STW è una rubrica che, a cadenza regolare, riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica si riferisce al periodo dal 9 al 14 ottobre 2023. Buona lettura!
Natura matrigna o responsabilità umane?
Il 9 ottobre si è celebrato il ricordo della tragedia del Vajont del 1963: un pezzo del monte Toc cade nella diga del Vajont provocando un’onda che cancella interi paesi fra il Friuli e il Veneto, spegnendo circa 2000 vite. Una tragedia evitabile, frutto di errori umani e non attribuibile alle responsabilità di una natura matrigna. Marco Paolini ha proposto per la commemorazione «un’azione corale di teatro civile» intitolata VajontS 23: una performance diffusa in 350 teatri durante la quale al racconto dei fatti del Vajont si intrecciano altre, plurime storie di abuso ambientale. Un coro di voci che aspira a una catarsi, nel senso veneto del termine: un ritrovarsi insieme per «rimettere i cittadini […] in una presenza attiva di quella che noi chiamiamo prevenzione civile». La presa di coscienza civile dovrebbe avere come interlocutore la politica, alcuni la chiamerebbero “controllo popolare”. E cosa fa la politica di fronte al dissesto idrogeologico e al palpabile riscaldamento globale che ci fa rimpiangere, e non solo per questioni poetiche, l’autunno? Cosa fanno i responsabili? In Veneto è registrata una impennata dei reati ambientali (+ 28,7%), come denuncia Legambiente nel rapporto Ecomafia 2023. Il numero maggiore dei reati riguarda la cementificazione, seguono il ciclo dei rifiuti e i reati contro la fauna. Legambiente propone azioni di sensibilizzazione a partire dalle scuole. Nel frattempo, lontano dalle aule scolastiche, Amazon allunga l’ombra di un possibile maxipolo a Casale sul Sile (500.000 metri quadrati di capannone) e di un hub logistico di 230.000 metri quadrati a Roncade: una colata di cemento di cui abbiamo parlato qui, che si prepara a soffocare il territorio grazie alla connivenza delle amministrazioni locali e della Regione. Sempre la Regione Veneto è accusata, nell’ambito del processo Miteni su inquinamento da Pfas, di non aver voluto effettuare un’indagine epidemiologica sulla popolazione richiesta nel 2018 dall’Istituto superiore di sanità, per verificare gli effetti dello sversamento dei Pfas negli acquedotti delle province di Vicenza, Verona e Padova. A Padova il Comitato “No quarta linea inceneritore” denuncia un bug nel rapporto del Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima (Paesc) che dovrebbe accompagnare la città verso un obiettivo carbon neutral entro il 2030: il dato sulle emissioni di Co2 prodotto dall’incenerimento dei rifiuti, infatti, risulterebbe falsato in quanto si considerano unicamente i rifiuti urbani, mentre l’impianto brucia il 56% dei rifiuti del Veneto e con la quarta linea arriverà a bruciarne il 65%. Il quantitativo di Co2, secondo il rapporto di Hestambiente, sarà di 189 mila tonnellate, al fronte delle circa 50.000 preventivate dal rapporto di monitoraggio. I conti non tornano.
Se volessimo infine un campione gustoso della risposta della politica regionale di fronte alle responsabilità del dissesto ambientale, non ci resterebbe che rileggere le parole illuminate del consigliere Stefano Valdegamberi, che si lamenta del Laudate Deum di papa Francesco perché «troppo ideologico» e «fuorviante per un cristiano»: infatti «è evidente l’aumento delle temperature negli ultimi anni, ma, come sostengono molti scienziati tra cui vari premi Nobel, non sono altrettanto evidenti le cause. Non credo sia compito della fede dire chi ha ragione e chi ha torto. Si rischia di tornare al medioevo e di trasformare la scienza in ideologia, che poi verrebbe usata per condizionare i comportamenti dei cittadini, sempre più spaventati, divisi e deboli». Delizioso: dio-patria-famiglia MA neutralità della scienza. Infine: nessun responsabile, andrà tutto bene, se continuiamo a speculare.
La casa è ancora un grande problema
Non basta un’estate a cancellare i problemi e quello della casa è un problema grande, in particolare a Padova. Sono ripresi, a partire da questa mattina, i presidi dei comitati inquilini delle case ATER. L’azienda che gestisce le case popolari, dopo un anno di denunce sulle spese condominiali insostenibili e sulle ristrutturazioni, risponde minacciando di sfratto tutti gli inquilini morosi. Come a dire: se le condominiali sono superiori alle tue forze non è un problema mio, te ne devi andare. Dove non si sa.
