Il rebus della realizzazione del Mose – una continua altalena di rinvii e presunti traguardi del cantiere – si è ulteriormente complicato. Il 10 luglio, alla presenza del Presidente del Consiglio, del Ministro dei Trasporti, del governatore Zaia e del Sindaco di Venezia Brugnaro ha avuto luogo infatti l’“inaugurazione” del sistema di dighe mobili progettato per difendere la laguna dal problema dell’acqua alta. Si tratta, in realtà, di un test, peraltro di dubbia utilità viste le condizioni molto favorevoli in cui si è svolto, per verificare il corretto funzionamento delle paratie sulle tre bocche di porto della laguna, che prelude ad un ingresso in esercizio auspicato per il 2021. Nel frattempo, il vero meccanismo che sembra invece perfettamente a regime è l’esclusione di qualunque contestazione o critica verso l’effettiva utilità di un’opera del genere, sia da parte della stampa sia da parte degli stessi cittadini veneziani, definiti dal loro primo cittadino i «clienti» dell’opera.
I primi segnali di questo atteggiamento si sono osservati sin dal mattino della giornata di ieri. Il contenuto, ma determinato, gruppo di imbarcazioni dei No Mose e del Comitato Nograndinavi che si era radunato nel bacino San Marco per proseguire poi nella direzione dell’estremità nord del Lido, dove i grandi nomi della politica locale e nazionale assistevano al test, è stato bloccato dalle forze dell’ordine ancora prima di giungere sul luogo.
Sul Mose in effetti ci sono non poche cose da dire: il suo costo fino ad ora si aggira attorno agli 8 miliardi di euro, di cui molti perduti nel sistema della corruzione rivelato dall’inchiesta del 2014; l’inserimento all’interno della lista di Italia veloce, voluta da Conte per far ripartire l’Italia attraverso i grandi cantieri, sembra destinare il cantiere ad assorbire nuovi fiumi di denaro nella prospettiva del rilancio post-Covid. C’è perplessità, da parte dei manifestanti, anche sull’efficacia del test. Se le 78 paratie si sono tutte alzate in un tempo tutto sommato accettabile, non altrettanto si può dire della loro discesa, che in alcuni casi è stata molto lunga e problematica. Gli attivisti hanno poi ribadito le già note difficoltà relativamente alla prevenzione dell’usura di questo meccanismo, inadatto al sistema specifico e dinamico delle acque lagunari.

Il vero meccanismo a regime è l’esclusione di qualunque contestazione o critica verso l’effettiva utilità di un’opera del genere.
Non lontano dal desolante scenario dei cantieri dell’opera, sull’isola artificiale della bocca di porto, un analogo modo di procedere autoritario si è osservato nel punto stampa successivo alla cerimonia. Circa le vicende affatto trasparenti del cantiere, al premier è stato chiesto un commento sull’assenza di rappresentanti del Consorzio Venezia Nuova, commissariato dopo l’inchiesta del 2014: Conte ha risposto che, per il Governo, «la legalità è intrinseca», dunque data per assunta, affermando che c’è comunque bisogno di «semplificare le procedure».
Anche la domanda sulle condizioni forse troppo favorevoli di questa verifica tecnica viene scansata con una (sintatticamente discutibile) battuta indirizzata al giornalista: «Non faccia che l’auspicio è che il mare mosso arrivi adesso». La ministra De Micheli, invece, ha confermato la presenza del commissario del Consorzio – che non ha parlato nella cerimonia – spiegando che si è comunque in attesa, prima della fine del commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, di una nuova norma volta a «definire il finanziamento e la struttura non solo del Mose, ma di tutto il sistema della Laguna», sulla quale non c’è per il momento ancora chiarezza.
Forse l’affermazione più schietta era contenuta nella relazione del sindaco Brugnaro, che ha osservato un po’ ruvidamente: «Credo che sia importante che adesso si riesca a trovare un sistema per la gestione di questo Mose.». Confermando implicitamente, che nonostante l’“inaugurazione”, non siano state prese decisioni e si rimanga ancora in alto mare.