di Stefania Giroletti
Settembre 2023: la scuola è ormai iniziata, e stando alla tempistica dei decreti ministeriali dovrebbero essere entrate in funzione anche le nuove figure di docente tutor e orientatore previste dalla riforma dell’orientamento finanziata con i soldi del PNRR. A maggio alcune scuole del padovano hanno espresso posizioni contrarie alla logica sottesa a questa riforma. A capeggiare la rivolta dei docenti è stato il liceo Curiel, che ha votato una mozione di contrarietà quasi all’unanimità e in cui nessun docente si è reso disponibile a ricoprire i ruoli di tutor o orientatore. Abbiamo intervistato Elisa Carrà, docente di lettere del Curiel, per approfondire le ragioni del no e per capire come intenderà muoversi la scuola che è stata capofila di un dissenso interessante quanto raro all’interno di un collegio docenti.
1. Le figure del docente tutor e orientatore dovrebbero essere attive nelle scuole secondarie di II grado proprio a partire da questo settembre. Spieghiamo prima di tutto cosa siano queste figure del docente orientatore e del tutor.
Si tratta di due figure istituzionalizzate per la prima volta all’interno delle Linee guida per l’orientamento contenute nel decreto ministeriale 328 del 22/12/2022 nell’ambito della missione 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il tutor è un docente che ha il compito di seguire gruppi di studenti, fino a un massimo di 50, per aiutarli nella compilazione del portfolio digitale e per tenere i contatti con le famiglie. Il lavoro viene svolto in orario extra-curricolare previo un corso di formazione di una ventina di ore, che dovrebbe essere stato seguito on line dall’aspirante docente tutor nei mesi di maggio e giugno. L’orientatore invece è una sorta di referente che, all’interno di ciascuna scuola, si occupa di coordinare le varie attività di orientamento previste. Ogni scuola secondaria di secondo grado, già da quest’anno, deve organizzare 30 ore curricolari (in orario mattutino) di attività di orientamento. Queste ore si assommano alle 33 ore di educazione civica e a quelle dedicate al PCTO: tutte queste ore vanno a decurtare drasticamente il monte ore previsto per l’insegnamento delle discipline.
2. Le due figure di tutor e orientatore andavano individuate dai presidi attraverso candidature volontarie da parte dei docenti. Il Curiel ha rappresentato la grande eccezione nel contesto scolastico padovano: nessuno si è reso disponibile nel ricoprire uno di questi due ruoli. 80 docenti su 81 hanno inoltre espresso, nel corso del collegio docenti del maggio scorso, la propria contrarietà nei confronti dell’istituzione di queste figure. Ci spiegate il motivo?
Orientare è importante e lo è ancora di più dopo il Covid e l’isolamento che ha segnato indelebilmente gli adolescenti: sono triplicate le crisi di panico, gli attacchi d’ansia che rappresentano il sintomo di una paura e di un rifiuto del mondo esterno. C’è quindi assolutamente bisogno di aiuto e accompagnamento umano, ma la risposta non è nella creazione di una nuova figura burocratica che ti guidi nell’incasellare i successi della tua vita attraverso un modello precompilato. La risposta è piuttosto nella relazione vera e continuativa con lo studente e nella proposta culturale seria, profonda e competente con cui lo si coinvolge e lo si accompagna durante gli anni scolastici. Il nostro rifiuto del docente tutor e orientatore parte dalla volontà di salvaguardare, nel senso più autentico, il lavoro, il ruolo e l’identità del docente: ovvero la passione educativa verso i ragazzi e quella verso le materie che si insegnano, che hanno in sé profondi elementi di orientamento. Io insegno letteratura e sono fermamente convinta che è attraverso l’esperienza testuale che posso creare pensiero, dubbi e risposte nei miei studenti a proposito di sé e del mondo. Oltre ad essere una maschera burocratica, questa figura snatura la professionalità docente: come si può diventare un tutor o un orientatore attraverso un corso on line di 20 ore! È un insulto nei confronti della professionalità in generale. In più siamo contrari a questa figura perché riteniamo che a scuola sia deleterio questo moltiplicarsi di funzioni-etichetta (esiste già una funzione strumentale per l’orientamento, esiste il referente PCTO ecc..). Siamo docenti e vogliamo fare il nostro lavoro, che è la nostra materia ma anche il quotidiano dialogo, rapporto e relazione umana con i nostri studenti, senza bisogno di tassonomie. Vogliamo lavorare di più e non di meno a causa di impegni burocratici. Vogliamo dedicare ore alle nostre discipline, che conosciamo con profondità e passione e in cui crediamo.
3. Il collegio docenti del maggio scorso rappresenta qualcosa di eccezionale: il Curiel ha saputo riempire di significato un istituto svuotato del proprio ruolo, ribadendo la funzione democratica del collegio e la sua possibilità di dire no anche a decreti ministeriali calati dall’alto. Avete esercitato un’azione di democrazia che resterà emblematica per tutte le scuole. Come vi siete organizzati per arrivare compatti nella vostra decisione?
