di Filippo Grendene
Che sarebbe stata una giornata diversa dal solito ce lo diceva un fatto minimo, apparentemente marginale, che non troverà spazio su alcuna prima pagina. V., una donna di Padova, senza alcuna militanza politica o sindacale negli ultimi anni, partendo da un’insofferenza e uno sdegno personali, sentendo l’importanza della giornata e volendo manifestare con i propri figli, si mette a cercare il presidio mattutino a Padova. Non trovandolo – la convergenza su Venezia era per tutti, ma forse non per i bimbi piccoli – ha trasmesso alla Questura un preavviso di manifestazione: picnic a Prato della Valle, persone stimate 30, trasmette il preavviso a titolo di “mamma”. Alla fine 500 persone si ritrovano lì, soprattutto ragazzi e ragazze delle superiori e bambini con i genitori; li ritroveremo nella manifestazione il pomeriggio.



Un po’ in tutto il Veneto, negli ultimi mesi e soprattutto nelle ultime settimane, sono nati comitati, collettivi, presidi permanenti contro il genocidio, per la Palestina. E sono nati dove meno te lo aspetti, fuori dai capoluoghi di provincia, testimoni di un’indignazione che è diffusa capillarmente nella società e spesso, proprio dove c’è meno struttura politica, costruisce da sé le proprie forme. Ecco che a Castelfranco Veneto esiste un presidio permanente sulla Palestina; che il collettivo Karburo a Valdagno porta in piazza la solidarietà al popolo palestinese; che a Bassano del grappa nasce il Comitato per la Palestina; che nella bassa Padovana il Tavolo per la Palestina organizza la mobilitazione, con una costola impegnata all’interno della scuola.
Il 22 è stato lanciato come data di sciopero generale, a livello nazionale, da USB, a partire da un’assemblea pubblica con il CALP, il collettivo autonomo dei lavoratori portuali di Genova che pratica quotidianamente il boicottaggio del commercio d’armamento. Alla data hanno aderito altri sindacati di base, ADL e CUB in primis. In risposta alla richiesta di fermare la logistica delle armi in Italia, il porto di Venezia è stato fin da subito l’obbiettivo principale in regione. L’ampia attivazione degli ultimi mesi, però, ha fatto sì che quella di stamattina, 22 settembre, non sia stata l’unica manifestazione.
A Verona domenica 21 2000 persone sono scese in strada in borgo Venezia, scelta eccentrica rispetto al centro, anche politico, della città. Un corteo colorato e determinato. La dinamica per cui i numeri hanno in parte stupito gli organizzatori, tipica delle ultime giornate, si è verificata anche qui.


A Rovigo davanti a due sedi dell’Istituto De Amicis un presidio di docenti e studenti molto rumoroso srotola uno striscione dalla scuola e inventa un clacson per Gaza, chiedendo agli automobilisti di partecipare suonando. Rispondono in tanti.


Bassano del Grappa nel giorno di sciopero generale ha visto due importanti manifestazioni. Al mattino la prima, rivolta al mondo della scuola e degli studenti. Appuntamento al centro studi dove si sono trovati studenti e professori degli istituti, lavoratrici e lavoratori in sciopero, famiglie con bambini, pensionati.
Il corteo di 1.200 persone ha sfilato per le strade cittadine interrompendo il traffico di viale De Gasperi, Piazzale Cadorna (con il flusso del ponte della Vittoria) e l’importante snodo di via Salita Brocchi per poi giungere in piazza Libertà.
Il secondo appuntamento previsto per la sera si è svolto in piazza Libertà. Anche qui grande la partecipazione, con circa 1.000 presenze in piazza. Numerosi gli interventi al microfono del comitato Bassano per la Palestina che ha organizzato la giornata di mobilitazione e che da agosto ogni settimana manifesta in piazza per la Palestina.



