di Emanuele Caon
Il 26 maggio sono rimaste chiuse l’Arena di Verona e la casa di Giulietta, simboli della città; chiudono anche gli altri musei cittadini. Dopo lo sciopero il comune ha reso ufficiale quanto annunciato in precedenza: il contratto collettivo nazionale di Federculture, specifico per i lavoratori del settore culturale, sarà applicato a tutti i lavoratori esterni dei Musei civici. Verona è la prima città d’Itala a prendere questa decisione, si tratta di un passaggio storico che può dare il via a una stagione di mobilitazioni e fare da apripista.
Qualche settimana fa, avevamo scritto che nei musei civici di Verona tirava aria di sciopero. E infatti oggi, 26 maggio, le lavoratrici e i lavoratori dei musei civici di Verona hanno deciso di unirsi allo sciopero generale di Usb. Vogliono dare un segnale a Le Macchine Celibi e alla città. Qui trovate un articolo in cui abbiamo ricostruito gli ultimi mesi. Le Macchine Celibi è l’azienda che ha in gestione alcuni siti museali di Verona. Chi ci lavora l’anno scorso si è visto cambiare il contratto in corsa, dal Ccnl Multiservizi al Ccnl Servizifiduciari. Il contratto di settore, invece, sarebbe il Federculture. Ovviamente così si hanno paghe inferiori.
Verona è uno dei gioielli d’Italia per l’arte, la cultura e il turismo; è un simbolo e una vetrina. Se la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della cultura riesce qui, si apre una possibilità in tante altre città d’arte.
Come si arriva allo sciopero?
Lunedì 15 maggio Verona balza alle cronache nazionali: una puntata di Report mostra cosa sia il lavoro nei musei di una delle città più turistizzate d’Italia; e sostanzialmente è lavoro povero. Il giorno dopo il Comune di Verona, con un comunicato stampa, afferma di essere disposto a spendere 400 mila euro in più per applicare nei propri siti museali solo il contratto di settore: il Federculture. Tutto sembra volgere al meglio.
Mercoledì 17 maggio c’è un tavolo in prefettura per discutere lo stato di agitazione sindacale proclamato da Usb. Presenti Comune, Le Macchine Celibi, la Direzione museale, Usb. L’azienda rifiuta addirittura di riconoscere Usb come sindacato legittimo, dato che non ha firmato il Contratto collettivo nazionale (che, con paghe inferiori ai 5 euro all’ora, è stato dichiarato incostituzionale da tribunali dello Stato). Lo Statuto dei lavoratori, però, riconosce la libertà sindacale: è chi lavora a decidere da quale sindacato vuole essere rappresentato, non l’azienda a scegliere il sindacato più accomodante. In questo caso, Usb ha dentro Le Macchine Celibi diversi iscritte e iscritti, nonché l’Rsa. Non riconoscere la rappresentanza sindacale è pratica antisindacale, quindi illegale. Dalla prefettura Usb se ne esce con una promessa: il Comune organizzerà un tavolo per accogliere le richieste dei lavoratori, convocando azienda e sindacato.
Nei giorni successivi, alcune esternazioni pubbliche incendiano nuovamente gli animi dei lavoratori. La Cgil – che dal servizio di Report risulta assente o impreparata sulla questione del lavoro nei musei veronesi – si affretta a rivendicare per sé il merito di aver spinto il Comune ad adottare il Federculture, lo fa a mezzo stampa. Le Macchine Celibi un po’ si difende, un po’ promette e un po’ minaccia: dichiara che vuol querelare Report e che non è vero che i lavoratori percepiscono 5 euro lordi l’ora. A pochi giorni dallo sciopero rilancia, affermando pure che il contratto Servizifiduciari è quello giusto, perché l’appalto per i musei è destinato a custodia e sorveglianza. Si tratta di tutta una serie di uscite mirate a salvare la propria immagine e a generare caos tra i lavoratori. Questi ultimi, però, ci ricordano che è il Federculture il contratto di settore, che contiene, infatti, sia le mansioni specialistiche per le guide e gli animatori museali, sia il livello di operaio custode (la mansione da loro realmente svolta); e che, a differenza dei Servizifiduciari, contiene anche maggiorazioni per festivi e straordinari, tipici appunto del lavoro nei musei.
Chi non vuole lo sciopero?
E il tavolo promesso dal Comune? Ancora non è stato convocato, ma i dipendenti di Le Macchine Celibi ci mostrano le comunicazioni con cui la Cgil fa sapere che l’azienda sta mettendo in conto nuovi abbassamenti nelle retribuzioni: scelta poco credibile vista la tensione che si è generata in queste settimane. In ogni caso, per evitare il danno ai lavoratori, un tavolo con Comune, ditta, e forse la Cgil sarebbe previsto per venerdì, alle 16:00. L’Usb non risulta invitata.
