Seize the Week è una rubrica che riporta i fatti più significativi avvenuti nelle città e nei territori del Veneto. Un’informazione sintetica, indipendente e critica su ciò che accade in regione: fatti politici, realtà di movimento, scioperi, problemi ambientali e molto altro. Questo numero della rubrica è dedicato al tema #ambiente.
“Ma ti rendi conto di quello che stai facendo?” è la domanda che Alex Zaffonato, assessore di minoranza ad Albettone, rivolgerebbe al primo cittadino, il famigerato Joe Formaggio.
Il tema della controversia è il possibile insediamento sul territorio comunale di una nota azienda di componenti chimici, la Unichimica.
La lista civica SiAmo Albettone sta cercando di mettere in guardia la cittadinanza dai possibili rischi che l’insediamento della fabbrica, in una zona prettamente agricola, potrebbe comportare.
Dicono che è sicura, che non ci saranno versamenti, che non c’è nulla da temere. Dicono che sarà un volano per l’economia. Ma dietro queste parole, dietro quella manciata di posti di lavoro promessi, sembra si nascondano interessi ben diversi dalla salute dei cittadini.
Trissino non è lontana e il ricordo della Miteni è ancora fresco.
La Miteni, la fabbrica condannata per la contaminazione da Pfas nelle acque fluviali, è in provincia di Vicenza che in questi giorni è salita agli onori della cronaca come quarta città in Europa per il asso di mortalità da polveri sottili (PM2.5). Le prime due sono in Lombardia.
Lo studio condotto da ricercatori dell’Università di Utrecht, del Global Health Institute di Barcellona e del Tropical and Public Health Institute svizzero, ha dimostrato che 51mila morti premature da PM2,5 e 900 da NO2 potrebbero essere evitate ogni anno, se le città prese in esame riducessero i livelli dei due inquinanti raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Ma si sa che in Veneto l’agenda è un’altra. Adesso c’è l’emergenza pandemica, ma ci sarà sempre qualcosa di prioritario rispetto alla tutela ambientale. Questo atteggiamento, tra le altre cose, nega l’interdipendenza che da più parti si sta disegnando tra decorso grave del Covid-19 e inquinamento.
L’Espresso ha evidenziato come la Regione abbia smesso di controllare i veleni nelle acque da più di un anno. Ben prima, quindi, che la situazione sanitaria si facesse critica. Il disinteresse è ancora giù grave se si prende in considerazione la correlazione espressa in una ricerca, ancora non sottoposta a peer review, tra la presenza nel sangue di certe sostanze e le forme più severe della malattia.
Uno dei problemi di questo tema è rappresentato dal fatto che molto spesso, nonostante le prese di posizione anti-localistiche, la tutela ambientale ci tocchi veramente solo nel momento in cui la terra ci frana sotto i piedi. Così come dimostra l’ira dei comitati nel veneziano per l’ipotesi che l’inceneritore di Fusina possa bruciare, oltre ai fanghi provenienti dalla valle del Chiampo, anche gli Pfas, derivati dal fluoro al centro del caso Miteni.
Mattia Donadel, uno dei volti storici dell’ambientalismo della riviera del Brenta, ha rilasciato un’intervista a VicenzaToday in cui si chiede:
“È mai possibile – attacca l’attivista – che si debbano scaricare sul Veneziano, un comprensorio già provato di per sé, le rogne produttive del distretto industriale dell’Ovest vicentino a partire dai Pfas? E noi non ne facciamo una questione localistica, Nimby per dirla all’inglese. Queste operazioni non vanno bene, sia che prendano corpo in laguna sia nei berici. Non vanno bene e basta perché l’ambiente è già sofferente di suo”.
Il secondo passaggio dell’intervista è fondamentale per uscire dall’idea che tutelare l’ambiente equivalga a prendersi cura del proprio piccolo orto, anche a discapito di altri piccoli orti.
Non è chiaro se la pensi così la consigliera regionale di minoranza Elena Ostanel de Il Veneto che Vogliamo dopo l’annuncio della costruzione di una quarta linea dell’inceneritore a Padova: «Non si può pensare che a Padova vengano inceneriti i rifiuti di mezzo Veneto»
“L’attuale Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali è in scadenza e all’orizzonte non ne vediamo uno nuovo. Prima di parlare di nuovi progetti di incenerimento serve dotare la nostra Regione di una pianificazione adeguata, evitando di lasciare i cittadini e i Comuni veneti in balia delle iniziative delle imprese che gestiscono i rifiuti”
E continua: «Una seria programmazione regionale dovrebbe quindi prevedere una diminuzione dei rifiuti complessivamente inceneriti nell’impianto di Padova, avendo anche presente che sorge a pochi chilometri dal sito che ospiterà il nuovo polo ospedaliero. E anche HERA S.p.A., che teoricamente dovrebbe essere ancora sotto il controllo pubblico, non può non condividere che la salute deve venire prima degli utili per gli azionisti».
Padova è una delle città più inquinate d’Italia ma non è questo il motivo per il quale la quarta linea dell’inceneritore non dovrebbe essere costruita, né per la sua vicinanza al nuovo polo ospedaliero.
HERA S.p.A e la giunta regionale di Luca Zaia dovrebbero non solo evitare che Padova diventi la ciminiera del Veneto, il che è sacrosanto, ma ripensare totalmente il modo in cui vengono smaltiti i rifiuti nella nostra regione. Non per salvaguardare il nostro piccolo giardino, ma per evitare che aziende private aumentino i profitti sulla pelle di cittadine e cittadini, come è stato affermato durante il presidio che si è tenuto sabato 16 gennaio in città, indetto da La società della cura, che in città riunisce molti cittadini e organizzazioni attorno a un progetto che fa della cura e dell’ambiente un baluardo.
Ma non finisce qui.
Gli interessi privati si sono fatti sentire sempre a Padova anche sul tema del verde cittadino. La cittadinanza sembra dover dire addio all’idea del Parco del Basso Isonzo. Quei tre ettari (36 mila metri cubi) facevano gola al mercato immobiliare e se li è aggiudicati Aspiag, concessionaria del marchio Despar nel NordEst. La strada per il verde a Padova è sempre più in salita
Tutte queste notizie si ricollegano ai tanti Seize the Week dei mesi passati per disegnare un quadro sempre più disperante in cui i fatti più gravi molto spesso si incrociano con infiltrazioni mafiose e grandi società quotate in borsa.
Succede in tutto il Veneto e continua a succedere. Chiudiamo però con questa notizia, una nota di speranza.
Un residente di San Vito di Altivole ha filmato un interramento di rifiuti in un cantiere sulla Pedemontana. Aveva visto delle manovre sospette e la Regione davanti all’evidenza ha mobilitato i carabinieri del Noe e la ditta appaltatrice li ha rimossi. Ma se non fosse passato nessuno?
Non è possibile affidarsi alla buona volontà dei singoli, dei residenti, dei passanti o di chi per loro. Dice il commento che accompagna la ripresa: “Qua semo drio querzar tute e imondizie. Bel lavoro. Pedemontana. Lavori suea Pedemontana. Copertura immondizie”.
Sembra che la soluzione di querzar tute le imondizie stia tornando di moda. Il prezzo riguarda tutti noi ed è un prezzo troppo alto da accettare.