Marghera è stata, oggi, il centro della nostra regione. Come da un anno denunciamo (vedi qui e qui), il porto è uno snodo logistico fondamentale per il trasporto di materiale bellico verso Israele. I numeri del corteo che ne hanno decretato il blocco, fra le 15 e le 20000 persone, illustrano come questa consapevolezza sia entrata nella coscienza collettiva. Ogni settimana navi dirette in Israele fanno tappa a Venezia, caricano, scaricano, trasbordano; spesso i materiali semplicemente transitano, nell’indifferenza delle autorità dello Stato. Oggi migliaia di lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse ne hanno decretato il blocco, durato sei ore, fermando centinaia di camion e di container imbarcati su rotaia, finché la polizia non ha deciso lo sgombero del corteo con gli idranti.

Infine a Padova, la sera, un grande, ancora una volta stupefacente corteo di migliaia e migliaia di persone ha dato la possibilità a chi si riconosce nella solidarietà per la Palestina di manifestare il proprio disgusto nei confronti delle politiche razziste e colonialiste di Israele, e nei confronti dell’appoggio incondizionato dato dal nostro governo alle scelte di Netanyahu. Con tanto di fuochi d’artificio.


Per provare a impostare un ragionamento a caldo, abbiamo chiesto a Emanuele Caon di USB – ma anche collaboratore di Seizethetime – un commento. “Quella di oggi è stata una giornata di sciopero generale. Vera, reale, nei numeri e nella composizione. Lo sciopero generale negli ultimi anni non è stato uno strumento particolarmente efficace, ha avuto dei riscontri non sempre positivi. In particolare quando si tratta di uno sciopero politico; però questa volta il risultato era nell’aria. Questa volta si è colta una spinta che c’era a livello popolare, cui altri grandi sindacati non hanno voluto dare risposta. USB, assieme agli altri sindacati di base che hanno scioperato, e ai soggetti politici che si sono mossi, ci ha creduto, e a ragione.
Sappiamo bene che in piazza non erano tutti iscritti USB. Siamo però ben coscienti di aver aperto oggi, in Italia, uno spazio politico. Mossa che non si può fare se non si è organizzazione nazionale. Questo spazio politico è stato abitato: chi ha scioperato oggi senza la tessera di USB in tasca ha trovato in USB uno strumento utile, anzi necessario.
Infine: oggi è stata una giornata importantissima ma non sorprendente: è giorni che siamo sommersi di chiamate, molti che non avevano mai scioperato, che non avevano idea di come si scioperi. Posto che oggi non è stata solo una rappresentazione ma si è misurato un conflitto rilevante, c’è tanto da fare. Per l’organizzazione dei lavoratori in Italia, per cambiare la politica del nostro paese, per la Palestina”.
Si è detto con chiarezza che Palestina oggi significa come prima cosa solidarietà e pressione sul governo perché muti radicalmente posizione ed elimini qualsiasi patto con Israele; ma significa anche, subito dopo, contrastare economia di guerra, stretta sui diritti, profitti per i grandi produttori di armi.
Oggi in piazza c’è stato qualcosa di nuovo. Oggi mancava inoltre tutto ciò che in Italia è considerato di sinistra istituzionale. Mancavano tutti i partiti che siedono in parlamento, c’era Potere al Popolo. Neanche una piccola bandiera del PD. Mancava la CGIL, c’erano molti suoi iscritti, c’erano USB e ADL. C’erano quelli che hanno fatto oggi il loro primo sciopero, sciopero politico. Mancavano invece gli assessori, i consiglieri; i sindaci: perché non abbiamo trovato i sindaci con la fascia tricolore in manifestazione? Perché non ne abbiamo sentito la voce ai microfoni?
Chiudiamo da dove abbiamo iniziato: la signora V. . Chiedeva, prima di inoltrare il preavviso in questura: “Perché il sindaco non indice una manifestazione per chi vuole restare a Padova?”. Potrebbe sembrare ingenuità, ma oggi stiamo dalla parte degli ingenui: perché i Comuni non ha lanciato un presidio oggi? Perché nessuna istituzione si è schierata oggi? Perché non erano al nostro fianco? In quali distinguo su questo ma anche quello, i bambini ma anche gli ostaggi, le bombe ma l’islam, sono rimasti impigliate le loro coscienze e i loro ragionamenti? In quali distinguo si sono incagliati coscienze e ragionamenti di troppi? Oggi la parola è nostra, ed è una sola. Stop al genocidio, libertà per il popolo palestinese, Palestina libera dal fiume al mare.