Ritorna la nostra rubrica alla scoperta dello sport popolare diffuso e resistente nel Veneto. Stavolta abbiamo chiesto allə Criminal Bullets di raccontarci che cosa sia il Roller Derby e cosa significhi far parte di questa comunità, inclusiva, autorganizzata, antirazzista e antisessista. Lə ragazzə hanno deciso di utilizzare il femminile sovraesteso e la schwa perché, come poi diranno nel corso dell’intervista, l’inclusione è un aspetto centrale nel Roller Derby e anche il linguaggio ne è strumento.
Il Roller Derby è uno sport di contatto che si pratica su pattini quad in cui due squadre si sfidano su una pista ellittica chiamata track, in una gara di velocità, tecnica e strategia. Una partita dura un’ora suddivisa in due tempi da 30 minuti ciascuno. Ciascun tempo è suddiviso in jam che durano al massimo due minuti. All’inizio di ogni jam entrano in campo le due squadre, ciascuna formata da 4 blockers e una jammer. Lə jammers, che si distinguono dalla stella sul casco, partono dietro la linea di inizio (jammer line) e il loro obiettivo è quello di fare più punti possibili superando le avversarie. Ogni avversariə che viene regolarmente superatə, a partire dal secondo giro di pista, è un punto e vince la squadra che alla fine dei due tempi ha più punti. Le regole di gioco, a tutela dellə skaters, sono molte. Non ci si può colpire “a caso”, ad esempio gomitate, sgambetti e testate sono vietate. Essendo uno sport di contatto praticato su ruote, per forza di cose dobbiamo essere ben protettə. La dotazione obbligatoria per poter giocare consiste in caschi, paradenti, gomitiere, polsiere e ginocchiere. È uno sport veloce e per questo una parte della crew di arbitri pattina e segue il gioco (referee – REF), l’altra parte segna i punti, le penalità, ecc.. (Non-Skating Official – NSO). Le penalità sono i falli, dovuti ad esempio a colpi in zone di contatto illegali o a irregolarità nel gioco. Se unə skater fa un fallo deve uscire dal gioco per 30 secondi, sembrano pochi ma giocare senza una persona per tutto quel tempo influisce molto nel gioco. Chi raggiunge 7 falli viene espulsə dalla partita.
La Lega Italiana Roller Derby (LIRD) fa parte da qualche anno della Federazione Italiana Sport Rotellistici (FIRS).
Nasce come sport prevalentemente femminile ed è regolato a livello mondiale dalla WFTDA (Women’s Flat Track Derby Association). In Italia è stata istituita la Lega Italia Roller Derby (LIRD) di cui fanno parte le attuali 12 squadre italiane e ha come obiettivi principali la promozione e lo sviluppo del Roller Derby in Italia. Nel 2020 il Roller Derby entra ufficialmente a far parte di FISR – Federazione Italiana Sport Rotellistici. In Italia è attualmente in corso il 3° Campionato Nazionale di Roller Derby a cui stanno partecipando 8 squadre. Il primo anno siamo arrivate ultime, lo scorso penultime, questo chissà… Potete però venire a scoprirlo il 25 e 26 maggio, perché proprio a Padova si terranno le giornate finali del campionato presso la palestra Aldo Travain al parco Brentelle!
Potete presentarvi a chi ci legge?
Le Criminal Bullets sono l’unica squadra di Roller Derby presente in questo momento sul territorio padovano. Siamo nate nel 2016, sulle ceneri di una squadra precedente che si era però sciolta dopo poco. Il tutto è ripartito grazie alla tenacia di poche ragazze, che si sono trovate a fare il primo allenamento nel cortile della parrocchia di Altichiero (PD). L’unico vincolo che aveva dato il parroco era quello di non bestemmiare, ma si sa che chi sta imparando a pattinare fa spesso incontri ravvicinati con il pavimento… Era quindi necessario trovare uno spazio diverso fin da subito. C’è stata una grande ricerca di palestre e luoghi più ufficiali, ma per molto tempo il terreno di allenamento è stato l’asfalto di Prato della Valle o quello dei parcheggi di qualche supermercato. Il fatto di diventare ufficialmente una ASD nel 2020 ha migliorato leggermente la situazione, nonostante la successiva pandemia mondiale…
Ad oggi la squadra conta quasi 20 giocatrici con diversi livelli di gioco, da chi è advanced alle giovani leve, lə fresh. Ogni anno organizziamo delle giornate, in termini derby chiamate Fresh meat, in cui spieghiamo in cosa consiste il Roller Derby, facciamo provare alcuni esercizi sui pattini e poi una prova di gioco, senza pattini, chiamata Derby Socks.
