di Saverio Alberini
Negli ultimi anni il comune di Padova sta investendo molto sulla viabilità sostenibile, in particolare siamo già a 12 milioni di euro stanziati solamente per l’ampliamento della rete ciclabile. Per questo il vicesindaco e assessore ai lavori pubblici Andrea Micalizzi aggiunge anche l’impegno di “riqualificazione della viabilità, per dare più spazio a pedoni e ciclisti”. Inoltre, Padova è dal 2018 prima in Italia come km di piste ciclabili rispetto alla sua superficie e, dulcis in fundo, nel 2023 ha ottenuto il riconoscimento di “Comune Ciclabile” da parte della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB). D’altro canto, però, la città del Santo si trova tristemente al vertice della classifica di morti in bicicletta, posizionandosi seconda dietro la trafficata Milano. Inoltre, chi si muove quotidianamente in bicicletta saprà che la viabilità ciclabile non è certo esente da problematicità.
PADOVA CITTÀ CICLABILE?
La criticità principale è il mancato ammodernamento dei km ciclabili già presenti da anni sul territorio. Emblematico è lo stato del fondo stradale di molti tratti di pista ciclabile; il quale, per via dell’usura o della presenza di radici sottostanti, risulta per diversi tratti ai limiti della praticabilità. Un esempio più specifico di problematicità sono gli archetti presenti in corrispondenza di inizio e fine del tratto riservato alle biciclette, i quali costituiscono una vera e propria barriera architettonica per i mezzi a due ruote come biciclette cargo o con carrellino sempre più popolari. Queste barriere oltre ad avere un posizionamento che sembra prettamente estetico – vedi quelli in via Rismondo – sono anche causa di frequenti incomprensioni di precedenza con i pedoni, creando così ulteriori rallentamenti e disagi.
Mentre per quanto riguarda i tratti di recente fattura, in diversi casi è stato scelto di riservare una porzione della carreggiata alla corsia ciclabile, senza separazione fisica, ma semplicemente demarcandola con vernice sull’asfalto. Questa soluzione – vedi via Buonarroti o via Cornaro – avrebbe solamente lo scopo di segnalare la presenza dei ciclisti tramite riquadri rossi sull’asfalto.
Appare chiaro che questo strumento non tutela in alcun modo chi si muove in bicicletta, ma piuttosto responsabilizza interamente gli automobilisti. Ancora tanto può essere fatto sul fronte dell’educazione e del rispetto dei ciclisti, eppure dovrebbe essere la progettualità urbana a rendere possibile la convivenza tra automobili e biciclette. Degli attuali tratti ciclabili però si fatica ad interpretarne la progettualità. Infatti, al ciclista padovano basterà seguire una pista ciclabile per pochi minuti per trovarsi obbligato a destreggiarsi tra: salite e discese del marciapiede, improvvisi cambi di lato della strada e rallentamenti dovuti ai già menzionati archetti divisori. La rete ciclabile, quindi, sembra mancare di un’organizzazione macroscopica che ne permetta la percorrenza senza difficoltà. Il che ovviamente finisce per disincentivare l’utilizzo delle piste ciclabili e non contribuisce a costruire una sensibilità nei confronti della mobilità sostenibile.
LA BICIPOLITANA
Grande vanto dell’amministrazione è il progetto della Bicipolitana, una rete ciclabile che dovrebbe andare ad ampliare la lunghezza degli itinerari ciclabili dagli attuali 178 km fino a 300 km. I soldi in arrivo sono tanti, principalmente dai fondi del Pnrr, e verranno impiegati, spiega Micalizzi, per “la riqualificazione della città in una prospettiva di sviluppo della mobilità sostenibile, attraverso soluzioni di accessibilità inclusiva, ciclabilità e sicurezza stradale”. Tuttavia questa narrazione sembra contrastare con le diverse criticità evidenziate, presenti sia nei tratti più vecchi che in quelli appena realizzati. È quindi con scetticismo che andrebbe visto questo imponente progetto di ampliamento della rete ciclabile, che dovrebbe inserirsi in un contesto di viabilità già tutt’altro che ottimale. Date, appunto, le problematicità che ne complicano la fruizione, non si capisce la necessità di una così ingente estensione invece di interventi di manutenzione e ammodernamento dei tratti già presenti. Un altro punto di domanda sul progetto riguarda la distribuzione sul territorio degli interventi recentemente approvati. Colpisce infatti la totale assenza di progetti nel quartiere Arcella, il quale ne avrebbe bisogno soprattutto per quanto riguarda la direttrice principale – via Aspetti e via Reni – lungo la quale i molti ciclisti si trovano pericolosamente schiacciati a bordo strada tra veicoli in corsa e marciapiede.
