intervista a Gino Bortolozzo
L’11 ottobre è stato organizzato il primo sciopero generale che coinvolge tutti i gruppi appartenenti al mondo del sindacalismo di base (Adl, Si Cobas, USB, sgb ecc.). Abbiamo già parlato delle ragioni dello sciopero; con questo articolo, che segue al precedente sui Cobas della scuola, continuiamo a farci raccontare presente e passato dei principali sindacati di base dai loro protagonisti.
Ci puoi spiegare in breve quando è nata USB e in quali circostanze?
L’USB è nata dieci anni fa dalla fusione tra RdB, che si occupava di pubblico impiego, e SdL, un sindacato che operava nel privato. La volontà di uscire dal modello dei sindacati di categoria e di dar vita a una confederazione è nata perché già all’epoca iniziavano ad essere chiari i limiti del modello precedente di sindacalismo di base: non è possibile occuparsi di un unico settore senza contemporaneamente collegare tra loro tutte le lotte dei lavoratori.
Quindi USB è presente sia nel pubblico impiego che nel privato.
Sì. Fino a qualche anno fa il pubblico impiego era prevalente, ma ora i militanti che lavorano nel privato hanno sorpassato in numero quelli del settore pubblico. Abbiamo circa cento sedi, sparse in tutte le regioni; siamo per esempio il secondo sindacato all’Ilva di Taranto.
Quali sono stati i motivi della nascita del sindacalismo di base? Sono ancora validi?
Quindici o vent’anni fa facevo parte di Alternativa Sindacale, in CGIL. Eravamo il 20%, ma anche così non siamo riusciti a spostare a sinistra di un capello l’asse del sindacato. La linea di CGIL, CISL e UIL allora come adesso finisce per appoggiare le istanze di Confindustria, puntando, nella trattativa, a spazi economici che prendono la forma di enti bilaterali, fondi pensione regionali e nazionali, welfare nazionale e aziendale. Ma la gestione dei fondi o degli aiuti che ne risultano è in mano ai sindacalisti, non ai lavoratori nella loro totalità, e questo dà origine a un pasticcio di interessi che impedisce di arrivare a un vero conflitto con le aziende. Da queste formule non escono mai vantaggi per tutti i lavoratori, e per le aziende risultano comode perché smorzano il conflitto e danno origine a sgravi e rimbosi da parte dello Stato.
Il sindacalismo di base da quando è nato si è posto su tutta un’altra linea rispetto a questo modello. Nel sindacato di base le modalità della lotta, e il livello del conflitto, li decidono i lavoratori della singola azienda e non i vertici del sindacato. È su questo che vogliamo che si basi la nostra credibilità: sulla democrazia sui luoghi di lavoro. Nella delega crediamo poco; i militanti sindacali come me – in USB cerchiamo militanti, non iscritti – servono per fare rete, per dare voce e aiutare a collegare le lotte, per dare una mano, ma non certo per sostituirsi ai lavoratori nel dialogo con il datore di lavoro. Facciamo le cose in maniera collettiva; se sbagliamo, sbagliamo collettivamente, e ripariamo nello stesso modo.
In Veneto dove siete presenti, e cosa fate nello specifico?
In Veneto abbiamo quattro federazioni, a Vicenza, Padova, Venezia, Verona. Siamo presenti con buoni numeri in settori diversi come i cinema, i teatri (recente una vertenza sul licenziamento di due delegati sindacali al Gran Teatro La Fenice di Venezia per cui nel 2020 abbiamo vinto in primo grado), i musei, nel reparto degli informatori scientifici, e in molte aziende private tra cui ultimamente sta prendendo importanza la logistica.
C’è nella storia di USB una lotta in particolare da raccontare o da ricordare?
Per la storia di USB in Veneto non si può non ricordare la marcia di Cona. In occasione di quella protesta, in cui 300 persone che vivevano nell’hub per migranti di Cona in condizioni disumane hanno abbandonato il centro e si sono dirette verso Venezia per chiedere diritti e dignità, USB è stato l’unico sindacato che oltre a supportare l’azione ha anche portato un aiuto materiale alla marcia. La collaborazione con il gruppo di migranti di Cona è proseguita, le avanguardie sono venute a fare uno stage di sei mesi in USB, nonostante qualche iscritto dell’epoca non fosse del tutto d’accordo. In seguito abbiamo organizzato manifestazioni nazionali per la morte di Abdelsalam e abbiamo inserito la questione dei lavoratori migranti in diversi scioperi nazionali. Nei cortei di USB, dopo Cona, sfilavano regolarmente lavoratori autoctoni e lavoratori migranti gli uni accanto agli altri. In seguito purtoppo alcune delle persone con cui abbiamo avuto rapporti, essendo richiedenti asilo, si sono disperse; ma non sono mancate altre occasioni per collaborare con lavoratori stranieri.
Quali sono le novità dello sciopero dell’11 ottobre?
Quello dell’11 ottobre sarà il primo sciopero chiamato insieme dal 98% delle sigle sindacali di base. È una data storica. L’attacco feroce che Confindustria e il governo stanno portando ai diritti dei lavoratori, il cui ultimo gravissimo atto è stato l’omicidio di Adil, sindacalista di SiCobas, ha creato le basi per un’unità di intenti che non era mai stata possibile prima. Certo non è stato facile arrivare a questa data: siamo riusciti in Veneto a collaborare con SGB, con cui in passato c’erano rapporti tesi, mentre non siamo riusciti a trovare un’intesa con la CUB di Padova e Vicenza perché loro hanno messo al centro della loro mobilitazione il Green Pass, stravolgendo l’ordine del giorno dello sciopero che prevede ai primi posti temi come lo sblocco dei licenziamenti, l’aumento delle bollette, il salario minimo orario.