Intervista a Gianni Belloni, portavoce dell’Osservatorio Civico sul PNRR in Veneto
di Leonardo Mezzalira
Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), formulato tra il 2021 e il 2022 a seguito della pandemia di Covid-19, lo Stato sta tornando (finalmente) a fare spesa pubblica. Ma in un Paese indebolito da decenni di tagli, con un’amministrazione pubblica cronicamente sotto organico, e una mentalità che ormai si era assuefatta al laissez faire neoliberista, un’operazione del genere non può essere del tutto trasparente e indolore.
Per non rinunciare a comprendere cosa sta succedendo, e anche per tentare di vegliare e influire sul processo dal basso, su iniziativa di varie realtà della nostra Regione è nato l’Osservatorio Civico sul PNRR in Veneto. Abbiamo incontrato il suo portavoce, Gianni Belloni, e gli abbiamo fatto alcune domande per comprendere meglio quale sia la visione dell’Osservatorio e quali siano i suoi obiettivi. E anche per avere uno sguardo d’insieme sul piano, sulla sua declinazione in Veneto e sui suoi nodi più critici.
Innanzitutto: perché il PNRR è così importante?
Il PNRR è la declinazione italiana di Next Generation UE, la risposta dell’Unione Europea alla crisi provocata dal Covid. Se confrontiamo questo insieme di misure con quelle che erano state messe in campo dopo la crisi del 2008, ci accorgiamo che nella politica economica europea è avvenuto un cambio di paradigma radicale. A quell’epoca sono state imposte politiche di austerità volte al «risanamento dei conti pubblici» che hanno causato la distruzione del welfare nei Paesi più deboli. Oggi viene varato un enorme piano di spesa pubblica, e sembra tornare una concezione solidaristica dei rapporti tra gli Stati dell’Unione. Mai, in tempi recenti, si era assistito a un investimento pubblico di queste dimensioni.
A cos’è dovuta questa svolta? Si può dire che nel 2008 il mercato chiedeva meno Stato, mentre oggi chiede più sostegni e spesa pubblica?
Da un lato, anche a seguito della pandemia, sono diventati molto più visibili i limiti del neoliberismo. Dall’altro, sì, da parte di certi settori (come quello dell’economia verde e della transizione tecnologica) l’aumento degli investimenti pubblici è visto con favore.
Chi ha formulato i progetti del PNRR?
Ecco un primo nodo critico. A livello nazionale l’impostazione generale è stata data da Draghi, che ha voluto vincolare gli obiettivi al compimento di alcune discutibili «riforme abilitanti» (giustizia, appalti, semplificazione, fisco) che vanno ancora in direzione neoliberista. A livello pratico invece una gran parte della progettazione è stata svolta dalle amministrazioni locali, spesso recuperando progetti già presenti e riformulandoli per finanziarli con i nuovi fondi. Spesso i soldi sono stati assegnati tramite bandi rivolti agli enti locali, il che però tende a favorire le amministrazioni più in salute, dotate delle competenze e del personale necessario per scrivere i progetti e gestirne l’applicazione. In generale si nota che gli organi dello Stato, tartassati da anni di tagli e di laissez faire, perlopiù non sono attrezzati per la gestione di una spesa pubblica di queste dimensioni.
Ma nella formulazione degli interventi finanziati con il PNRR c’è stato un coinvolgimento della popolazione?
In realtà la società civile, i partiti e anche il Parlamento sono stati coinvolti molto poco nella pianificazione. Eppure il PNRR rappresenta un intervento statale nell’economia senza precedenti e si lega anche a un processo di riconfigurazione istituzionale, sia per via delle «riforme abilitanti», sia perché segna un rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio (che ha messo la faccia sul progetto). A fronte di un piano di tale portata dobbiamo cercare di renderci conto dei processi storici in atto, e tentare un controllo dal basso. Per questo nasce l’Osservatorio Civico sul PNRR in Veneto.
Chi ha promosso l’Osservatorio? E quali sono i suoi intenti?
