20 Ottobre, ore 7.00 circa. Una forza di circa 150 agenti in assetto antisommossa entra improvvisamente negli spazi del Centro Sociale Rivolta a Marghera e nella vicina azienda R3B, in cui sono impiegati, tra gli altri, proprio alcuni attivisti. Non si capisce, inizialmente, il motivo di un’indagine tanto massiccia quanto improvvisa: ma tra i perquisiti, sin da subito, si fa strada la tesi sulle ragioni di questo intervento delle forze dell’ordine. Come dichiarato da alcuni responsabili del centro sociale, si immagina che la perquisizione rappresenti un esito dell’iniziativa della neonato progetto Riseup4climatejustice, che a metà settembre aveva compiuto un’azione simbolica di “sanzione” contro ENI introducendosi nella raffineria nella zona industriale. Sempre secondo quanto dichiarato in seguito dagli esponenti del Rivolta, gli agenti non avrebbero trovato nulla se non qualche striscione, ma si sarebbero comunque preoccupati di ritirare le liste – stilate per ragioni sanitarie – di nominativi di ingresso agli spazi di via Fratelli Bandiera.
L’ipotesi di un atto politico è stata sostenuta anche da alcuni esponenti dell’opposizione comunale appena insediatasi, che hanno comunque richiesto un chiarimento su una faccenda che mantiene una certa opacità.
Verso le 14 è già pubblico un comunicato unitario di Filctem Cgil, Cisl e Uil, che plaude invece al comportamento tenuto dalle forza dell’ordine. Secondo i sindacati, infatti, era necessario scoraggiare un’azione eversiva durante la quale solamente «grazie al buon senso e alla responsabilità dei lavoratori presenti in bioraffineria in quei convulsi momenti non si è sfiorato lo scontro e, cosa ancor più grave, un incidente che avrebbe portato danni agli impianti e al sistema ambientale». I sindacati, in questa dichiarazione congiunta con Confindustria che ha dell’incredibile, si schierano così dalla parte del prefetto, lamentando l’assenza di una forte condanna morale e politica dei soprusi – così si intuisce leggendo le due paginette – perpetuati dagli ambientalisti ai danni di chi «si guadagna da vivere lavorando nel rispetto delle leggi».
Durante pomeriggio, si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà da tutta Italia nei confronti del Rivolta, da parte di centri sociali e organizzazioni ambientaliste.
L’ipotesi degli attivisti potrebbe aprire scenari problematici e non del tutto noti sulle iniziative di repressione dei gruppi industriali che vanno esaminate con cautela, ma non sottovalutati: ricordiamo che Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia, dopo i fatti della raffineria, aveva rilasciato un comunicato stampa dal tono appassionatamente padronale, dichiarando: “Rivolgo dunque un appello ai cittadini, alle OO.SS., alle Istituzioni: non rimaniamo indifferenti di fronte ad offensive prive di senso come quella subita, ancora una volta, da Eni […] Dietro alla finta demagogia […] non si nasconde alcun valore. È giunta l’ora di dire a questi pseudo ambientalisti di stare a casa loro: noi qui non li vogliamo”.
Prefettura, Confindustria, sindacati confederali e potere politico (è inutile dirlo) si schierano quindi contro le azioni degli ambientalisti, colpevoli di un’azione forte ma simbolica e non violenta. La ritorsione fa perno sugli spazi sociali, rafforzando la tendenza che vede, in tutta la regione, un attacco ai luoghi politicamente connotati. In questo come in altri casi, non è bastato il fatto che un luogo sia concesso ufficialmente da un’amministrazione comunale perché le perquisizioni si fermassero.
Al netto di tutto, che la Lega o le questure vadano in questa direzione non stupisce; che le perquisizioni avvengano con pesanti ombre su modalità, autorizzazioni e mandanti, e soprattutto che la CGIL si schieri così fortemente assieme a Confindustria preoccupa invece di più. Il fatto che il sindacato chieda una condanna (anche morale!) di un’azione ambientalista che andrebbe contro il lavoro ha il sapore di una rimozione storica: è stato a Marghera che, cinquant’anni fa, l’alternativa fra salute e lavoro, fra ambiente e lavoro, si è posta per la prima volta in modo netto.
Il bilancio della vicenda pare in ogni caso a favore del Rivolta: l’intervento delle forze dell’ordine, più che un semplice buco nell’acqua, sembra essersi trasformato in un boomerang: la repressione genera solidarietà.
Sabato 24 Ottobre gli attivisti di RiseUp4climatejustice si ritrovano per una conferenza stampa davanti alla sede ENI di Milano, raccogliendo testimonianze di solidarietà dagli altri comitati nazionali. La conflittualità con Eni, insomma, sembra destinata a rinvigorirsi: maggiori indizi sugli sviluppi di queste lotte si avranno dopo l’assemblea di Rise Up, convocata online per il 5 Novembre.