Ieri, 17 Settembre , alle sei del mattino è iniziato il picchetto dei lavoratori dei magazzini della nota catena di supermercati veneta Alì Spa, indetto dal sindacato Adl Cobas.
I facchini, recentemente reinternalizzati, dopo le lotte degli anni passati contro il meccanismo dei subappalti, e quindi ora dipendenti diretti di Alì Spa minacciano lo sciopero a oltranza e il blocco totale degli ingressi di camion nei magazzini. Quello che i lavoratori e il sindacato richiedono è il riconoscimento dei diritti e del salario, conquistati dopo anni di battaglie alla società per la quale i facchini erano dipendenti prima della reinternalizzazione, The Log (società recentemente passata alle cronache per una frode fiscale milionaria). Ma la rivendicazione centrale che ha portato alla forte mobilitazione dei lavoratori in questi giorni è il riconoscimento da parte di Alì Spa del proprio sindacato, Adl-cobas. Riconoscimento che de facto è avvenuto nel momento stesso della reinternalizzazione, mediata dal sindacato, ma che ora Alì nega rifiutando incontri, negando il diritto all’assemblea sindacale e non riconoscendo le rappresentanze sindacali dei lavoratori (RSA).
È un problema di lungo corso per il sindacalismo di base, che risale allo statuto dei lavoratori del 1970, tale per cui il diritto a essere rappresentativi per lavoratori e lavoratrici era garantito solo quei sindacati che avessero sottoscritto un accordo nazionale; intervenne la corte costituzionale determinando che il diritto dei lavoratori e delle lavoratici ad essere rappresentati deve appartenere a tutti quei sindacati che siano effettivamente rappresentativi, definizione alquanto ambigua di cui è prevalsa l’interpretazione per cui sarebbero rappresentative le organizzazioni che abbiano sottoscritto almeno un accordo con l’azienda.
Sarebbero rappresentative le organizzazioni che abbiano sottoscritto almeno un accordo con l’azienda
Ma se l’accordo l’azienda non lo fa? Alì prova così ad allontanare dai propri magazzini e dall’azienda un sindacato scomodo. Ecco la ragione molto concreta per cui i dirigenti di Alì eludono il dialogo e cercano di raggiungere patti tra gentiluomini direttamente con i lavoratori, scavalcando paternalisticamente il loro diritto di scegliere da chi essere rappresentati.
Alì spa ha dovuto accettare la reinternalizzazione dei dipendenti perché l’appalto a terzi non garantiva più una riduzione dei costi adeguata, proprio grazie alle lotte sindacali degli ultimi dieci anni, che hanno eliminato paghe da fame e truffe. Ora però vorrebbe tornare indietro sui diritti dei lavoratori.
Dopo lo sciopero e il rallentamento delle merci di ieri è arrivata una proposta di mediazione della prefettura. Così il picchetto davanti ai cancelli dei magazzini di Alì, in quel di via Olanda a Padova, si è sciolto nel pomeriggio in attesa di novità dalla giornata di oggi ma lasciando aperta la possibilità di realizzare quello che era stato programmato per sabato 19: una giornata di volantinaggi davanti ai punti vendita cittadini.