Ospedali e opposizioni: i fantasmi di Monselice
#assunzioni stabili! e #sanità pubblica: questo richiedeva il presidio tenutosi la mattina di venerdì 20 novembre davanti al vecchio ospedale di Monselice e convocato dall’Unione Sindacale di Base (USB) con un invito rivolto a tutte le forze politiche di opposizione del Comune di Monselice e della Regione Veneto. Capire la scelta del luogo è fondamentale per capire il senso della protesta. L’ospedale di Monselice è chiuso dal 2014, quando è diventato operativo quello di Schiavonia, la cui costruzione era stata deliberata nel 2009 con l’idea di “razionalizzare” le strutture sanitarie della bassa padovana, facendo convergere in un solo polo i servizi offerti fino a quel momento dagli ospedali di Este e Monselice. Non si tratta certo di un caso isolato: centralizzare e accorpare per risparmiare è stata la parola d’ordine dello sviluppo della sanità veneta nell’ultimo decennio – e l’unico movimento in direzione opposta ha avuto luogo solo quando la regione è stata colpita dalla pandemia di coronavirus.
Alla fine di quest’inverno, infatti, in pochi giorni erano stati riaperti gli ospedali di Valdobbiadene, Zevio, Bussolengo, Isola della Scala e, appunto, Monselice. In tutti i casi si trattava di presidi sanitari di provincia chiusi nel corso degli ultimi anni, il cui abbandono aveva causato disagi alla popolazione e allo stesso personale sanitario, costretto a convergere su strutture più distanti e più complesse da gestire. Abbandonati da poco, a marzo era possibile recuperarne le strutture per fare fronte alla pandemia.
Adesso, però, nel pieno della seconda ondata, a Monselice questa mossa non è stata possibile perché non c’è abbastanza personale (solo una piccola porzione è stata destinata ai tamponi). Allo stesso tempo interi reparti dell’hub di Schiavonia sono stati chiusi, perché le strutture e il personale servono per fare fronte al Covid. Tra questi, tanto per fare un esempio, vi è il reparto di emodinamica, fondamentale per garantire una pronta risposta alle patologie cardiache della popolazione: perdonate la crudezza, ma se nelle prossime settimane dovesse venirvi un infarto è meglio che ciò non avvenga a Ospedaletto Euganeo o zone limitrofe, perché l’ambulanza dovrebbe probabilmente trasportarvi fino a Padova o Abano Terme (diamo un occhio alla cartina: Este non c’è più, Schiavonia chiuso per Covid, Monselice “razionalizzato” dal 2014…) e in casi come questi i minuti sono importanti.
A sua volta l’assenza di personale non è dovuta al fatto che stiamo affrontando un’emergenza, e che di conseguenza tutti i medici e gli infermieri si trovano già al lavoro: più semplicemente, come ricorda un’ostetrica dell’ospedale di Schiavonia presente al presidio, negli ultimi dieci anni per ogni tre pensionamenti c’è stata una sola assunzione. Allo stesso modo il fatto che un paziente positivo al Covid, e magari anche con sintomi, sia costretto a recarsi in macchina fino all’ex-ospedale di Monselice per fare un tampone e monitorare il proprio stato di salute, è dovuto al mancato potenziamento delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) da parte dell’amministrazione regionale: parliamo di strutture che erano state pensate precisamente per l’assistenza domiciliare di chi fosse risultato positivo al Covid.
Proprio per questi motivi l’ex-ospedale di Monselice è stato scelto da USB: qui diventa chiaramente visibile come la grave situazione che gli abitanti della bassa padovana si trovano a vivere in questi giorni sia dovuta alle politiche sanitarie attuate negli ultimi dieci anni dalla regione Veneto, e come una possibile soluzione sarebbe a portata di mano – assunzione stabile di personale medico per colmare i vuoti creatisi con i tagli degli ultimi anni e permettere la riapertura degli ospedali-fantasma che affollano le province del Veneto. Se con queste premesse sarebbe stato assurdo aspettarsi di trovare al presidio degli esponenti delle forze che hanno promosso queste politiche (la Lega di Zaia su tutte) ci si poteva forse aspettare una massiccia partecipazione delle opposizioni che erano state invitate, fosse anche solo per opportunità politica, ossia per attaccare strumentalmente l’amministrazione regionale. Invece la maggior parte di loro semplicemente non ha risposto; il Partito Democratico ha esplicitamente declinato l’invito, e così ha fatto anche il raggruppamento che nel consiglio comunale di Monselice fa capo a Silvia Muttoni, eletta consigliera con quasi il 15% dei voti nelle amministrative del 2019, dopo aver corso come candidata sindaco per un’alleanza di tre liste civiche. Arturo Lorenzoni, sfidante di Luca Zaia alle recenti elezioni regionali e ora, in teoria, principale esponente dell’opposizione in consiglio regionale, non è pervenuto, come anche Francesco Miazzi, figura storica dell’opposizione ambientalista della bassa padovana, candidato alle regionali del 2020, alle amministrative del 2019 e pure alle politiche del 2018.
Per USB quella del 20 novembre è una tappa all’interno di un breve percorso di mobilitazioni, che è cominciato giovedì 19 davanti all’ospedale Santorso di Valdagno e terminerà lunedì 23 al Magalini di Villafranca Veronese; per noi è l’occasione di costatare la situazione paradossale in cui stiamo vivendo: centinaia di persone in coda davanti a un edificio funzionante ma vuoto, mentre a pochi metri di distanza un piccolo gruppo di lavoratori e lavoratrici del comparto sanitario dà vita a un presidio anch’esso funzionante ma (quasi) vuoto. Alla cittadinanza non resta altro da fare che registrare le assenze al presidio di oggi, mettere agli atti i nomi e i cognomi di chi ha rifiutato di partecipare o neanche si è curato di rispondere, e ricordarsene qualora nelle prossime settimane si dovesse cominciare a morire per via dei reparti chiusi all’ospedale di Schiavonia.
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