di Cecilia Beretta, Caterina De Filippis e Chiara Celoria
Molto spesso le ricorrenze, nate con le più nobili e sensate intenzioni, rischiano, con il passare del tempo, di svuotarsi di significato.
Tuttavia in uno stato come l’Italia in cui le pari opportunità non sempre vengono garantite e soprattutto in una regione in cui l’assessora con delega alle pari opportunità è l’esimia Elena Donazzan, riteniamo fondamentale che una giornata come l’8 marzo resti un giorno politico, con più pañuelos che mimose.
Come redazione abbiamo deciso di preparare un mini vademecum con alcuni suggerimenti che riattivino questo potenziale anche sul piano dell’immaginario, attraverso la proposta di un romanzo, un saggio, un podcast (in attesa dell’imminente episodio a tema di We insist!), una raccolta di poesie, un’installazione, per prepararci a questa ricorrenza, che non è una festa ma un giorno di lotta.
Romanzo
LA DONNA GIUSTA – Sándor Márai (Adelphi, 2004)
Un romanzo che è quasi un saggio sulle passioni umane e sull’incedere della storia nelle vite di quattro personaggi: la moglie di un borghese, il marito, la serva e un ex batterista proletario.
Quattro esistenze, spaccate dall’avvento della seconda guerra mondiale e dal crollo di un mondo in seguito all’assedio di Budapest, si intrecciano in due continenti, scontrandosi davanti all’inesistenza della fantomatica donna giusta, schiantandosi di fronte a incolmabili differenze di classe e abissi di incomprensione reciproca.
Un libro politico in senso ampio sulla morte della cultura, sul ruolo della donna, e della borghesia, sui rapporti di forza tra i sessi ma anche sui flussi di ammirazione, disgusto, tenerezza e odio che attraversano le relazioni. Non solo tra le donne e gli uomini, ma tra i ricchi e i poveri. Anzi, le povere. Anche quando i ricchi se le sposano.
Raccolta di poesie
IL LIBRO DELLA FOLLIA – Anne Sexton (La Nave di Teseo, 2022)
Il femminismo si dice in tanti modi e Anne Sexton lo traduce nelle forme atipiche, quasi rock, della caricatura e della pantomima. La scrittrice, l’ex donna-che-scrive-versi-per-passare-il-tempo, troppo innamorata degli uomini per essere misandrica, si trasforma in questa raccolta in una belva surrealista che metaforicamente uccide le madri, il puritanesimo della società americana del benessere e il patriarcato nella sua interezza.
Nel colpire il nucleo di servilismo archetipico che percepisce come intrinseco al suo essere donna, ovvero quell’obbligo costituito da “pentole e cucchiai” ma anche “bocca e seni“ e “cosmetici e sete” (Poesie su Dio), Anne Sexton cerca di liberarsi del suo genere come di una fatica che eccede le sue forze.
La biografia si intreccia con i grandi temi che le sono prossimi: dal femminicidio al mito del suicidio, dalla barbarie maschile alla genitorialità malata, per tornare alla follia luminosa, crudele chiave di accesso al vero e unica fuga possibile dalla “casalinghitudine” (come la chiamerebbe Clara Sereni) e dalla mistica della femminilità come l’aveva raccontata Betty Friedan nel suo fondamentale saggio del 1963.
Film
LA NIÑA SANTA – Lucrecia Martel (2004)
Un film intelligente, tagliente e delicatissimo che vi ferirà superficialmente come il taglio, difficile a rimarginarsi, provocato da un foglio di carta.
Due ragazze nell’Argentina conservatrice di inizio secolo scoprono il sesso e i suoi turbamenti. Se una delle due avrà dei semi-legittimi incontri occasionali con il cugino a casa della nonna, la protagonista subirà delle molestie da parte di un otorinolaringoiatra di cui è invaghita anche la madre. Il medico ignora i legami di parentela e cerca di sfuggire inutilmente dalla ragazzina che diventerà la sua persecutrice.
La niña è proprio santa, non accetta di essere relegata nel ruolo della vittima privata di capacità di agire, ma vuole redimere il suo molestatore con una carità mistica e totalmente carnale a cui lui non saprà come reagire.
Ma l’innocenza non basta a sanare una società malata di patriarcato in cui lo scandalo è pronto ad esplodere.
Podcast
PRIMA – Sara Poma
Un podcast su Maria Silvia Spolato, la prima donna che in Italia fece coming out in piazza a Roma, proprio durante la manifestazione dell’8 marzo nel 1972. L’attivista, padovana di origine, sfilò con indosso un cartello con scritto “Liberazione omosessuale”, il primo atto di visibilità omosessuale in una piazza italiana. Ma, come tutti i gesti densi di significato, Maria Silvia ne subì le conseguenze: le venne tolta la cattedra di professoressa di matematica in una scuola superiore della capitale, trasferendola prima a una scuola media per poi estirparla del tutto come figura di insegnante nella scuola pubblica.
