Intervista a Calcio e Rivoluzione
Lo sport non è soltanto sport, e forse, più di tutti, il calcio non è soltanto calcio. La forte dimensione simbolica che accompagna alcuni eventi sportivi è predominante in una partita come quella che si giocherà a Udine martedì 14 ottobre, dove ci sono in ballo soprattutto gli interessi israeliani di legittimazione politica a livello europeo. La decisione dell’Italia di scendere in campo con una squadra che non ha mia preso le distanze dal genocidio – pena: la sconfitta a tavolino e il rischio di rendere più difficile la strada per la qualificazione ai Mondiali -, non è passata sotto silenzio, e a Udine è stata organizzata una mobilitazione che si lega alla campagna «Show Israel the Red Card», ideata e lanciata dagli ultras del Celitc insieme alla squadra palestinese Lajee Celtic. Alla mobilitazione hanno aderito oltre 300 associazioni e comitati, che il giorno della partita attraverseranno Udine in corteo per dimostrare la loro solidarietà nei confronti del popolo palestinese. Calcio e Rivoluzione – progetto nato nel 2011 con l’obiettivo di diffondere una narrazione del calcio e degli eventi calcistici di taglio politico e sociale – è uno degli organizzatori della mobilitazione.
Partiamo dall’inizio: perché Israele gioca gli Europei ed è dentro la UEFA, pur essendo in Asia?
In seguito alla guerra del Kippur – operazione militare condotta nel 1973 da una coalizione di eserciti arabi per cacciare Israele dalle terre che aveva occupato con la guerra dei sei giorni nel 1967 – la confederazione asiatica (AFC) ha espulso quella israeliana (IFA). Per circa vent’anni, l’IFA è rimasta priva di una federazione, fino a quando, nel 1994, è diventata ufficialmente un membro dell’UEFA con la motivazione di una forte vicinanza culturale con l’Europa.
L’attuale partecipazione di Israele agli Europei ha suscitato grandi proteste. Quali azioni concrete vengono chieste alla FIGC e alla UEFA? E quanto è realistico che queste richieste vengano ascoltate?
Alla UEFA, così come alla FIFA, chiediamo l’espulsione di Israele dalle competizioni da loro organizzate, mentre dalla FIGC vorremmo il boicottaggio di tutte le partite contro Israele. Il discorso ora [ottobre 2025 N.d.R.] è: fino a quando? Quali sono le condizioni? Perché il “cessate il fuoco” o l’accordo proposto da Trump, strappato con le bombe e con un massacro genocida, non può cancellare i decenni di occupazione e di apartheid di Israele. Insomma, l’esclusione non può essere limitata all’attuale operazione militare, ma deve andare oltre e riconoscere che con chi occupa illegalmente e illegittimamente dei territori non si gioca. Anche tramite il Calcio, infatti, avviene la normalizzazione dello Stato di Israele e, di conseguenza, della sua politica genocidaria.
Che cosa si potrebbe chiedere ai giocatori e all’allenatore Gennaro Gattuso nel caso in cui venisse a mancare un’iniziativa istituzionale?
Di non scendere in campo. Purtroppo, dalle interviste che hanno rilasciato, sappiamo che le intenzioni sono lontane da questa richiesta. Gattuso ha dichiarato che non scendere in campo significa automaticamente perdere a tavolino 3-0 e che una sconfitta del genere comporterebbe l’esclusione dal mondiale, dato che la qualificazione dell’Italia è appesa a un filo. Ma noi gli chiediamo: come si può giocare contro una squadra di ex-militari e riservisti che hanno attivamente partecipato all’occupazione e all’apartheid israeliana? E, scendendo in campo, legittimare la squadra di uno Stato che oggi – come prima – continua a occupare terre a suon di bombe e centinaia di migliaia di morti?
Diverse tappe della Vuelta di Spagna sono state interrotte dalle manifestazioni a supporto della causa palestinese. Quali sono le differenze rispetto a una partita come Italia-Israele? Che peso ha il diverso contesto politico spagnolo e italiano?
Le differenze principali sono logistiche: una competizione ciclistica è molto più semplice da bloccare, perché si sviluppa lungo strade lunghe centinaia di chilomentri che ostacolano la creazione di un impianto repressivo duro (e maniacale) come quello degli stadi di calcio. Tuttavia crediamo che se, prima del Giro, la mobilitazione in Italia avesse raggiunto il livello dimostrato in questo settembre, anche qui si sarebbero bloccate diverse tappe.
L’Athelic Bilbao si è schierato apertamente per la Palestina. Cosa possono fare le singole società, sia le piccole che le grandi, per imitare la squadra basca? E qual è il margine d’azione?
La tifoseria dell’Athletic Bilbao affonda le sue radici nell’indipendentismo basco, che ha da sempre solidarizzato con la causa palestinese. Il club si è posto fin da subito come se fosse la “nazionale basca” negata dalla Spagna e dal mondo intero. Ma vogliamo sottolineare che senza l’espressione della solidarietà popolare proveniente dagli spalti, anche società più sensibili non avrebbero mai preso decisioni del genere. Infatti, come dicevamo prima in riferimento alla nazionale italiana, l’unica cosa utile che si può fare è delegittimare le squadre di governi che attuano politiche di apartheid e genocidio: le tifoserie dovrebbero chiedere non soltanto una presa di posizione alle proprie società, ma anche non giocarci contro e contribuire alla pressione nelle federazioni affinché Israele venga boicottata.
Qualche giorno fa, a detta del Times, la UEFA era pronta a sospendere la federazione israeliana. Poi il dietrofront: non c’è alcuna riunione in programma che metta sul tavolo la questione. È realistico che Israele venga estromesso dalle competizioni UEFA e/o FIFA, magari anche in futuro?
Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe prima riflettere su che cosa rappresenta il calcio per il potere del capitale non europeo. Partiamo innanzitutto da un dato: il calcio è lo sport più seguito al mondo, in assoluto; non esiste nazione che non ha una squadra che la rappresenti. Come quasi tutti sapranno, la nascita e lo sviluppo di questo sport avvengono in Europa, in particolare in Inghilterra. La semplicità del gioco, assieme alla spettacolarità che poteva offrire, ha fatto sì che si diffondesse rapidamente in tutto il mondo. Oggi il calcio rappresenta in Occidente l’evento culturale di massa per eccellenza: partecipare alle competizioni sportive europee vuol dire, quindi, essere partecipi della cultura occidentale e accreditarsi in Occidente, esattamente come sta succedendo nel caso di Israele. Questo vuol dire che la partita che si gioca per la permanenza nella UEFA va ben oltre l’aspetto sportivo, è un fatto soprattutto culturale. Tant’è che alla notizia del Times che riferiva di una probabile riunione, Netanyahu e Trump in persona sono prontamente intervenuti – mobilitando persino il segretario di Stato Marco Rubio – per fare pressione affinché non avvenisse.