Il percorso è partito da una mia iniziativa personale, dal fatto che sono riuscita a esprimere e condividere con i miei colleghi e colleghe il disagio che provavo nei confronti di questi provvedimenti. Ho trovato il coraggio di farlo dopo aver partecipato ad alcuni incontri organizzati da un gruppo misto di insegnanti di scuola e università che inquadravano in maniera critica il piano scuola 4.0, finanziato con i soldi del PNRR e di cui la riforma dell’orientamento rappresenta solo una sfaccettatura. Quegli incontri mi sono serviti per sentirmi meno sola, meno isolata e legittimata a esprimere le mie perplessità verso ciò che è invece presentato come ineluttabile. Prima del collegio, quindi, ho condiviso i miei dubbi in maniera informale usando le chat dei dipartimenti e mi sono accorta che le mie considerazioni non erano isolate. Forse l’aspetto vincente è stato nel puntare alle ragioni profonde del dissenso, ragioni di senso e non solo rivendicazioni salariali (anche quelle sacrosante, dato che il docente tutor e orientatore prenderanno una miseria, quantificabile in circa 6 o 7 euro l’ora). La sera prima del collegio docenti ho deciso di formalizzare le ragioni del no in un testo che è diventato il testo della mozione e l’ho inviato per mail a tutti i colleghi e alla dirigente, che ci ha concesso lo spazio per votarla. Quel giorno il collegio docenti, di solito distratto e svuotato di senso, ha preso tutt’altra piega: si sentiva passione, partecipazione, voglia di confrontarsi e di riappropriarsi della propria facoltà di scelta sulla scuola e sul suo senso. È stato un momento emotivamente intenso e poter dire no è stato liberatorio.
4. Come procederete ora che la scuola è iniziata e che tutte le altre scuole procederanno con la sperimentazione di queste nuove figure?
È vero: siamo una delle rarissime scuole in cui nessuno si è reso disponibile alle 20 ore di formazione e in cui non si è avuta nessuna candidatura come tutor. Saremo comunque costretti a fare le 30 ore curricolari di orientamento: per questo stiamo pensando di concentrare le iniziative in un ciclo pre natalizio che ci preservi dallo stillicidio di ore di lezione. La preside, nel frattempo, è stata contattata dal dott. Roberto Natale (direttore dell’ambito scolastico territoriale di Padova-Rovigo) per convincere i suoi docenti a candidarsi e in seguito è stata contattata dall’Ufficio scolastico regionale, che ha sicuramente cercato di fare pressione. Ma il corpo docenti si è confermato irremovibile nella sua decisione. Probabilmente cercheranno figure esterne di docenti tutor e orientatori da destinarci. Ad ogni modo c’è grande confusione e disorganizzazione, anche nelle scuole in cui i tutor sono stati trovati in abbondanza: non ci sono indicazioni di sorta né sull’organizzazione delle 30 ore di orientamento né sulle mansioni di questi fantomatici tutor.
5. C’è un modo per non sentirsi isolati e sconfitti in questa battaglia?
Assolutamente sì! Anche se le altre scuole dissidenti alla fine hanno trovato i volontari per questo ruolo, esiste una rete di insegnanti di diverso ordine e grado, dalla materna all’università, che si sta organizzando per continuare il dibattito sulla scuola 4.0. Si prevedono anche alcuni interventi pubblici volti ad ampliare questa rete che rappresenta una possibilità per i docenti di discutere di scuola e del suo futuro. Inoltre, non ci sentiamo sconfitti: abbiamo avuto grande eco mediatica e io personalmente ho ricevuto una serie di messaggi o mail da docenti di scuole di tutta Italia che mi ringraziavano per aver espresso un disagio e una rivendicazione che era anche la loro. Penso che l’opposizione del Curiel potrà anche essere messa a tacere, potrà anche essere sminuita dagli organi istituzionali…ma intanto è stata un esempio, ha rimesso in campo una possibilità. Quella di usare il collegio docenti per ragionare sulla scuola che vogliamo. Quella di ridare al docente voce in merito alla sua idea di scuola!
6. Un’idea di scuola alternativa può essere costruita dal basso verso l’alto, dalle scuole e dai collegi docenti e non dal ministero che cala soldi e idee dall’alto senza consultare la base?
Valditara, a suon di decreti, sta facendo passare un’idea di scuola che oscilla fra accudimento (tutor orientatore) e disciplina ferrea (il voto in condotta, il divieto del cellulare in classe). Un’idea di scuola in cui lo studente stesso risulta sminuito, trattato come un eterno infante da guidare e da esaltare (il tutor, ad esempio, deve aiutare lo studente a individuare il “capolavoro” della propria vita, c’è davvero scritto così!), in casi estremi da punire in maniera esemplare. Ma gli studenti non sono così. Non si è nemmeno chiesto loro cosa pensino di queste trasformazioni, spesso solo di facciata, come le nuove aule digitali. E loro se ne accorgono, che sono cambiamenti superficiali. Sì, un’idea alternativa di scuola deve esserci e si può provare a costruirla dal basso, anche in dialogo con i nostri studenti. Va costruita con molta pazienza, tenendo alti i livelli di riflessione, riappropriandosi degli spazi di collegialità e non lasciandosi sopraffare dalla routine e dalla pura burocrazia, che sottrae tempo allo studio e alla ricerca didattica. Rivendichiamo il tempo e rivendichiamo gli spazi di democrazia. Per fare una scuola diversa, infine, bisogna metterci la faccia, uscire allo scoperto anche come singole individualità per ricostruire l’insieme. Del resto, cosa ti può accadere se ti opponi, se dici di no: stai unicamente esercitando il tuo diritto di cittadino e formatore, responsabile della propria coerenza.