Il ruolo del porto veneziano nella logistica delle armi dirette a Israele
di Antonio Sciuto
L’articolo è il frutto di un lavoro di inchiesta di alcune e alcuni militanti di Potere al Popolo!, ne è emerso abbastanza per sostenere pubblicamente che a Porto Marghera attraccano navi sospettabili di trasportare materiale bellico diretto a Israele.
Da tre mesi a questa parte abbiamo notato un fatto abbastanza curioso: nel porto di Marghera attraccano regolarmente, con una cadenza settimanale, vascelli che vanno e vengono dai porti israeliani.
Ci chiediamo come mai nel porto di Venezia, in un periodo caratterizzato da un genocidio in corso a Gaza, ci sia questo considerevole traffico commerciale legato a Israele. Ancor di più, ci chiediamo, come mai arrivino continuamente imbarcazioni della Zim: la compagnia di stato israeliana.
Ma procediamo con ordine, e raccontiamo un po’ alla volta i risultati di oltre due mesi d’indagine su questo porto che, come attivisti antimilitaristi, abbiamo iniziato a osservare nell’ottica di quello che ci piace chiamare “controllo popolare”, cioè una pratica di monitoraggio e d’inchiesta diretta sui nostri territori.
Cos’è la Zim?
La Zim è la compagnia di trasporto marittimo di bandiera israeliana. Nata nel 1945 come iniziativa dell’Agenzia ebraica, Lega marittima israeliana e Histadrut (sindacato unico israeliano) sotto il nome di ZIM Palestine Navigation Company Ltd. Avviata come compagnia addetta al trasporto dei coloni sionisti in Palestina, subito dopo il conflitto inizierà ad espandersi prima verso le crociere e poi anche nella logistica, ritagliandosi un ruolo cospicuo nel commercio globale, fino a posizionarsi come la decima compagnia di navigazione al mondo.
Durante il conflitto del 1947 era l’unica compagnia abilitata a muoversi nelle acque controllate dagli israeliani trasportando cibo, fregate ed equipaggiamento militare. Pur avendo rafforzato la propria presenza sul mercato civile, non ha mai rinunciato al suo ruolo militare, servendo in ogni conflitto in cui è stato coinvolto Israele.
Nel 2004, dopo essere stata per lungo tempo una compagnia di stato, ha subito un processo di privatizzazione che ha portato alla sua acquisizione da parte della Israel Corporation, una holding controllata in maggioranza dal gruppo di proprietà della famiglia Ofer, una delle più importanti famiglie israeliane nel settore della navigazione. Ma nei fatti i legami e gli intrecci politici fanno della Zim una compagnia governativa, in cui la privatizzazione è lo strumento con cui inserirsi nel mercato e quotarsi in borsa.
Dopo il 7 ottobre la compagnia, con le proprie imbarcazioni e i propri servizi, si è messa a disposizione del governo israeliano per l’ attacco genocida a Gaza.
La Zim è stata già oggetto delle campagne BDS e degli attivisti pro Palestina, più in generale per via del suo ruolo fondamentale all’interno dell’occupazione. Nel 2014 fu al centro di una serie di manifestazioni nel porto di Oakland che riuscirono a rallentare le operazioni di carico e scarico nel porto americano.
Più di recente, il 14 novembre 2023, contro questa compagnia si sono mobilitate centinaia di persone al porto di Sidney, circondando la nave della Zim con moto d’acqua, canoe, gommoni e un corteo che ha attraversato le banchine del porto australiano. Sempre nel novembre del 2023 i portuali di USB Genova e Salerno sono andati a bloccare i varchi portuali delle proprie città, coinvolgendo anche gli altri sindacati di base e attivisti pro Palestina, per contestare la presenza della “Zim Asia”, un vascello israeliano proveniente da Barcellona e segnalato come carico di armi per Israele.
Cosa sappiamo?
Per quanto Marghera sia un porto importante, sicuramente subisce la concorrenza di attori molto più consolidati come Livorno e Genova, ma ha una posizione interessante soprattutto se si guarda alla rotta con Israele. La zona in cui insiste Marghera è facilmente raggiungibile in treno o in auto, utile tanto per chi viene dal Veneto e dalla Lombardia quanto a chi si sposta da Austria e Germania.
Dalle nostre rilevazioni risulta che le navi che partono dai porti israeliani e giungono a Marghera non impiegano più di un giorno per arrivare e si fermano per non più di un giorno, le operazioni di carico e scarico vanno abbastanza veloci e spesso sono inserite in una rotta che coinvolge anche Koper (Capodistria) e Ravenna.
Soltanto tra maggio e inizio giugno sono previste almeno 18 partenze da Marghera per Haifa e Ashdod (porto distante appena 30 km da Gaza).
Tra le navi che abbiamo individuato spiccano quelle targate Zim e in particolare la Zim New Zealand e la Zim Australia, entrambe abilitate al trasporto di merci pericolose di massimo livello (per esempio bombe).