Che il tavolo di trattativa sia proprio il giorno e l’ora dello sciopero appare una strana coincidenza, secondo i lavoratori: «Lo fanno apposta, per spaccarci, per dividerci tra iscritti a questo o a quel sindacato o anche tra non iscritti. È come dire che scioperare non serve, perché si sta discutendo». I lavoratori poi ci raccontano di un clima di pressione e di minaccia; si lascia intendere che chi sciopera potrebbe subire ripercussioni, perché si tratta di uno sciopero non legittimo. Ci raccontano di avere avuto paura. Il giorno prima dello sciopero arriva dai responsabili anche la richiesta di avvisare: chi sciopera deve dirlo per tempo.
Lo sciopero nei musei è normato dalla legge 146 e rientra quindi nella norma che disciplina i servizi pubblici essenziali: deve essere garantito un servizio minimo. Perciò lo sciopero va dichiarato con dieci giorni di anticipo e concordato – e così è stato fatto. La proposta di Usb è quella di garantire l’apertura al 50%, ma sul monte orario. La mattina si lavora fino alle 14:00, il pomeriggio si sciopera. Altrimenti l’azienda avrebbe potuto precettare un terzo dei lavoratori per consentire l’apertura al minimo dei musei; il timore era che Le Macchine Celibi riuscisse a individuare proprio le persone più determinate obbligandole a lavorare così da far fallire lo sciopero.
La proposta con le modalità di sciopero di Usb non ha mai ricevuto risposta, ma dopo cinque giorni è da ritenersi valida. I sindacalisti lo sanno, i lavoratori un po’ meno. Su queste incertezze arrivano le pressioni. Si spingono al punto di pretendere che chi lavora aspetti anche, prima di lasciare il museo, che arrivi un servizio di chiusura. In breve, ai lavoratori viene detto: se scioperate rischiate; se scioperate dovete avvisarci; se scioperate, comunque dovete aspettare che arrivi qualcuno a chiudere. Se non scioperate meglio, perché proprio oggi che volete scioperare, noi discutiamo. Evidentemente il piano di Le Macchine Celibi è di tirarla per le lunghe, aspettare e capire come andrà a finire lo sciopero: un fallimento permetterebbe all’azienda di poter continuare a ignorare le richieste dei lavoratori.
Basta discutere
Parliamo con alcuni lavoratori in sciopero: «E chi si fida più? È dall’estate scorsa che chiediamo di discutere, si discute proprio oggi che scioperiamo? Bene, andiamo a scioperare proprio sotto il Comune e suoniamo il campanello. Se c’è questo tavolo e vogliono discutere non hanno che da aprirci la porta».
Il risultato di giorni di arroganza è stato quello di scaldare ancora di più gli animi di lavoratrici e lavoratori che stanno chiedendo semplicemente una paga dignitosa e che, in assenza di risposte, hanno deciso di scioperare. Quasi che lo sciopero fosse una colpa di chi lavora: «Ormai delle promesse non ce ne facciamo nulla; finché non vediamo le cose scritte nero su bianco, e firmate, noi restiamo pronti allo sciopero. Se serve teniamo chiusi i musei nei fine settimana da qui a settembre, in piena stagione estiva». Oggi quindi i musei della città sono rimasti chiusi e chi lavora per Le Macchine Celibi ha sfilato per la città in divisa, cantando e distribuendo volantini.
A fine giornata
Nonostante gli ostacoli e le minacce della cooperativa, i dipendenti non si sono fatti spaventare. La partecipazione è stata importante: su circa 60 dipendenti, almeno una quarantina sono scesi in strada e hanno sfilato lungo in centro, da via Carmelitani Scalzi a Piazza Bra. Si voleva arrivare davanti al Comune, dove contemporaneamente si stava svolgendo l’incontro in cui si sarebbero dovute decidere la sorti dei lavoratori, ma non è stato possibile. Tra i manifestanti e il punto di arrivo stava la polizia. Si è quindi creato un presidio, in cui a gran voce è stato chiesto di partecipare al tavolo. Qualcuno è andato a chiedere e dopo una ventina di minuti, è stato detto che l’incontro era online. Alla fine l’Assessore al lavoro ha ricevuto la delegazione di Usb e ha rilasciato una dichiarazione molto importante che ha decretato il successo dello sciopero e un momento storicamente importante per le lotte sindacali del settore dei Beni Culturali.
Per il 9 giugno è stato convocato un tavolo mediato e garantito dall’Assessore al Lavoro tra Usb e Le Macchine Celibi per risolvere al più presto la situazione, a favore dei lavoratori. Ma soprattutto è stato messo nero su bianco tramite comunicato stampa che, da ora in poi, a Verona, per l’assegnazione dei bandi relativi ai Beni Culturali, il contratto Federculture verrà riconosciuto come contratto di riferimento. Questo è un risultato di portata nazionale, poiché il Comune di Verona è il primo Comune italiano a compiere un’operazione del genere. Si crea quindi un precedente di grande importanza per tutti i lavoratori italiani del settore.
Terminata la manifestazione, si è tornati a casa sapendo di aver ottenuto davvero qualcosa e con la speranza che possa essere un punto di partenza per una stagione di grandi mobilitazioni in tutta Italia: «Se gli danno il Federculture qui, nella città dell’Arena e di Giulietta allora possiamo chiederlo in tutte le città d’arte d’Italia».