corpo delle donne, raccontate più spesso come vittime che come agenti della resistenza. Questo è un processo lungo decenni che si è realizzato su piani multipli: nei cortei, negli articoli dell’industria dei media, nelle dichiarazioni delle istituzioni accademiche, nelle stesse scuole. Questo si è manifestato anche all’interno di quei soggetti alleati, e proprio a partire da questa consapevolezza stasera siamo qui.
Il colonialismo storicamente ha brutalizzato e costruito un immaginario collettivo dove le persone non bianche e non cristiane non occidentali sono barbari, stupratori, terroristi. È la condizione per cui ogni donna araba, musulmana e palestinese si è trovata a non avere spazio nel movimento femminista perché queste donne non sono state autorizzate a nominare il loro oppressore, cioè il sionismo.
In questa cornice, il patriarcato arabo e il terrorismo sono stati usati come armi retoriche e politiche volte a giustificare un colonialismo di insediamento e l’assedio, che invece costituiscono il principale responsabile dell’oppressione in Palestina. È invece nostro compito riconoscere che il sionismo è un sistema di oppressione, e che la resistenza in Palestina è una questione femminista per il popolo; è nostro compito informarci sulla violenza del sionismo in quanto violenza di genere e agire per contribuire a fermarlo.
Il nostro impegno deve essere quindi quello di comprendere e combattere questo sistema di oppressione coloniale. Come femministe e come Potere al Popolo sosteniamo la resistenza palestinese e il movimento di lotta di liberazione della Palestina e pensiamo sia nostro compito, qui in Italia:
1. impegnarci affinché il popolo palestinese possa oltre che uscire da questo genocidio, avere il diritto di parola, il diritto di organizzarsi politicamente, il diritto alla casa, il diritto alla resistenza senza essere etichettate come terroriste.
2. rigettare il legame, promosso dallo stato di Israele, strumentalizzando sia l’olocausto che l’antifascismo, fra antisemitismo e antisionismo
3. rompere la complicità all’industria militare israeliana con il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni; anche combattendo il nostro governo.
4. far sì che gli investimenti sulle armi e l’industria della guerra si trasformino in opere di giustizia sociale in Palestina e in Europa e in Italia, abbassando le armi e alzando i salari
5. vedere la fine del supporto economico e militare dei paesi della Nato a questo progetto coloniale
Non c’è lotta femminista senza la Palestina, non c’è futuro senza Palestina.
Parla Mariam Abu Daqqa
Siamo colpiti dalla guerra dopo il 7 ottobre ma festeggiamo anche l’8 marzo; voglio sottolineare una cosa della vostra introduzione e di tutta la mia esperienza: non esiste un paese libero senza donne libere.
Da sempre le donne palestinesi hanno pagato caro perché l’occupazione non discrimina tra bambini, donne e uomini. La partecipazione delle donne al movimento di liberazione e democratizzazione in tutto il mondo è stata molto importante, ma ogni donna per essere attiva ha bisogno di essere libera. È dalla rivoluzione che le donne traggono la loro forza. Ogni donna è in pericolo in Palestina, ma anche per questo è in prima linea. L’occupazione prende di mira le donne perché portano bambini, e i bambini sono il futuro. Parto dalla mia esperienza: sono stata arrestata quando avevo 13 anni, è mia madre che mi ha sostenuto in prima linea nella rivoluzione. È lei che mi ha messo le armi tra le mani e mi ha detto di andare. L’occupazione è distruttiva. Penso alla rivolta del 1936, che chiamò molti/e rivoluzionari/e a sé: le loro madri festeggiavano, ma non perché fossero felici, per dire chiaro e forte: non c’è libertà senza una terra libera.
Ci sono due concetti di liberazione delle donne: uno è quello liberale; attraverso questo concetto, attraverso l’imperialismo, si cerca di sconvolgere il concetto di libertà. Crediamo che il ruolo delle donne debba essere uguale a quello degli uomini: siamo tutti esseri umani e siamo tutti responsabili delle nostre azioni. La libertà delle donne non significa che vogliamo vivere da sole, crediamo che le donne siano la metà della popolazione e vogliamo lavorare mano nella mano insieme agli uomini nella società. È molto importante sottolineare il ruolo della donna perché è lei che nutre e fa nascere il futuro. Ecco perché il ruolo delle donne dovrebbe essere quello della partecipazione effettiva, della partecipazione attiva, della partecipazione politica. Ecco perché le donne palestinesi hanno lanciato una dichiarazione in cui affermano che gli uomini e le donne sono una accanto all’altro nella lotta per la liberazione. Oltre al movimento di liberazione, una delle cose più importanti che dovrebbe essere concessa alle donne è il diritto all’istruzione, quindi il diritto al lavoro in tutti i settori. Per lavoro non intendiamo solo il lavoro quotidiano, ma soprattutto la partecipazione politica attraverso la quale le donne possano prendere decisioni e prendere parte effettiva al movimento di liberazione.
