Cosa sarà la scuola dal prossimo settembre? Una domanda che con l’avanzare della bella stagione si sta facendo sempre più stringente. Il ritorno fra i banchi si avvicina ma lo stesso non si può dire per le decisioni che tale ritorno dovrebbero garantire.
I problemi a riguardo sarebbero molti anche senza lo spettro di un nuovo innalzamento dei contagi da COVID-19 ma il Governo non sembra avere né la capacità tecnica né tanto meno quella politica per affrontarli. Da mesi ormai la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina ci fa sapere con insistenza quanto duramente si stia applicando sulla questione, ma ad oggi da viale Trastevere tutto ciò che è uscito sono delle vaghe linee guida all’indirizzo dei dirigenti scolastici, ai quali viene delegata la responsabilità di scegliere come applicarle per garantire il funzionamento dei propri istituti. Il tutto tramite la guida di tavoli regionali in cui le istituzioni scolastiche e gli enti locali avranno il compito di integrare le indicazioni ministeriali alla luce delle specificità del territorio di loro competenza.
Oltre a pretendere che altri attori si assumano l’impegno di risolvere la situazione, in un meccanismo a cascata che parte dalle Regioni per arrivare fino ai singoli istituti, il Governo non ha neanche concesso loro le risorse necessarie per farlo. Con appena due miliardi stanziati i fondi per la scuola superano di poco quelli promessi a dicembre, quindi prima dello scoppio dell’epidemia, all’ex ministro Fioramonti, il quale ritenendo la somma assolutamente insufficiente si dimise a fine 2019.
In questo contesto da mesi una rete di comitati, sotto la sigla di Priorità alla Scuola, ha cominciato a muoversi e far sentire la propria voce per un rientro a scuola in presenza ed in sicurezza.
Si tratta di una realtà nata in aprile a partire da una lettera scritta da lavoratori scolastici, genitori e studenti all’indirizzo della ministra Azzolina sui temi sopra citati. La lettera non ha avuto risposta ma la posizione del comitato ha avuto seguito. In poco tempo infatti Priorità alla Scuola ha visto aumentare le proprie diramazioni territoriali arrivando a coprire oltre 60 città italiane. È stato inoltre capace di portare migliaia di persone nelle piazze di queste città, con una prima uscita il 23 maggio a cui ha fatto seguito una seconda il 25 giugno ovvero il giorno dopo l’uscita delle linee guida ministeriali. In quest’ultima data nella sola città di Padova circa 300 persone si sono trovate in presidio sotto alla sede del Comune.
Ora, con la smarcatura da parte del ministero, la partita sul futuro della scuola si sta giocando in Regione. Per tale motivo, questo lunedì, Priorità alla Scuola ha bussato alle porte dei consigli regionali. A palazzo Balbi a Venezia, come in altre dieci regioni, le diramazioni territoriali del comitato hanno consegnato una lettera contenente le proprie rivendicazioni. Una delegazione dei comitati di Padova, Vicenza e Verona ha presentato formalmente la richiesta di un incontro con l’assessora all’istruzione Donazzan e alla sanità e sociale Lanzarin.
Il Veneto e l’Emilia-Romagna sono per ora le uniche due regioni ad aver prodotto delle proprie linee guida sul rientro in classe ma, sebbene nel caso del Veneto ci siano stati degli elementi chiarificanti sul come gestire il distanziamento fra gli studenti in classe, le perplessità rimangono molte. Data infatti la necessità di adottare delle norme di sicurezza e distanziamento efficaci è impensabile poter continuare a tenere nella stessa classe 30 ragazzi. Tuttavia una riduzione degli alunni per classe implica una disponibilità di personale e di spazi che allo stato attuale non c’è e non si capisce come potrà esserci tra due mesi visti i miseri investimenti del governo nel comparto scuola.
“Senza organico in più è impensabile cercare di posizionare anche fisicamente una classe di quelle attuali, organico che non significa solo insegnanti” spiega Carlo Salmaso dei Cobas Scuola dal presidio di fronte alla Regione. Se infatti il mancato avvio dei concorsi per docenti porterà ad iniziare l’anno con circa il 25% delle cattedre vacanti, il problema riguarda anche il personale ATA, insufficiente per far fronte al maggior lavoro di gestione e sanificazione degli spazi necessario per garantire un rientro in sicurezza. “In Veneto come nel resto di Italia ci sono scuole che hanno uno o due bidelli per plesso”, continua il sindacalista, “l’altro problema non indifferente è la questione dei trasporti. C’è già stata una conferenza di servizio fra i rappresentanti delle regioni, i gestori dei servizi pubblici e, in alcuni casi, i rappresentanti delle provincie. A noi lascia molto perplesso che a fronte di un distanziamento che si cerca di provare a garantire nelle aule, contemporaneamente i trasporti viaggeranno esattamente come viaggiavano pre COVID, cioè sostanzialmente con la capienza massima consentita. Dicendo: basta che gli studenti indossino la mascherina. Ora, personale per verificare che queste mascherine siano veramente tirate su non ce n’è, ma soprattutto è irragionevole pensare di avere delle misure discrete dentro le scuole e contemporaneamente prevedere un servizio che viaggia stipato come le sardine”.
Nella lettera consegnata a palazzo Balbi si chiede inoltre di chiarire i motivi per cui la Regione ha accettato le linee guida approntate dal ministero. Infatti in prima battuta enti locali, Regioni e dirigenti scolastici avevano criticato il documento, evidenziato l’impossibilità di garantire un rientro a scuola, in tutti gli ordini e gradi, senza riduzione di orario, turni e didattica a distanza. Tuttavia a seguito dell’incontro tra Regioni e Governo le linee guida sono state accettate con variazioni minime e con la promessa di un miliardo di finanziamento straordinario, di gran lunga inferiore rispetto a quanto le Regioni stesse e le componenti scolastiche avevano indicato come necessario. Vale la pena di sottolineare che tra le minime modifiche rientra quella sulla presenza ai tavoli regionali di sindacati e associazioni della scuola, che da partecipanti ai tavoli si sono visti declassare a realtà che verranno sentite
Un altro punto critico sottolineato da Priorità alla Scuola è la mancanza di linee guida per la fascia 0/3 anni, che lascia nell’incertezza e nell’impossibilità di poter organizzare la propria vita migliaia di genitori. Quello che è dato sapere per ora, tramite le dichiarazioni dell’assessora Lanzarin, è che non verranno finanziate nuove costruzioni o messe a norma per questa fascia di età.
Oltre che in Regione il comitato si è attivato per aprire un confronto con le altre parti coinvolte: Provincie, Comuni e dirigenti scolastici. Nei prossimi giorni sapremo gli esiti di questi incontri e, si spera, qualche informazione sul prossimo anno scolastico. Quello che è certo è che la scuola di domani si prospetta disastrata ed il momento per cambiare rotta è oggi.