Ieri è iniziata la scuola, fra mille incertezze e problematiche. Il governo si è mosso lentamente, le carenze strutturali dell’istruzione italiana non sono state colmate, di modo che una cattedra su tre è vuota e molte delle classi iniziano senza professori. I problemi dell’eccezionalità si sommano ai problemi ormai incancreniti. Per inaugurare l’anno scolastico, siamo andati a fare due chiacchiere fra chi non ci sta.
Padova, torna in piazza il momento Priorità alla Scuola (da qui in avanti PAS). Lo scorso giovedì sera sul Liston si sono trovati circa 60 tra lavoratori della scuola, studenti e genitori. Molti rimangono i nodi da sciogliere quando resta solo un fine settimana dalla ripresa delle lezioni.
Sono passati circa due mesi e mezzo dall’ultima uscita pubblica di PAS. Da allora gli attivisti sono andati a bussare alle porte degli uffici territoriali che si stanno occupando della ripresa scolastica per portare le istanze di rientro per tutti e in sicurezza, che caratterizzano il movimento dalla sua nascita la scorsa primavera.
Durante lo svolgimento dell’iniziativa è stato fatto il punto sullo stato dell’arte per i vari gradi di istruzione, anche alla luce degli incontri ottenuti con Comune e Provincia. Sulla situazione delle primarie e delle medie gli organizzatori si sono detti moderatamente soddisfatti di quanto fatto, con un rientro in classe garantito a tutti gli studenti nel rispetto delle norme di sicurezza. I problemi principali su questo fronte sono il servizio mensa, che partendo ad ottobre di fatto impedirà la praticabilità del tempo pieno per molte famiglie fino ad allora, e il cosiddetto patto di corresponsabilità, che delega ai genitori dei ragazzi il compito di monitorare le loro condizioni anziché mettere a disposizione personale qualificato per svolgere questo compito negli istituti.
Dure critiche sono state invece rivolte alla Regione. L’accusa è quella di non essersi mossa sugli aspetti più spinosi onde evitare di venire criticata per il suo operato, preferendo rimanere nell’immobilismo in modo da poter spendere le mancanze del Governo in chiave elettorale.

Molti gli interventi di insegnanti, che hanno sottolineato come nulla sia stato fatto per rendere meno drammatica la situazione del precariato scolastico. A fronte delle numerosissime posizioni ancora vacanti rimane una folla di aspiranti insegnanti che per l’ennesimo anno si troveranno nell’incertezza di non sapere quando, dove e come lavoreranno. Una realtà che ogni anno si fa più pesante e che in questo subirà un’impennata per via della didattica integrata. Se infatti per elementari e medie le lezioni saranno seguite nei banchi e non davanti allo schermo di un computer, per le superiori la situazione appare ben diversa. La maggior parte delle scuole della provincia, in particolare quelle della città del Santo, non hanno trovato luoghi abbastanza capienti per potere contenere per intero le proprie classi né, come detto, personale a sufficienza per pensare di ridurle di numero, trovandosi perciò obbligate a ricorrere alla didattica a distanza. Alcune scuole cittadine hanno già pianificato il ricorso a questo strumento per tutta la durata dell’anno scolastico. Le accuse mosse a riguardo sono sul carattere peggiorativo e classista di questo sistema di insegnamento “reso l’unica scelta possibile grazie alla mancanza di finanziamenti adeguati e di assunzioni da parte dei governi che si sono susseguiti negli ultimi anni” afferma un partecipante.
La formula che sembra andare per la maggiore è quella di turnare gli studenti delle singole classi tra chi seguirà le lezioni in presenza e chi in rete. Da qui la necessità, ancora maggiore del solito, di personale. Sono infatti previste assunzioni di docenti di potenziamento il cui compito sarà quello di affiancare i titolari delle cattedre in questa sorta di didattica ibrida. Previste appunto ma non ancora effettuate, con l’aggravante che per questi contratti il Governo ha previsto la possibilità da parte dei presidi di aggiungete una clausola rescissoria in caso di una nuova chiusura delle scuole. PAS ha definito questa decisione una presa in giro per tutti i precari oltre che un ulteriore passo avanti nello sdoganamento del lavoro a chiamarla a scuola. Una prova di ipocrisia da parte di un esecutivo che un mese fa andava in televisione, nella figura del Presidente del Consiglio, a ringraziare gli insegnanti per l’impegno profuso durante il lockdown. Gli organizzatori hanno inoltre affermato di aver richiesto all’assessora alle politiche educative e scolastiche del comune di Padova Cristina Piva di prendere posizione pubblicamente chiedendo ai dirigenti scolastici di non ricorrere a questo tipo di contratti.
Un altro tema portato alla luce è quello dei trasporti insufficienti per garantire un corretto distanziamento fra i passeggeri. Busitalia, ragionando puramente in termini di utili, ha deciso di utilizzare i fondi stanziati dalla Regione per ripianare le perdite subite la scorsa primavera piuttosto che implementare le corse in maniera adeguata alla situazione che si presenterà all’inizio del muovo anno scolastico. Una scelta che rischia di vanificare gli sforzi per controllare la diffusione del virus all’interno delle scuole.
Le proposte portate in piazza dal movimento sono state chiare e concrete. In primis la richiesta di investimenti strutturali nell’istruzione e nella ricerca, con l’indicazione che una parte consistente del Recovery Fund venga destinato alla scuola. Risorse che devono essere utilizzate per un abbattimento drastico del precariato, per favorire un turn over generazionale da troppo tempo bloccato, per intervenire seriamente sull’edilizia scolastica e per garantire presidi sanitari all’interno degli istituti. Quest’ultimo punto in particolare è visto come uno strumento necessario per “riattivare la medicina scolastica come pratica di salute e cultura collettiva”, come recitavano i volantini distribuiti ai passanti durante il presidio.
Rivendicazioni che troveranno di nuovo spazio pubblico il 25 e 26 settembre, le prossime date di PAS rilanciate al termine del presidio. Il venerdì è prevista una mobilitazione cittadina che anticiperà quella nazionale del sabato in piazza del popolo a Roma. Per allora le lezioni saranno ripartite, in parziale presenza ed in parziale sicurezza. Non quello che speravamo e nemmeno quello che ci era stato garantito.

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