Anche gli studenti hanno ripiantato le loro tende di fronte al Bo, sede dell’Università di Padova, per denunciare l’insufficienza di alloggi universitari e la speculazione rampante nel mercato privato degli affitti. A tutta risposta i giornali pubblicano a scadenza quasi quotidiana notizie su nuovi progetti di studentato: «Uno studentato da 230 posti letto nel complesso dell’ex Alleanza», titola il Mattino del 12 ottobre; e il giorno seguente: «Nuovo studentato in via Sarpi davanti al parco delle mura». Non si tratta di spirito civile: imprenditori e aziende hanno fiutato il business legato ai numeri di fuorisede e studenti internazionali iscritti all’università di Padova, alcuni dei quali, al momento, sono costretti a vivere negli hotel di Abano per insufficienza di posti letto in città. Sono almeno 9 i progetti di nuovi studentati, tutti privati. Ma non è questa la risposta attesa dagli studenti che chiedono un servizio pubblico e a prezzo calmierato, di modo che smettano di lievitare anche i prezzi degli appartamenti privati, a beneficio di tutti e non solo della popolazione studentesca.
L’università, l’Esu e il Comune restano inerti e arrancano dietro ai ritmi del mercato e delle agenzie private che si offrono a vario titolo come mediatori nella risoluzione della questione.
Nel frattempo, anche grazie alla mobilitazione studentesca dello scorso anno accademico, la Regione stanzia 2,5 milioni di euro per coprire le borse di studio degli idonei non beneficiari, promettendo inoltre di destinare parte di questo gruzzolo alla residenzialità universitaria. Staremo a vedere.
Regione malata
Non si parla qui della nuova ondata di Covid o della corsa ai vaccini anti-influenzali. Sotto i riflettori è lo stato di salute del settore sanità in Veneto. Per non sforare il tetto di spesa decretato dal patto di stabilità dell’anno corrente, infatti, la Regione ha bloccato le assunzioni di medici e infermieri proprio nel momento in cui il settore lamenta un preoccupante sotto-organico e i ritmi insostenibili di lavoro. La conseguenza indiretta di questa perdurante condizione di stress lavorativo è lo sciamare di un numero sempre maggiore di professionisti, fra medici e infermieri, verso il privato, dove risultano migliori tanto le retribuzioni quanto gli orari lavorativi. Il tutto a scapito di chi la sanità privata non può permettersela. La Cgil denuncia questa situazione consegnando a palazzo Balbi 10.000 firme raccolte fra i lavoratori e le lavoratrici delle aziende sanitarie per chiedere un piano straordinario di reclutamento.
Purtroppo non è solo una guerra delle bandiere
Nel panorama ignobile dell’informazione riguardo al conflitto in corso fra Israele e Palestina, anche la stampa locale è riuscita a distinguersi. I militanti del Catai e di Potere al popolo Padova hanno srotolato un’enorme bandiera dal balcone del Liviano, sede della facoltà di Lettere e Filosofia, per manifestare la propria solidarietà nei confronti del popolo palestinese e per ricordare all’opinione pubblica i 75 anni di apartheid in cui vivono i palestinesi a Gaza, sottoposti a quotidiane forme di violenza e sopraffazione. Dall’altra parte Fratelli d’Italia e la Lega (partiti politici con un curriculum di posizioni razziste non indifferente) chiedono a palazzo Moroni di esporre la bandiera di Israele, denunciando i razzi di Hamas su Israele come atto terroristico e barbaro e accusando la sinistra di essere ideologica e addirittura antisemita. La stampa inalbera immediatamente l’invenzione mediatica di una guerra fra bandiere, mentre il Pd, nella sua rigorosa equidistanza, prepara una mozione di condanna di Hamas e di richiesta di cessate il fuoco e corridoi umanitari per la striscia di Gaza da discutere il 23 ottobre. Sarà verosimilmente troppo tardi, visto l’ultimatum di evacuazione (impossibile) che il governo di Israele avrebbe dato ai palestinesi di Gaza prima dell’annunciata operazione militare di questo pomeriggio. Si moltiplicano nel frattempo le iniziative a sostegno del popolo palestinese e al suo diritto all’autodeterminazione: a Venezia 400 persone circa hanno dato supporto a un presidio organizzato dalla comunità palestinese nella serata di giovedì; in alcune scuole, come al Selvatico di Padova, uno striscione calato dalle finestre ricorda a Valditara chi fossero i veri antisemiti e per cosa si batte chi chiede oggi la libertà della Palestina. Tante altre iniziative sono in programma per la settimana a venire, contro intimidazioni di ministri e forze dell’ordine che presidiano le città.