DATE A GIORDANI QUEL CHE È DI GIORDANI
Quel che lascia ben sperare è la presenza di diversi interventi ben realizzati, che hanno effettivamente migliorato la viabilità ciclistica. Come il rifacimento della ciclabile in via Gattamelata, che nella parte est è composta da una sede riservata sul marciapiede e che poi continua sulla sede stradale dagli Ospedali in poi. Mentre in Arcella – in via Piacentino – è stata istituita una zona 30 con senso unico per le automobili e una pista ciclabile a lato della strada.
In particolare, la creazione di zone con limite a 30 km/h nei centri urbani è una soluzione adottata da sempre più città, sia in Europa sia in Italia; ed ha lo scopo non solo di salvaguardare la componente fragile della strada (pedoni e ciclisti) ma anche di disincentivare la scelta dell’automobile. In questo senso quindi si ampliano le perplessità riguardo agli investimenti in un grande progetto, come la Bicipolitana, a discapito di una conversione strutturale verso la viabilità sostenibile; il che dovrebbe voler dire ampliamento di km ciclabili in combinazione con misure che scoraggino l’utilizzo delle quattro ruote. Anche nella migliore ipotesi, il progetto della Bicipolitana rischia di creare una situazione in cui le biciclette vengono “ghettizzate” al di fuori dello spazio riservato alle macchine, così da lasciare immutata la viabilità dei mezzi a motore. Questo scenario non dipinge di certo la riqualificazione sostenibile della viabilità auspicata e non assicura la sicurezza di ciclisti e pedoni nei tratti tra una zona dedicata e l’altra.
MOBILITÀ SOSTENIBILE NON SIGNIFICA MENTALITÀ SOSTENIBILE
In sintesi, Padova può vantare un’ampia rete ciclabile e i progetti di ampliamento hanno la possibilità di giovare alla cittadinanza. L’auspicio è che l’amministrazione sia in grado di affrontare la sfida tenendo conto della visione d’insieme sia dell’intera rete sia del contesto di transizione ecologica più generale. Ovvero che, in primo luogo, sia in grado di assicurare l’effettiva percorribilità dei tratti ciclabili in modo da incentivare l’uso della bicicletta; e in secondo luogo, che sappia inserire i progetti nel contesto di trasformazione ecosostenibile della città nella sua interezza. Infatti, se l’intento è quello di tutelare maggiormente le persone attraverso la riqualificazione della viabilità, allora l’unica strada possibile è quella di ripensare l’urbanistica in funzione della bicicletta (come ad esempio Amsterdam, prima fortemente trafficata ora indiscussa “capitale della bicicletta”, ma anche in prospettiva futura Parigi). Perché nell’era della crisi climatica non è più sensato pensare a città a misura di automobile (ingombranti, inquinanti e pericolose), ma piuttosto è necessario riqualificare la viabilità in un’ottica più “lenta” e a misura di persona. Una limitazione della velocità favorisce direttamente la sicurezza di tutti gli utenti della strada (automobilisti compresi), e non meno importante può essere pietra angolare per scardinare le disuguaglianze sociali. Il legame tra aumento della velocità e disuguaglianze sociali è al centro del saggio Elogio della bicicletta, in cui Ivan Illich afferma: “Oltre una velocità critica, nessuno può risparmiare tempo senza costringere altri a perderlo. Colui che pretende un posto su un veicolo più rapido sostiene di fatto che il proprio tempo vale più di quello del passeggero di un veicolo più lento”. Si va così a stabilire un circolo vizioso in cui chi va più veloce riesce ad arricchirsi maggiormente, a discapito di chi invece deve spendere più energia e denaro per gli spostamenti ed inevitabilmente non ha modo di competere con gli altri. In questo senso la bicicletta rappresenta uno strumento chiave per scardinare la centralità dell’automobile e permettere ai cittadini e le cittadine di riprendersi gli spazi pubblici (che gli appartengono per definizione) in maniera più lenta, salutare e sostenibile, in sintesi in modo più umano.
“El socialismo puede llegar solo en bicicleta”
José Antonio Viera-Gallo, sottosegretario nel governo di Salvador Allende