L’Osservatorio nasce su iniziativa di LIES (Laboratorio dell’inchiesta economica e sociale) e CIDV (Centro di documentazione ed inchiesta sulla criminalità organizzata in Veneto), di Libera, dei soci del Nord-Est di Banca Etica, dello IUAV di Venezia, della CGIL e del COVESAP (Coordinamento Veneto Sanità Pubblica). Vuole promuovere il dibattito sul PNRR, la dialettica con le amministrazioni locali e il monitoraggio civico dei vari progetti e delle opere previste dal piano.
Quali sono i rischi che temete?
C’è il pericolo che si generino dinamiche collusive, corruzione, cartelli di potere. Quasi la metà degli investimenti riguarda il settore edilizio e delle infrastrutture, e in Veneto abbiamo una lunga tradizione di opacità in questi settori (basta pensare a quello che è successo con il MOSE). Ma il nostro obiettivo non è solo scongiurare il peggio: è anche cercare di fare in modo che il PNRR sia usato per perseguire il meglio, cioè la lotta alle disuguaglianze e alla crisi climatica. L’Osservatorio quindi porterà avanti anche attivamente proposte e – se necessario – proteste in dialettica con gli enti e le amministrazioni che gestiscono il piano.
Puoi nominare qualche caso specifico?
Un primo esempio può essere il caso della gestione delle future Case della comunità. Il PNRR disegna un nuovo assetto della sanità pubblica, imposto alle Regioni dallo Stato centrale dopo che era stato constatato lo stato disastroso della sanità territoriale a seguito di decenni di tagli. È previsto un potenziamento della medicina territoriale con l’istituzione di queste Case, una ogni 40-50.000 abitanti, destinate a prendere in carico la salute dei cittadini prima dell’accesso all’ospedale. Il monitoraggio può riguardare da un lato la distribuzione sul territorio di queste realtà (per il centro storico di Venezia, nonostante le sue dimensioni e la sua particolare collocazione geografica, non ne è prevista nemmeno una) e dall’altro il modo in cui verranno gestite, che sarà sicuramente molto problematico data la drammatica mancanza di personale medico e infermieristico. E se finissero per venire appaltate a privati?
Un altro esempio è quello del principio DNSH (Do No Significant Harm). In tutto il piano Next Generation UE è stato inserito questo principio vincolante, che vieta di finanziare opere che arrechino danni significativi all’ambiente: per questo con il PNRR non si possono finanziare nuove strade o aeroporti, e per questo – per fortuna – Brugnaro non l’ha potuto usare per il suo Bosco dello Sport. Si tratta di un principio rivoluzionario, ma in Veneto c’è il rischio che venga depotenziato, riducendolo a una sorta di check list da applicare meccanicamente a posteriori, come una sorta di autocertificazione. Vogliamo invece spingere per la creazione di una task force presso la Regione con il compito di valutare ogni progetto (e il relativo svolgimento) sulla base del principio DNSH ed eventualmente di bloccarlo o modificarlo.
Come funzionerà praticamente il monitoraggio da parte dell’Osservatorio?
Attualmente è in atto un crowdfunding volto a sostenere le nostre prime attività: sito web, comunicazione, e due finesettimana di formazione che si svolgeranno in giugno. A questi incontri parteciperanno i futuri «comitati monitoranti», ciascuno dei quali potrà adottare un’opera e seguire il suo sviluppo con l’ausilio di una scheda di monitoraggio elaborata da una rete di organizzazioni (Università del Sacro Cuore, Libera e Banca Etica) che abbiamo adattato alla realtà veneta. I comitati monitoranti potranno essere costituiti da gruppi di cittadini, sindacati, presìdi già esistenti, magari anche classi di scuola superiore nell’ambito del curricolo di educazione civica. L’Osservatorio è aperto ad adesioni di soggetti della società civile veneta: abbiamo bisogno di una rete più ampia possibile per riuscire a creare un efficace dibattito dal basso su questo cambiamento storico.