Ci sembra opportuno ricordare, attraverso questo podcast, la storia di questa attivista che ebbe un ruolo fondamentale nelle lotte italiane dei primi anni ’70 e nella fase iniziale del movimento di liberazione omosessuale del nostro paese. È proprio la Spolato, infatti, ad aver fondato, nel 1971, il Flo (Fronte di Liberazione Omosessuale) secondo il quale le lesbiche dovevano liberarsi da un duplice fronte di oppressione: quello di donne e quello di omosessuali.
Degli anni successivi a questo ricco periodo di attivismo politico non si sa più nulla su Maria Silvia, se non che vagasse, ormai senza lavoro, casa e compagnx di lotta, per l’Italia sulla linea ferroviaria che collega Roma a Bergamo, dormendo sui treni e facendo delle stazioni la sua nuova casa. Questo podcast non solo permette di conoscere la personalità variopinta di questa femminista, ancora sconosciuta ai più, ma ci permette di ascoltare – e quindi immaginare – l’Italia dei movimenti e dei tumulti degli anni Settanta, attraverso la voce di chi quell’Italia e quella lotta le ha vissute in prima persona.
La voce di questo podcast è di Sara Poma, una donna omosessuale, per la quale la storia di Maria Silvia Spolato è stata qualcosa di più di una semplice lotta di una femminista negli anni ’70. L’autrice stessa, nel raccontare la vita dell’attivista, esprime la sua gratitudine e il suo infinito rispetto verso il gesto compiuto da Maria Silvia in piazza quel famoso 8 marzo ’72. Lo sguardo che Poma dà a questa storia è quello di chi ha coscienza del passato, delle lotte e delle rivendicazioni grazie ai quali si è costruito il presente per noi donne e, sentendosi parte di quella storia, trasmette anche agli ascoltatori questo sentimento.
Saggio
LA VOLONTA’ DI CAMBIARE. MASCOLINITA’ E AMORE – bell hooks (Il Saggiatore, 2022)
Con questo saggio, la femminista bell hooks parte da un presupposto: tutti hanno bisogno di amare e di essere amati, anche gli uomini. È in questa sede che si tenta di scardinare, per poi conoscere e comprendere, gli uomini in quanto parte debole – anche loro – del sistema patriarcale.
Temi centrali del saggio sono infatti la mascolinità tossica, l’inclinazione maschile alla violenza e l’assenza di manifestazione delle emozioni intrinseca al loro sesso. Il filo rosso – definibile anche come l’atto più rivoluzionario da fare – è proprio l’amore, o meglio, la hooks parla di una rivoluzione affettiva che la nostra società dovrebbe attraversare per poter giungere a una nuova dimensione, in cui nessuno debba temere la propria sfera sentimentale.
Un libro che parla di amore in maniera estremamente politica, in cui solo una rivoluzione di tutte le coscienze verso la libertà di amare può portare al cambiamento del sistema politico-sociale, in cui gli uomini sono naturalmente dominanti e superiori ai più deboli. Uno dei primi punti che bell hooks evidenzia per poter raggiungere questa utopia è capire il patriarcato che impone di diventare, come lei scrive, “storpi emotivamente”.
Di bell hooks consigliamo anche Tutto sull’amore. Nuove visioni e Da che parte stiamo. La classe conta.
Installazione
Un’immagine dell’installazione
THE DINNER PARTY – JUDY CHICAGO
Nell’ottobre del 1980 l’influente critico d’arte Hilton Kramer stronca The Dinner Party, l’opera realizzata dall’artista femminista Judy Chicago, nonostante un incredibile successo di visitatori al San Francisco Museum of Modern Art dov’era stata esposta fino ad allora. A essere giudicata volgare è la rappresentazione degli organi genitali femminili sui piatti di quello che sembra un immenso banchetto cerimoniale, disposto su un tavolo triangolare aperto al centro, apparecchiato con 39 coperti, ognuno dei quali commemora una donna dimenticata dalla storia.
Runner ricamati, calici e utensili d’oro, piatti di porcellana dipinti con motivi vulvari e farfalle a rilievo, sono in stili diversi, appropriati alle singole donne invitate alla tavola, omaggio e rovesciamento dell’Ultima Cena.L’imponente installazione multimediale, collocata all’interno di una stanza buia, poggia a sua volta su un basamento rialzato, il cosiddetto “Heritage Floor”, composto da 2300 piastrelle realizzate a mano e incise in oro lucido con i nomi di altre 999 donne illustri, provenienti da geografie e tradizioni diverse.
Controversa allora e forse oggi superata – nella reiterazione dello stereotipo della tessitura e della ceramica come pratiche eminentemente femminili, nella scelta parziale dei nomi rappresentati, che riflette il limite e la buona fede della posizione culturale di Judy Chicago come donna bianca etero cis – The Dinner Party resta comunque un punto saliente nella storia dell’arte, una delle prime rivendicazioni di appartenenza ad un patrimonio collettivo di genere, alternativo a quello maschile.