Seize the Week è una rubrica che, a cadenza settimanale, riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica si riferisce al periodo dal 5 giugno all’11 giugno 2023.
Verona tra acquari e torture
Partiamo dal fatto più importante di questa settimana. Nella giornata di martedì 6 giugno viene diffusa la notizia che un ispettore e quattro agenti della Questura di Verona sono indagati per aver abusato di persone sotto la loro custodia. Le indagini, che procedono da circa otto mesi, hanno fatto emergere una realtà che, purtroppo, non sorprende più di tanto: pestaggi, peculato, omissioni di atti d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Il linguaggio giudiziario ridimensiona e minimizza con la sua freddezza burocratese, quindi fermatevi un attimo e immaginatevi cinque uomini, sicuri dietro la divisa di essere intoccabili, che pestano e pisciano sopra la testa di altri uomini, che li provocano con spray urticanti, che li costringono a pisciare in un angolo di una stanza, che li usano come stracci per pulire quello stesso piscio, che si vantano di averli quasi ammazzati a suon di botte al telefono. Questa è stata la realtà nella Questura di Verona. Il tutto avveniva in una stanza soprannominata «l’acquario», una stanza separata dalle altre da una barriera in plexiglass, dove si potevano osservare i «pesci», cioè le vittime. Tra queste solo una è italiana, mentre gli altri sono stranieri (per due degli agenti c’è l’aggravante anche dell’odio razziale).
Le reazioni della politica
Non è la prima volta che accadono episodi di questo tipo. Pensiamo a cosa successe alla scuola Diaz e a Bolzaneto a Genova nel 2001 o, senza andare troppo lontano nel tempo, a quanto accadde nel 2021 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere o nella caserma dei carabinieri di Piacenza nello stesso anno. Tutti episodi accumunati da due elementi semplici: la prevaricazione di uomini su altri uomini e la quasi totale certezza dell’impunità corporativa. Ma a legare questi episodi sono anche le stesse identiche reazioni istituzionali e politiche. C’è in particolare una frase che ci colpisce per la costanza con cui viene ripetuta, quasi assecondando un automatismo pavloviano. L’antifona è più o meno la stessa: non dobbiamo permettere che il comportamento di alcune mele marce offuschi l’onore della Polizia (o dell’Arma dei Carabinieri, a seconda delle circostanza). A pronunciarle, o meglio scriverle, in una lettera inviata ai suoi sottoposti è questa volta il questore di Verona, Roberto Massucci:
Noi tutti insieme non dobbiamo consentire, che questa triste vicenda – la quale nel tempo avrà la sua verità processuale – possa minare il rapporto di fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni grazie a tutti coloro che ogni giorno servono con disciplina e onore e ai valori che i nostri caduti ci hanno gridato con forza quel giorno, in quel momento, in quel luogo in cui stavano morendo indossando l’uniforme della Polizia»
Peccato che, al conto delle cinque “mele marce” se ne sono aggiunte altre diciassette, indagate per le stesse ragioni. Si è spinto un po’ più in là Flavio Tosi, ex sindaco di Verona e attualmente deputato per Forza Italia, che ha voluto implicitamente mostrare la propria vicinanza non alle vittime, ma ai carnefici. In un’intervista a radio Anch’io, Tosi, dopo aver ridimensionato il fatto («Tortura? Dipende cosa si intende per tortura: se tortura è quella che si vede nei film della Cia…»), ha affermato di essere contrario al reato di tortura introdotto in Italia dal 2017. Alla fine, dice l’ex sindaco, «a casa mia mi hanno educato che, se mi comportavo male, uno scapaccione lo prendevo».
Fermo il progetto di un «Bosco dello sport» a Venezia
Come avevamo anticipato in un articolo di questa settimana, il progetto di creare un nuovo stadio a Tessera, progetto tanto desiderato dal sindaco Brugnaro, ha subito negli ultimi giorni una brusca battuta d’arresto. Il motivo? Il governo, dopo che l’Europa aveva sollevato forti perplessità sull’uso dei fondi del PNRR per quest’opera, ha spiegato che l’investimento non potrà essere sostenuto nemmeno in parte con i fondi statali e dovrà essere interamente a carico del comune. Allo stato attuale, quindi, la gara per realizzazione dell’impianto da calcio è stata sospesa e ridimensionata (da un progetto iniziale che prevedeva la spesa di 308 milioni per l’intero “Bosco dello sport” ora si parla di “soli” 87 milioni di euro). Riuscirà Brugnaro a racimolare i soldi che gli servono?
A Venezia sempre più social housing e meno ERP
Uno dei modi con cui Brugnaro, e con lui anche altre amministrazioni comunali, cerca di racimolare questi soldi è anche quello di trasformare gli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (Erp) in alloggi assegnabili attraverso bandi per il Social Housing. Un articolo di questa settimana pubblicato sul “Gazzettino” parla chiaro: quasi il 70% delle case del Comune di Venezia sono ormai destinate al Social Housing. A cambiare, come vi raccontavamo in un articolo di alcuni mesi fa, non è solo il nome. Le differenze sostanziali tra queste due tipologie di alloggi sono sostanzialmente due: il canone dell’affitto (che passa dai 40 euro al metro quadro per gli alloggi ERP ai 63 al metro quadro per quelli in social housing) e i prerequisiti di accesso al bando. Per partecipare all’assegnazione dei bandi Erp è sufficiente infatti avere un indice Isee compreso tra i 2.001 e i 20.500 euro, mentre per i bandi destinati al social housing è necessario un reddito che va dai 6.000 ai 25.000 euro. Alla luce di questa situazione e della non particolarmente felice congiuntura economica in cui ci troviamo, ci auguriamo che almeno Brugnaro non decida di proseguire con il suo sogno del “Bosco dello sport” a discapito di serie politiche sul diritto alla casa.