I derby name, sono una sorta di battesimo, sarà il tuo nome sul track, stampato sulla divisa e sul roster delle partite, ma sarà anche il nome con cui tutto il mondo derby ti conoscerà! Molto spesso sono giochi di parole, riprendono i soprannomi o band/frasi/canzoni famose associati a termini del nostro sport o che rispecchiano passioni di quella persona: alcuni esempi dalla nostra squadra sono “Jay from the Block”, “Terrynator”, “J. S. Fletcher”, “Robin Hulk”, “Mati Sposti”, …ma anche altri come “Shref” (uno dei più famosi ref/arbitro europeo), “Iren Maiden”, “Sailor Violenza”, “Papilloma Digos”… potremmo elencarli tutti! Il derby name aiuta a portare un pezzettino di sé sul track, ma non vivendo a compartimenti stagni, anche quello che si vive durante il gioco influenza la vita di tutti i giorni e magari fa scoprire lati del proprio carattere e della propria personalità poco esplorati.
Parlando della vostra squadra, uno degli elementi principali sembra essere l’autogestione, vi andrebbe di approfondire quest’aspetto?
L’autogestione è un aspetto cardine della nostra squadra e del Roller Derby in generale. Questo implica che non ci siano una struttura verticale e dei ruoli fissi. Le responsabilità sono condivise e ognunə è invitatə a portare il proprio contributo nella squadra, assumendosi compiti secondo le proprie caratteristiche personali, competenze ed interessi. Così noi abbiamo formato dei “gruppi di lavoro” a seconda delle diverse necessità e aree tematiche che devono essere alimentate per continuare a far vivere e crescere la squadra. Ogni criminal può decidere a quale gruppo partecipare, seguendo le attività che più gradisce o per le quali è più espertə (magari perchè simili al proprio lavoro). Ad esempio, non c’è la figura fissa ed esterna di unə coach, ma alcune skaters della squadra si sono proposte per gestire gli allenamenti, suddividendosi i compiti tra il momento del riscaldamento, delle tecniche di pattinaggio e delle strategie di gioco. Questo è un aspetto a cui teniamo molto perché, da un lato, permette a ciascuna di avere la possibilità di sperimentarsi anche in ruoli diversi e, al tempo stesso, permette di non creare relazioni gerarchiche tra chi allena e chi gioca, dall’altro richiede a chi si prende in carico questi aspetti un grande investimento di tempo ed energia per conciliare l’allenare sé stessa e le compagne. Durante l’anno ci ritagliamo lo spazio per discutere insieme dell’andamento dei gruppi di lavoro, della divisione dei compiti e dei ruoli, e degli obiettivi della squadra. Ci teniamo a sottolineare che l’autogestione non è una peculiarità della nostra squadra, ma riguarda tutta la comunità del Roller Derby. Collaborazione, solidarietà e sorellanza tra le squadre sono elementi essenziali del Roller Derby, riassunti con il motto “For skaters by skaters”.
Anche il campionato italiano, infatti, è il risultato di un’auto-organizzazione nazionale che coinvolge le giocatrici di tutte le squadre, ma non solo. Attorno ad ogni partita gravitano diverse persone, con diversi ruoli, con e senza pattini. Oltre agli arbitri sui pattini – i Referees – (che sono SETTE!), sono necessarie anche altrettante figure di arbitraggio senza pattini – Non Skaters Officials, NSO – che aiutano a tenere i punti, il tempo di gioco, le penalità e molto altro e che spesso vengono ricoperte dallə skaters che non sono impegnatə nella partita. Altre preziosissime persone si occupano di prendere accordi con il palazzetto che ospiterà le partite, chiamare il personale sanitario con l’ambulanza che sarà presente durante la giornata in caso di necessità, gestire le riprese per lo streaming delle partite, fornire un punto di ristoro con cibo e bevande e queste sono solo le prime cose che ci vengono in mente. Le attività “nascoste” in ogni giornata di campionato sono davvero tante! Senza dimenticare i nostri amati tifosi che tengono alto il morale di chi sta sudando e si sta scontrando sul track, i BULLIGANS! In questo senso, intorno al Roller Derby esiste e sta crescendo una dimensione comunitaria che abbraccia molte altre persone oltre allə skaters. Chi è presente durante le partite senza indossare pattini e protezioni non è solo spettatrice o spettatore ma sta facendo parte attivamente della giornata e della comunità. Quest’anno a giugno, si svolgerà il primo raduno italiano di Roller Derby (RODEI) in cui discuteremo insieme su come far crescere la comunità, non solo a livello sportivo, ma anche rispetto a tutti i temi che attraversano trasversalmente il nostro sport, come l’inclusione, l’attivismo, il legame con le realtà sociali, le questioni di genere e la collaborazione nell’ambito dell’autogestione.