Ecco perché le donne palestinesi hanno creato un triangolo di pericolo per lo stato israeliano sia a terra, che in aria, che per mare. In terra, Shadia Abu Ghazaleh fu una delle prime rivoluzionarie. In aria, Leila Khaled è stata la prima donna a dirottare gli aerei israeliani e ha detto al pilota: «questa è la nostra terra, che ti piaccia o no». In mare, Dalal al-Maghribi compì una delle più grandi azioni militari in Palestina e riuscì a dichiarare la Palestina un libero stato per tre ore, prima di essere uccisa.
Come forse saprete, c’erano 17.000 donne palestinesi nelle carceri israeliane e ora sono circa 150.000 donne e ragazze, più un numero imprecisato di donne che sono state imprigionate da Israele a Gaza anche se fino ad ora non abbiamo alcuna indicazione riguardo quel numero. Prima del 7 ottobre, che è stata una rivoluzione nella storia palestinese, i palestinesi venivano ignorati dalla comunità internazionale che non ha mai rispettato il diritto internazionale. Subito dopo, le forze statunitensi, tedesche, italiane, europee in generale, sono andate per prime contro Gaza. Una guerra globale contro Gaza. Perché Gaza? Per 70 anni, perché? Ebbene, Gaza ne è il centro, ma si tratta di una guerra contro tutto il mondo arabo. Il motivo principale è che dopo la guerra in Ucraina è stato il turno del petrolio a Gaza: hanno cercato di controllare le coste, di trasferire i palestinesi nel Sinai e di sconfiggere così anche il movimento rivoluzionario e di liberazione a Gaza.
Il tanto osannato diritto internazionale non è riuscito a proteggere i palestinesi, le persone provenienti dall’Iraq, dalla Siria e la maggior parte degli arabi. La protezione del diritto internazionale riguarda soltanto le grandi Nazioni. Davvero non si può fermare Israele? Non possono aprire il valico di Rafah? Che grande bugia. Quando hanno provato ad aprire il valico di Rafah hanno bombardato, più di una volta, continuano a far mostra dei loro eserciti, l’UE, gli Stati Uniti, tutta l’Europa; tuttavia affermano che è Hamas il terrorista. Ma chi sono i veri terroristi?
Questa non è una guerra contro Hamas, ma contro la causa palestinese. Il 7 ottobre è stata solo una risposta normale da parte delle persone che vivono sotto occupazione. Le persone che vivono sotto occupazione hanno il diritto di resistere. Non abbiamo problemi con gli ebrei, non abbiamo problemi con i musulmani, non abbiamo problemi con nessuno, il nostro problema è l’occupazione. Siamo contro l’occupazione qualunque essa sia. Quando mi hanno arrestata in Francia, ho detto loro: «Siete sotto occupazione? Se lo siete, ditelo. Poiché se fosse occupata, verrei a difendere anche la Francia!»
Ecco perché ho detto che ora dovremmo lavorare insieme contro l’imperialismo e il sionismo. La lobby israeliana controlla i governi occidentali, ma le persone sono dalla parte giusta della storia: le persone che sono nelle strade stanno con la Palestina e i loro governi sono contro di loro. Considerano le persone che non sono europee o ebree come insetti; il ministro israeliano chiama i palestinesi animali. Hanno ucciso più di 30.000 persone, donne, uomini, bambini. Che cos’è questo? Un genocidio.
Nella mia famiglia, 65 persone sono state uccise, le hanno uccise a sangue freddo. Hanno distrutto le strade, quartieri, hanno distrutto gli edifici e gli ospedali. Che cos’è questo? Un genocidio.
Quando mi hanno arrestata in Francia, molti membri della mia famiglia erano stati uccisi e non mi hanno permesso di parlarne: questa è la Francia, dove c’è la democrazia. È stato allora che ho capito anche che la democrazia è una menzogna. Ho detto loro: diversi membri della mia famiglia sono stati uccisi, non mi permettete di parlarne, ma basta che da voi muoia un gatto e tutti ne possono parlare. Che cos’è questo? Un genocidio.
Tutti stanno guardando: i bambini muoiono di fame, le famiglie vengono violentate, le case vengono bombardate. Ci sono tantissimi feriti, tutti lo vedono. Dov’è il diritto internazionale? Sta dormendo? Hanno violentato donne e ucciso bambini, sono forse questi umani? Non lo so. Sono mostri umani. Questo è successo a Hebron, a Gaza e ora nelle carceri, dove in questo momento c’è un grosso problema. A Gaza adesso ci sono circa due milioni di persone in un posto minuscolo, non c’è cibo. Non hanno un rifugio, i bambini sono circondati dalla paura, dalla morte e dal sangue. La privacy delle donne è stata completamente annullata a Gaza, non ci sono bagni, si sta in fila per ore per raggiungerne uno. Si sono diffuse gravi malattie, non ci sono assorbenti, né contraccettivi, la situazione è disastrosa. Cos’è questo? Un genocidio.
