Seize the Week è una rubrica che, a cadenza settimanale, riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica si riferisce al periodo dal 27 maggio al 1 giugno 2024.
La caduta della casa Benetton
Domenica scorsa il «Corriere della sera» ha pubblicato un’intervista a Luciano Benetton, fondatore dell’omonimo gruppo che per molti anni è stato considerato il fiore all’occhiello dell’imprenditoria veneta e italiana e il simbolo di un certo capitalismo nostrano di matrice familiare. L’intervista è una confessione, in cui Benetton denuncia una perdita di 100 milioni (in realtà la perdita è molto più alta, come emerso dal consiglio di amministrazione) e incolpa l’amministratore delegato, Massimo Renon, di averlo tradito, non gestendo a dovere il patrimonio e le potenzialità dell’azienda. Sulla stampa tutti i grandi quotidiani hanno ricordato la grande storia della famiglia e il suo (altrettanto grande) declino attuale, tratteggiando una sorta di parabola shakespeariana. In realtà il modus operandi di Benetton non ha niente di particolarmente nobile e segue uno schema abbastanza collaudato dal nostro Luciano nel corso degli anni: da una parte ci sono gli ignari e poveri Benetton, dall’altra gli amministratori delegati che si sono succeduti nel corso di questi anni e da cui la famiglia deve difendersi. È successo nel 2017, quando Luciano annunciava il suo ritorno ai vertici dell’azienda; ed è successo nel 2019 quando, a un anno dalla (vera) tragedia del Ponte Morandi, scaricava l’intera responsabilità dei mancati interventi strutturali al ponte sul management guidato da Giovanni Castellucci.
I progetti di casa Canella: il polo logistico Alì a Padova
Martedì sera è stato il giorno della verità anche per un’altra famiglia veneta, i Canella, alla guida del gruppo Alì Supermercati. Ed è stato un giorno di festeggiamenti, dal momento che, nella notte, il consiglio comunale di Padova ha dato il via libera al progetto di ampliamento del polo logistico di Granze Camin (dagli attuali 46.000 mq ai futuri 154.000). È un passo significativo per Alì. Il polo infatti servirà per abbattere i costi di gestione in vista della futura espansione del gruppo. È l’ennesimo passo di un’ascesa che si concretizzerà nell’apertura, nei prossimi trent’anni, di due supermercati all’anno (si legga a riguardo il bell’articolo di Gianni Belloni su «LIES»). C’è quindi sicuramente da festeggiare per i Canella. Ma per la cittadinanza? In un Paese che sembra attualmente destinato a un significativo crollo demografico nei prossimi anni, in cui i danni ambientali della cementificazione sono sotto gli occhi di tutti, è lecito chiedersi se il futuro allargamento del polo logistico non sia un progetto privo di intelligenza sociale e politica. Tra trent’anni questi progetti saranno ancora essenziali o saranno le ennesime cattedrali di cemento inutilizzabili?
I responsabili del sì
Per placare le polemiche sul consumo di suolo, il sindaco Giordani ha previsto una rinaturalizzazione alla pari con l’ex caserma Romagnoli che ha la stessa superficie dell’intervento. L’idea è quella di far nascere in quel sito un parco da 80mila metri. Una sorta di contentino «green» per riqualificare la zona in cui comparirà il parco (via Chiesanuova che si trova a circa dieci chilometri di distanza da quello in cui si trova attualmente il polo logistico) e per far dimenticare ai cittadini il triste primato che l’attuale giunta comunale si è guadagnato nel corso di questi anni. Già, perché Padova e provincia, secondo analisi ISPAR di settembre 2023, è prima tra le province venete per il consumo di suolo. Allora, in questa sede, vorremmo permetterci di annotare, a nostra futura memoria, quali sono – tra gli attuali membri del consiglio comunale – le figure che hanno avallato il progetto. Per ricordarci alcuni consiglieri del Partito Democratico, ad esempio, che se ad aprile annunciavano su Facebook la loro opposizione al progetto, nel giro di un mese, hanno cambiato idea. Si sa: la politica è anche arte di mediazione.
Un potenziale buco da 13 milioni a Venezia.
Nel frattempo a Venezia, Brugnaro dovrà cercare altre entrate per le casse comunali. È infatti notizia di questa settimana l’annullamento della tassa d’imbarco per tutti quelle persone, soprattutto turisti, che partono dall’aeroporto Marco Polo Tessera. La tassa (2,50 euro) era stata introdotta dal Comune il primo aprile dell’anno scorso per fare in modo che i turisti contribuissero al risanamento del bilancio della città. Nel duello tra Comune e Save, la società che gestisce l’aeroporto, tuttavia ha vinto quest’ultima. Il problema di Brugnaro sarà ora quello di capire come reperire queste entrate potenziali per le casse comunali, senza tassare ulteriormente gli (ormai pochi) residenti del capoluogo veneto.
L’ennesimo femminicidio. Sapere tutto e non capire nulla
Chi avesse aperto i quotidiani locali giovedì mattina avrebbe letto, tra le ultime pagine dedicate alla cronaca locale, una notizia di questo tipo: «Muore lanciandosi in A4 dal ponte». Protagonista della notizia una donna di 34 anni che, probabilmente in uno stato alterato (giovedì si parlava anche di «esami tossicologici»), si sarebbe lanciata per farla finita.
Chi avesse compiuto la stessa identica operazione venerdì mattina, avrebbe scoperto tutti i dettagli, a volte anche morbosi, della storia di quella donna. Ne avrebbe scoperto il nome, Giada Zanola, la storia familiare (aveva un figlio), lavorativa e affettiva, le preoccupazioni e le speranze. Avrebbe scoperto che non è “precipitata” né “si è lanciata” di sua iniziativa da quel cavalcavia, ma è stata invece ammazzata. È l’ennesimo caso di donna uccisa dalla violenza maschile e patriarcale.
Difficile aggiungere altro.
Tuttavia, vorremmo sottolineare lo schifo con cui solitamente i quotidiani locali raccontano ed entrano nella vita di queste donne, con il loro tono forzatamente retorico (il sogno spezzato di una nuova vita) affastellato da gossip di quartiere (i segreti detti all’amica). Nel giro di due giorni, noi abbiamo saputo praticamente tutto su questa donna: con chi aveva deciso di farsi una nuova vita, i messaggi che mandava all’amica, il nuovo lavoro che si apprestava a iniziare, i commenti del parroco di provincia. Eppure, la sensazione è che sia tutto un inutile e istupidito cicaleccio, che non ci permette di capire una cosa molto banale. Che il frutto di queste violenze è sistemico, ossia legato ad un sistema che dal punto di vista materiale e mediatico non permette ancora a queste donne un percorso di fuoriuscita dalla violenza (centri antiviolenza definanziati, reddito di libertà assente). L’unica proposta e risposta è venuta in questi giorni dalla “Passeggiata arrabbiata”(cui hanno partecipato almeno 300 persone), organizzata a Padova da Non Una Di Meno.
Forse la soluzione sta proprio qui, nell’agitarsi e organizzarsi, nel continuare a discutere e riflettere anche al di là delle singole e individuali tragedie. La soluzione sta nel trovare degli spazi che diventino dei presidi territoriali, dove le donne possano parlarsi, incontrarsi e organizzarsi contro le forme di ricatto, violenza, solitudine e sfruttamento che il sistema patriarcale alimenta e, dall’altra parte, dove gli uomini possano praticare l’autocoscienza di sé.
Per fortuna questo posto, a Padova, esiste. E si chiama: Consultoria liberata, in via Salerno, 4. Consigliamo a tutt* di farci un salto.