La Zim non è l’unica protagonista di questa rotta, si segnalano anche la MSC e la Lucy Bochard (gestita dalla famiglia triestina Cosulich), ma anche, con volume minore, la Grimaldi Lines con la Eurocargo Salerno, una Ro-ro (che quindi può trasportare anche veicoli).
La MSC è una compagnia con sede in Svizzera di proprietà dell’armatore campano Gianluigi Aponte, ed è leader mondiale del settore. Nel porto veneto la MSC non solo movimenta direttamente e indirettamente diverse navi che vanno verso Haifa e Ashdod, ma gestisce il Terminal Intermodale di Venezia(TIV) tramite la sua controllata Marinvest alla pari con la maltese Mariner.
Di recente MSC ha ottenuto dall’Autorità Portuale il rinnovo della concessione fino al 2050, assieme ad un finanziamento da 118 milioni di euro di fondi PNNR per l’ammodernamento delle strutture e con la promessa da parte di Aponte di aumentare i flussi commerciali nel porto veneto.
Lo scalo gestito da MSC è abilitato alla conservazione di merci pericolose e alle forniture militari, è risultato uno degli attracchi preferiti dalle navi che devono commerciare con Israele assieme a quello di proprietà della Vecon S.p.a. D’altro canto MSC e Zim sono alleate fino al 2025, quindi si dividono il mercato e si scambiano le navi a vicenda.
La Vecon S.p.a, è la società che gestisce un altro deposito nella stessa area di Venezia dove è possibile gestire merci pericolose, categoria in cui rientrano armi ed esplosivi in genere.
La Vecon a sua volta è parte di PSA un gruppo multinazionale di proprietà dell’Autorità Portuale di Singapore, che dagli anni Novanta del secolo scorso è entrata nel mercato iniziando ad acquistare terminal in tutto il mondo, facendo il suo ingresso nei porti italiani nel 1998.
PSA gestisce in Italia, oltre a Venezia, due terminal a Genova, di cui uno è anche l’unico da cui possono transitare merci pericolose.
(Fact-sheet della PSA Global che rende bene l’idea dei traffici commerciali che attraversano porto Marghera)
Come dicevamo in premessa, il nostro lavoro si è basato su dati in gran parte pubblici, e quindi è possibile verificare direttamente dai siti web di Vecon e Terminal Intermodale quante e quali navi transitano lungo la rotta israeliana.
I numeri sono alti e nei due terminal sopracitati si aspettano navi Zim ed MSC con una frequenza almeno settimanale, con dei ritmi sospetti, considerando i luoghi di attracco, i tipi di nave e lo scenario globale attuale.
Un altro elemento molto interessante è che molti dei vascelli diretti verso i porti israeliani sono di Categoria A, cioè possono trasportare qualsiasi tipo di merce pericolosa senza limiti tecnici, altra questione sono i limiti giuridici di cui parleremo più avanti.
La rotta che abbiamo monitorato, serve in maniera diretta i porti di Haifa e Ashdod con dei tempi di percorrenza rapidi e quindi vantaggiosi da un punto di vista economico.
Che fare?
Come anche sostenuto da Carlo Tombola di Weaponwatch, studioso del fenomeno e attivista anti-militarista nel suo contributo apparso su Le Catene dell’impunità (Red Star press): “Le rotte logistiche militari per Israele e le IDF non passano per il Mar Rosso, bensì per il Mediterraneo e l’Adriatico”.
Il problema etico e politico di commerciare con un governo il cui primo ministro è in stato di accusa e rischia di ricevere un mandato di arresto internazionale perché è riconosciuto, persino nei tribunali internazionali, come criminale di guerra si pone in ogni caso (l’embargo è una soluzione auspicabile).
Ancora più grave e legittimo è il sospetto che il nostro porto possa essere utilizzato anche solo come luogo di transito per vascelli carichi di armi. Non vogliamo che i nostri territori vengano militarizzati, li vogliamo liberi e puliti, al servizio di una società più giusta e pacifica.
L’Autorità Portuale dovrebbe quantomeno verificare che queste navi che passano dal porto su cui ha giurisdizione non stiano commerciando illegalmente armi verso un’esercito accusato di genocidio, fatto rilevante anche per la legge italiana in quanto la l. 185/90 vieta espressamente il commercio verso paesi che si trovino in contrasto con i nostri principi costituzionali e obblighi internazionali.
L’Autorità Portuale non può astenersi nel momento in cui la destinazione di queste navi sono luoghi in cui si sta perpetrando uno sterminio di tale misura. Molte merci della filiera militare, tra l’altro, possono confondersi tra i container utilizzati per le merci civili, e gli stessi armatori del settore non si fanno molti scrupoli a portare nello stesso scafo avocado ed esplosivi.
Le istituzioni non possono semplicemente stare a guardare; controllare queste navi è un dovere nei giorni in cui si intensificano i bombardamenti a Rafah, e in cui le truppe israeliane stanno cercando di portare a termine il loro progetto coloniale con l’espulsione dei palestinesi dall’ultimo lembo di terra da cui resistono.