Cosa è necessario per noi come donne, ma anche come movimento politico? Dobbiamo chiedere un cessate il fuoco immediato nelle nostre strade, nelle proteste; dobbiamo chiedere ai nostri governi di fermare il trasferimento di armi a Israele; dobbiamo rivendicare Gaza libera e una Palestina libera. Abbiamo finito la pazienza. 75 anni sono sufficienti. Meritiamo la nostra libertà.
Le donne sono le più colpite, non solo le donne palestinesi ma le donne di tutto il mondo. Ogni donna nel mondo che ottiene i propri diritti è anche una vittoria per noi, siamo tutte insieme, uomini e donne, contro l’imperialismo, il sionismo, il razzismo, il capitalismo e l’occupazione.
La nostra è una dichiarazione congiunta, di donne e uomini liberi, contro ogni oppressione, per un futuro migliore in tutto il mondo, contro l’occupazione e per una Palestina libera. Gaza sostiene le donne nella loro lotta e rende gloria ai martiri, libera i prigionieri e così, si spera, il nostro nemico sarà sconfitto. Speriamo che il nostro prossimo incontro si svolga a Gaza e in una Palestina libera!
Cosa penso del silenzio del mondo arabo? Come tutti voi forse sapete, la normalizzazione è ciò che gli Stati Uniti hanno cercato di imporre per cercare di mettere a tacere tutti i movimenti rivoluzionari, ma poi è arrivato il 7 ottobre. All’inizio Netanyahu ha imposto a tutti i politici di stare in silenzio: così è stato, tutti hanno avuto paura. Allo stesso modo diceva che l’esercito di occupazione non può essere sconfitto. Ma è stato dimostrato che può esserlo e ora tutti stanno pagando un prezzo davvero alto per la resistenza palestinese. Le persone non sopportano più la situazione e potrebbero esserci dei cambiamenti sul campo: i popoli imporranno questi cambiamenti perché sanno da che parte stare, stanno da una parte e i governi dall’altra. Nel mondo arabo, in Europa e perfino negli Usa.
Abbiamo visto persone donare, protestare e fare del bene per la Palestina. Un esempio estremo è stato Aaron Bushnell che si è dato fuoco negli Stati Uniti in forma di protesta contro il genocidio e il ruolo sttunitense. Ciò significa che le persone sono sveglie, e che le aggressioni hanno reso chiaro come funziona lo stato israeliano. Il mondo dopo il 7 ottobre non è più lo stesso, anche il mondo arabo sta cambiando e gli Usa non saranno immuni.
C’è un conflitto interno in corso perfino in Israele. Innanzitutto, deve essere chiaro che non c’è differenza tra destra e sinistra in Israele, sono tutti fascisti. Una generazione sta finendo, di cui Netanyahu è l’ultimo ad essere al comando. Per ora sono tutti insieme per un obiettivo comune, che è sconfiggere i palestinesi, ma anche sono in conflitto per chi sarà il prossimo leader. Adesso Gaza li spaventa, ne hanno paura, ma c’è anche un grosso conflitto che sta nascendo perché c’è un’opinione diversa tra Netanyahu e Biden. Netanyahu ha paura della guerra e sa che andrà sicuramente in prigione. La situazione in Israele è conflittuale, molti soldati si rifiutano di arruolarsi nell’esercito e ci sono grandi proteste contro il governo perché rivogliono gli ostaggi. Non è una situazione stabile.
Che cosa vogliamo? La fine dell’occupazione, e una Palestina libera dal Giordano al Mar Mediterraneo, uno Stato Palestinese con capitale Gerusalemme che include tutti, indipendentemente dalla religione in cui sono cresciuti, da dove sono nati, e questo è tutto.
La Palestina è nostra, è la nostra terra, hanno iniziato a prenderla nel 1948 e nel 1967 ma è palestinese e sarà palestinese, dal fiume al mare. Gli israeliani sono in tutto il mondo, se vogliono restare possono restare, ma sotto la bandiera palestinese.
Se Balfour voleva dare una terra agli israeliani, avrebbe potuto offrire Londra. Se Trump vorrà fare lo stesso, dia Washington!
Combatteremo finché non saremo tutti e tutte libere, e le nostre donne saranno in prima linea: sono la chiave per la nostra libertà. La vera libertà, non quella degli Stati Uniti. Ci auguro di vedere le donne palestinesi in prima linea e tutte le donne del mondo libere.