Si potrebbe dire che il Roller Derby sia uno sport femminile e soprattutto femminista?
Il principio dell’inclusività è base fondante non solo della nostra lega ma del Roller Derby stesso. Lo si ritrova nel regolamento della WFTDA (Women’s Flat Track Derby Association), associazione che si è dotata di un Toolkit in continuo aggiornamento per costruire e condividere con tutte le leghe del mondo strumenti operativi per lavorare concretamente al proprio interno al fine di decostruire stereotipi e qualsiasi forma di discriminazione o violenza.
Questo codice di valori è intrinseco al Roller Derby, una sorta di lingua comune per la comunità di Roller Derby internazionale. Infatti, il regolamento italiano della FISR calca quello della WFTDA. Per questo motivo, qualsiasi persona facente parte della comunità di Roller Derby che si dovesse trasferire, momentaneamente o definitivamente, sa che se nella nuova meta è presente una squadra, troverà un posto sicuro, inclusivo e accogliente. In altre parole, come ha detto una nostra compagna di squadra: dove c’è Roller Derby c’è casa.
Nel regolamento nazionale è stato incluso uno specifico Regolamento di genere, risultato del lavoro congiunto di tutte le leghe che lo hanno scritto in modo condiviso negli anni scorsi, arrivando a una riflessione comune su come praticare un approccio inclusivo in un panorama di sport codificati che si basano solo su un approccio binario: “Il Roller Derby considera l’identità di genere un aspetto privato e personale di ogni individuo, indipendentemente dal fatto che corrisponda o meno al genere assegnato alla nascita. È riconosciuta a ciascuno la libertà di definire il proprio genere e né la commissione Roller Derby né la lega di appartenenza hanno il diritto di interferire. A ogni individuo è lasciata la libera scelta di giocare con la squadra che corrisponde all’identità di genere più vicina a quella con cui la persona si identifica. Tale informazione viene considerata informazione privata e confidenziale.”
Questo implica anche che “Non [è] tollerata nessuna forma di sessismo, razzismo, transfobia o omofobia ed è altresì vietata ogni forma di violenza fisica o verbale.” Tutte le leghe si impegnano a “combattere gli effetti della discriminazione nella nostra comunità e nei nostri eventi, competitivi e non.”
Si tratta, insomma, di praticare questo sistema di valori: non solo da parte dellə skaters, poiché è l’intera comunità del Roller Derby ad essere invitata ad abbracciare e rispettare questi principi: “Le leghe affiliate, gli atleti, lo staff tecnico, i funzionari, i volontari, e tutti i partecipanti a eventi di Roller Derby FISR devono conoscere e seguire queste indicazioni, in quanto costituiscono una misura protettiva all’interno delle nostre comunità.”
Al momento in Italia le squadre sono prevalentemente femminili.
Noi Criminal Bullets indossiamo i colori fucsia e nero per richiamare i valori dell’anarco-femminismo. Ci impegniamo a creare un ambiente femminista inclusivo, antirazzista, antisessista e contrario a ogni altra forma di discriminazione. Quando organizziamo i fresh meat, oltre a cercare di spiegare sinteticamente (mica facile) le regole di questo sport complicato, diamo spazio a questi aspetti. Ad esempio, ci presentiamo e chiediamo di presentarsi senza dare per scontati i pronomi di ciascunə nuovə interessatə e poi esponiamo chiaramente i principi che guidano il nostro sport e che devono essere rispettati. Per noi il femminismo si traduce anche in una serie di modalità di relazione all’interno della squadra. Si cerca di prendersi cura del vissuto e di eventuali disagi dellə compagnə di squadra; i conflitti vengono gestiti attraverso il dialogo e la comunicazione non violenta; le decisioni vengono prese e discusse in modo corale, considerando i punti di vista di tuttə. Chiaramente, non sono tutti aspetti sempre semplici da gestire o per cui abbiamo sempre la giusta chiave. Per questo, ci ritagliamo degli spazi durante le riunioni o a fine allentamento per interrogarci su come gestire le situazioni che di volta in volta ci troviamo ad affrontare; partecipiamo a dibattiti con altre realtà per condividere i vissuti, le idee e le opinioni; ci lasciamo libere di mettere in discussione le nostre azioni e di chiederci come potremmo fare meglio, come potremmo essere più inclusive e femministe. Gli sport di squadra racchiudono inevitabilmente una serie di dinamiche di gruppo e relazioni interpersonali, poterle vivere e gestire in chiave femminista rappresenta un arricchimento che va ben oltre la performance sportiva. In questo senso lo sport può essere uno spazio di formazione personale e politica che esce dal campo di gioco.
