Doge based cringe redpill bluepill blackpill loss wojak doomer coomer bloomer zoomer e-thot e-girl trad thot doomer gf piedi nordic gamer chad incel simp cheems walter dick flattening tortura del cazzo e delle palle bel cazzo fra belle palle 10 su 10 cetriolino Rick ecc. Ma che vuol dire?
Che cos’è un meme? È un’immagine buffa trovata su internet? Sì e no. Cerchiamo di arrivarci partendo da molto lontano.
La parola “meme” fa la sua prima comparsa nel libro di Richard Dawkins Il gene egoista, del 1976. L’autore plasma questo nuovo vocabolo a partire dalla sua assonanza con “gene” e dal termine greco mimeme, “imitazione”. Per Dawkins, infatti, i meme non sono altro che dei geni culturali e in quanto tal, si riferiscono – come dice Alessandro Lolli nel suo La guerra dei meme – a “tutto ciò che nella cultura si replica”. Può trattarsi quindi di una melodia, di un motto di spirito, di un proverbio, di una moda ecc. Ma il significato con cui siamo abituati ad usare questa parola oggi è un attimo più specifico. La svolta accade ovviamente quando si inserisce internet nell’equazione.
L’unico vero modo per conoscere i meme – e quindi per fornirne una definizione soddisfacente – è farne la storia; ma qui non abbiamo né tempo né spazio per dedicarci a una simile impresa, quindi daremo per scontata questa storia e passeremo subito ad un abbozzo di definizione.
I meme sono quei contenuti virali che si basano sull’interpretazione, la riscrittura e la modificazione di un template, o cornice.
Prima di analizzare questa definizione, facciamo un esempio contemporaneo. Nordic gamer è un template che presenta a sinistra un personaggio ritratto nelle sembianze di un bavoso sgorbio subumano e a destra un uomo di profilo, biondo e bellissimo, con sguardo fiero e glaciale – dai tratti nordici per l’appunto – che indossa le cuffie e il microfono tipici dei videogiocatori seriali. Il personaggio di sinistra ridicolizza la sua controparte attribuendogli un’opinione teoricamente assurda e indifendibile; il gamer, dal canto suo, risponde semplicemente con un “sì” perentorio. Questo perché l’opinione espressa dallo sfigato a sinistra altro non è che l’opinione dell’autore del meme, il quale si serve di questo formato per rivendicarsi una posizione che i suoi avversari ideologici riterrebbero aberrante e inaccettabile.

Ma cosa succederebbe se l’autore del meme fosse un marxista che vuole ribadire le teorie antropologiche del suo pensatore di riferimento? Il risultato sarebbe probabilmente qualcosa del genere:

Torniamo alla nostra definizione. Il meme deve innanzitutto essere virale, ovvero avere diffusione rapida e immediata sulle piattaforme social. Non è necessario che sia un’immagine, può essere anche un video, una gif, un post. Importante è però osservare che il meme non è mai la singola immagine divertente, semmai è la cornice che ci sta attorno. La diffusione del meme è data dalla sua stessa natura, che, com’è s’è visto, richiede di essere continuamente trasformata e reinventata. Le combinazioni sono infinite, le regole formali da rispettare pochissime – ma si possono sovvertire anche quelle, quindi basta avere accesso ad internet per diventare un memer. Di fatto, si potrebbe persino dire che i meme sono il prodotto collettivo di tutta la comunità online.
Per citare un libro che non abbiamo mai letto, i meme sono opere d’arte proprio in virtù della loro riproducibilità tecnica. Ma proprio come ogni altra forma d’arte, i meme portano spesso il marchio della “corrente” che li ha prodotti. Nella maggior parte dei casi, sono in tutto e per tutto espressione della cultura nerd; possono essere quindi volutamente impenetrabili, farciti di citazioni oscure note solo ai membri di un determinato gruppo, un vero e proprio codice segreto insomma. I meme possono rispecchiare quella gelosia per la propria unicità, quel senso di appartenenza ad una setta esclusiva che contraddistingue, per l’appunto, l’ideologia nerd. In questi casi, si parla di meme dank o edgy, in contrapposizione a quelli normie.
Normie vuol dire, banalmente, troppo normalizzato (italianizzato in “normalone”), diffusosi al punto da diventare noioso e prevedibile. È proprio in questo senso che può essere interpretato il ciclo vitale dei meme; nascono dai thread più sotterranei di reddit e poi, col tempo, emergono in superficie, andando a finire sulla bacheca di quell’amica del liceo che proprio non potete più vedere. A quel punto un meme può considerarsi morto. Ad uccidere i meme, ad esempio, sono anche quelle corporation che li usano per scopi commerciali e pubblicitari. La rapidità con cui si evolve la cultura internettiana ha fatto sì che, ad oggi, la vita di un meme non duri di più di un paio di mesi.
Perché i meme sono importanti? Perché sono il metodo per eccellenza che la cultura usa per riprodursi ai tempi della digitalizzazione? Sì, anche. Ma, a nostro parere, i meme sono importanti per il loro potenziale politico. La loro natura virale e trasformativa li rende dei potentissimi strumenti di diffusione delle idee; grazie a loro, la propaganda politica non è mai stata così facile in tutta la storia umana. Lo sanno bene i membri dell’alt-right, la nuova destra estrema americana che, in occasione della campagna di Trump nel 2016, hanno inondato l’internet con una marea di meme dedicati al futuro presidente. Da lì era nata la prima grande guerra dei meme. Cominciamo ad aspettarci la prossima e cerchiamo di farci trovare pronti.
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