di Sabine Abusaada
La Cisgiordania vive da decenni sotto occupazione militare israeliana: posti di blocco, insediamenti coloniali, arresti arbitrari e violenze dei coloni fanno parte della realtà quotidiana di milioni di palestinesi. In questa geografia frammentata, molti villaggi sono isolati, circondati da basi militari o colonie, continuamente sorvegliati e sottoposti a restrizioni di movimento e a demolizioni sistematiche delle infrastrutture sociali.
Tra le colline della Cisgiordania, a sud di Nablus, sorge Burin. È uno dei luoghi in cui l’occupazione mostra il suo volto più brutale. Circondato da quattro insediamenti israeliani e costantemente minacciato, Burin subisce incursioni notturne dell’esercito e attacchi da parte dei coloni, che prendono di mira ulivi e bestiame, scuole e abitazioni private. Nonostante tutto, Burin continua a resistere e ad auto-organizzarsi. In questo contesto, ogni atto della vita quotidiana assume un significato politico: coltivare gli ulivi e la terra, organizzare attività collettive e mantenere saldo il tessuto sociale diventano forme dirette di resistenza all’occupazione israeliana.
Negli ultimi anni, gli abitanti di Burin hanno dato vita a diverse iniziative collettive volte a mantenere viva la loro comunità e ad affermare il proprio diritto all’autodeterminazione. Tra queste, una cooperativa agricola con oltre venti partecipanti si impegna giornalmente per sostenere la sovranità alimentare, difendere la terra dagli attacchi, dagli espropri e dello sfruttamento capitalistico. Come ha detto una delle fondatrici: «O restiamo a piangere, oppure facciamo qualcosa per la nostra realtà, la realtà che vogliamo, non quella già decisa dall’occupazione.»
Rifiutando i modelli orientati al profitto eponendo al centro la responsabilità comunitaria e il diritto collettivo di produrre e controllare il proprio raccolto, attraverso questa iniziativa si afferma il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e si costruisce un esempio concreto di resistenza basato sulla solidarietà e sulla cura della terra. Questo impegno va oltre il solo lavoro agricolo, costruendo anche iniziative comunitarie che rafforzano la vita collettiva e alimentano lo spirito di mutuo sostegno. Un’altra delle iniziative organizzate dalla comunità è il Kite Festival di Burin, che si tiene ogni estate nel villaggio. Centinaia di bambini riempiono il cielo di aquiloni con i colori della bandiera palestinese e simboli del movimento di resistenza. Un gesto che trasforma l’orizzonte, spesso oscurato da droni, torri militari e colonie, in un simbolo di libertà.

Source: ISM
È un modo per riappropriarsi dello spazio e affermare che il cielo appartiene ancora a chi lo guarda, che l’immaginazione non può essere colonizzata. Il Kite Festival di Burin rappresenta, in questo senso, una lezione di pedagogia della resistenza. Mostra come le attività culturali ed educative possano rafforzare il senso di continuità e dignità della comunità anche sotto occupazione.
La Biblioteca Popolare di Burin
Dallo stesso spirito comunitario che sostiene altre iniziative locali nasce il progetto per la creazione della Biblioteca Popolare di Burin. L’obiettivo è semplice: creare uno spazio pubblico dove le persone possano studiare, leggere, incontrarsi e organizzarsi collettivamente. In un contesto di controllo militare e di espansione coloniale, dove l’accesso all’istruzione può essere limitato e la frammentazione delle strutture sociali rappresenta una strategia coloniale deliberata, la creazione di una biblioteca diventa un atto di autodeterminazione.
Come ha spiegato una delle compagne di Burin:
«Temono la conoscenza del popolo, la conoscenza dell’organizzazione e della costruzione comunitaria. Non si tratta solo di leggere, ma di creare uno spazio per pensare, per imparare come organizzarsi. Mira a insegnare le basi reali del lavoro comunitario alle nuove generazioni, come essere utili e connessi al proprio popolo.»
In Palestina, il controllo dei programmi scolastici, la censura dei materiali didattici e le restrizioni alle strutture educative sono strumenti centrali del dominio politico. L’istruzione viene privata del suo potenziale critico e liberatorio e trasformata in uno strumento di normalizzazione della condizione coloniale.
La Biblioteca Popolare di Burin intende contrastare questo processo offrendo uno spazio aperto di apprendimento e di scambio. Fornirà accesso gratuito a libri, risorse digitali e opportunità per laboratori, proiezioni e discussioni. Oltre alla sua funzione immediata, la biblioteca rappresenta un modello di educazione comunitaria e orientata alla liberazione.
Tali iniziative contestano direttamente la logica dell’occupazione, che si fonda sull’isolamento e sulla dipendenza. Affermano che la conoscenza appartiene a chi la produce e la condivide, non a chi la controlla. La biblioteca non è soltanto un progetto culturale: è l’affermazione di un diritto politico, il diritto di imparare, di pensare e di trasmettere conoscenza al di fuori del controllo coloniale.
Mentre l’occupazione cerca di frammentare il tessuto sociale, spezzare i legami tra le persone, isolare ogni comunità e limitare l’accesso alle risorse, la biblioteca invece costruisce comunità, favorisce lo scambio e la continuità. Trasforma la cultura e l’educazione in una forma organizzata di resistenza.
Education Under Occupation
La campagna Education Under Occupation, promossa da Potere al Popolo insieme ai comitati popolari palestinesi, si inserisce in questo processo. Sostenere la Biblioteca Popolare di Burin significa unirsi, in spirito di solidarietà, allo sforzo collettivo della comunità per resistere e costruire un futuro autonomo. Il luogo dove nascerà la biblioteca è già stato individuato e si trova nel centro del villaggio. Per sistemarlo, renderlo accessibile e allestire la biblioteca c’è ancora lavoro da fare. In particolare, quanto raccolto servirà per:
- acquistare libri, riviste e materiale di cancelleria;
- ristrutturare e coprire l’area antistante alla biblioteca;
- rendere agibili i servizi igienici;
- arredare la biblioteca con scaffali, librerie, tavoli e sedie;
- acquistare computer e una stampante;
- attrezzare una parete per la proiezione di video, per cineforum e formazioni a distanza.
La solidarietà è la nostra arma: se vuoi aiutarci a sostenere questa lotta, clicca qui.