Uno dei temi caldi del transfemminismo è quello del corpo e del rapporto che noi tuttə abbiamo con esso. Vi va di parlarci un po’ di questo aspetto?
Un focus importante del Roller Derby è il rispetto, verso di sé e verso le compagne.
Verso di sé perché prima di iniziare a giocare in partite ufficiali serve tanto tempo, anche per chi sa già pattinare. Bisogna avere consapevolezza del proprio corpo, di quello che si può e si sa fare, ma anche dei propri limiti. C’è poi il passaggio successivo, giocare con altre persone e quindi bisogna avere consapevolezza di sé nello spazio in relazione a chi gioca. E non è mica semplice!
Ogni corpo è forza, ha potenzialità e occupa uno spazio. Lo spazio è un concetto che nel Roller Derby ha un significato forte e pratico, che viene difeso con il proprio corpo. Anche pochi centimetri possono costare un fallo o far guadagnare un punto.
Una differenza importante con altri sport è che tutti i corpi sono i benvenuti, non ci sono discriminazioni o standard fisici che in alcuni sport fanno da dogma, come l’essere altə, o l’essere piccolə e snellə. Tuttə possono contribuire al gioco di squadra e ciascunə lo fa a partire da sé (a proposito di approccio femminista), in modi diversi, in base alle proprie prerogative e con la reciproca consapevolezza che ogni corpo è unico e quella unicità è spesso un valore aggiunto per tutta la squadra. Non ci sono ruoli definiti a priori, è un mix tra desideri personali e necessità della squadra. È quindi un’occasione per conoscere e riscoprire il proprio corpo, senza la pressione di modificarlo per tendere a un ideale, ma piuttosto imparando ad aggiustare la pattinata e le strategie a seconda di quello che al proprio corpo viene meglio. In altre parole, non è il corpo che si modifica per adattarsi a un ruolo, ma è il ruolo che si adatta al corpo. Come ci diciamo spesso, non c’è una tecnica perfetta di pattinaggio o nel dare colpi, ma ognunə deve capire cosa funziona meglio per sé.
Nel Roller Derby il corpo si riappropria di un valore slegato dall’estetica e dall’oggettificazione, come, al contrario, spesso purtroppo accade in altri sport.
Infine, al termine di questa intervista, vi vorrei chiedere che cosa sia per voi lo sport popolare?
Un po’ abbiamo già risposto nelle domande precedenti. Pensando però anche alla storia delle Criminal Bullets, forse possiamo aggiungere che per popolare intendiamo che la pratica di questo sport non è finalizzata soltanto a un’idea di vittoria e di successo. Si gioca per dare insieme il meglio, per mettere a frutto tutto il lavoro svolto negli allenamenti, per capire quali sono i nostri punti forti e quelli su cui migliorare. Ovvio che quando vinciamo siamo felici, ma la cosa importante è giocare al meglio delle nostre possibilità.
La pratica di questo sport va quindi ben oltre alla performance atletica, ci fa lavorare sulle relazioni, sul gruppo, sulle comunità, intessendo legami basati sugli ideali che sono alla base di questo sport che tanto amiamo. Una grande sfida su cui siamo impegnate è rendere questo sport più accessibile anche economicamente, visto che già le attrezzature costano molto: cerchiamo sempre di fare una stima quote palestre e le suddividiamo tra chi è attivo, ma sempre con l’attenzione a che questo non porti all’esclusione di nessunə; realizziamo eventi di autofinanziamento e promozione, come la ormai famosissima Festa della Madonna dell’8 dicembre, momento che condividiamo con altre realtà dello sport popolare come le squadre femminili e femministe del Quadrato Meticcio, della San Precario e della Palestra Galeano.
Le squadre vivono di donazioni o partecipano a bandi per l’organizzazione degli eventi e spesso ci si organizza con materiale di merchandising (magliette, spille, poster e vari gadget) per sostenere le spese.
C’è spazio per tutte le persone, per chi non sa pattinare ma ha voglia di mettersi in gioco, per chi mette a disposizione le sue più disparate competenze (grafica, social media manager, ecc..) e per chi ci supporta con striscioni e cori personalizzati. Ad oggi possiamo vantarci di avere l’unica curva di tifoseria, se avete voglia cercate su Telegram BULLIGANS e unitevi alla community.
La foto di copertina è stata scattata da Alessia Izzo e Cosimo Duranti e mostra il momento in cui la jammer supera le blockers.