O del come destreggiarsi tra i DPCM.
La cattiva salute in cui versa il giornalismo italiano si palesa nell’abuso di determinate parole e nella creazione di lemmi che pervertono il significato di determinati fatti o fenomeni.
Così una forte pioggia diventa una bomba d’acqua, la vita notturna nei locali diventa la movida…(ma ci arriveremo, non preoccupatevi).
Fare controinformazione per noi è anche questo, ripensare le parole, nel tentativo di indagare le motivazioni del loro spostamento di senso. Con una certa dose di ironia che, per citare Romain Gary, è l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita.
Resilienza

C’è ancora chi non è improvvisamente affetto da un prurito alla mani ascoltando questa parola? Le piazze (leggi cosa abbiamo scritto sul tema!) di queste settimane ne sono la testimonianza. Unitamente al fatto che non si canti più dai balconi.
La resilienza, tecnicamente, è la capacità di un materiale di resistere a urti applicati bruscamente, addirittura assorbendo energia plasticamente dai carichi o dagli urti ai quali è sottoposto prima di giungere a rottura. Che a quanto pare, prima o poi, è molto probabile che arrivi.
Il suo contrario nell’ambito della proprietà dei materiali è la durezza, cioè la capacità di resistere alla fatica, ad una pressione continua e persistente.
La resilienza in ecologia e biologia è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento, di autoripararsi dopo un danno, di tornare ad uno stato iniziale, dopo essere stato sottoposto ad uno sconvolgimento che ha turbato questo stato. Ma noi non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema.
La retorica della flessibilità, dell’elasticità, della resilienza, della mediazione è un linguaggio che non parla più.
La resilienza è, infatti, l’alternativa dolce alla resistenza, anche nel suono: forse arrivato il momento di usare parole più dure. E che non restino solo parole.
Coprifuoco
Novità nazionale a lungo dibattuta, come sempre ultimamente la Lombardia ha fatto da apripista. L’etimologia, ce lo insegna il dizionario Treccani, è antica.
coprifuòco (pop. coprifòco) s. m. [comp. di coprire e fuoco, sul modello del fr. couvre-feu]. – 1. Usanza medievale per cui, a una determinata ora della sera, gli abitanti di una città erano tenuti a coprire il fuoco con la cenere per evitare incendî; anche il segnale (suono di campane o altro) con cui s’intimava il coprifuoco. 2. Divieto straordinario di uscire durante le ore serali e notturne imposto dall’autorità per motivi di ordine pubblico, in situazioni di emergenza. Estens., scherz.: non vengo al pub, mia madre ha messo il coprifuoco.
Purtroppo di scherz. non c’è più nulla. Lo scopo è quello di scongiurare gli assembramenti nelle piazze o davanti ai ristoranti che hanno la fortuna di poter restare aperti fino alle 22 per l’asporto, ma si vogliono cancellare anche le cene fra amici non conviventi. Oppure ingiungere di anticiparle.
Pro: Mangiare presto lascia più tempo al corpo per digerire (ma il contagio da Covid 19 non conosce orari)
Contro: Non sarà forse l’ennesima misura dettata dal Nord Italia che prende in ostaggio il paese con la sua gestione del tempo costringendo il meridione a stravolgere le proprie abitudini socio-alimentari?
Bonus mobilità
Quale momento più adatto di una pandemia globale per acquistare un hoverboard?
Il bonus bici, che può essere utilizzato anche per l’acquisto di altri mezzi di locomozione green, ha lasciato tutti insoddisfatti (e non solo perché i 215 milioni messi a disposizione pare siano finiti). Nessuno sembra aver apprezzato questa misura: quella parte del paese che ha in odio le biciclette e desiderava dei voucher benzina, chi odia i monopattini elettrici, esempio lampante di turbocapitalismo, chi ha già fatto un acquisto ma non è riuscito ad accedere al sito (per questi 600.000 una buona notizia! Lo riapriranno il 9 novembre)
Intanto “i soliti furbetti” rivendono online il proprio bonus a 200 euro. E poi non si dica che in Italia manca la coscienza ambientale.
Movida
Immagino la steste aspettando. Movida, questa parola che è entrata ormai da qualche mese, nel linguaggio di tutti. Una parola straniera, esotica ma anche antica, impersonale, morbida all’orecchio e estranea alla bocca.
Per mesi la movida è stata la più grande responsabile dell’aggravarsi della situazione sanitaria, per mesi ha rappresentato il nemico ideale in questa “guerra” che è la lotta al Covid.
Facilmente attaccabile (bere con la mascherina pare non sia possibile), non strettamente necessaria allo sviluppo produttivo del paese, non un bene di prima necessità, il bersaglio perfetto, come testimonia lo spot terroristico e fazioso della Regione Veneto in seguito alle prime aperture in maggio.
La movida sembra senza soggetto ma è un abbaglio. La movida ha dei protagonisti precisi, designati, i capri espiatori di Girard, maledetti solo per il fatto di essere in realtà i soggetti meno a rischio in questa pandemia che, purtroppo sa tracciare distinzioni precise.
I giovani, questo esercito di irresponsabili, che osano andare al bar dopo che i bar sono stati aperti.
In un paese di vecchi, il nemico perfetto sono loro, le fantomatiche nuove generazioni che fungono da perfetto catalizzatore di luoghi comuni. Pericolosi, incoscienti, folli quando si muovono nel mondo esterno, ma non sul luogo di lavoro.
Semplicemente perché il tempo libero, quello spazio vuoto e friabile, è un’entità che viene pensata come concessa e quindi facilmente sottraibilie, penetrabile senza sforzo dalle norme.
Lo stesso motivo per cui un corridore può essere inseguito da un drone, ma con gli imprenditori che non hanno rispettato le regole anti-contagio sul luogo di lavoro, con la Regione che non ha aumentato le corse dei trasporti pubblici e che non ha fatto rispettare la capienza non potrà mai succedere lo stesso.
Seconda ondata
La parola ondata non è usata a caso. L’ondata, come la marea (Mose docet) è imprevedibile. Arriva e spazza via tutto, non si sa prevedere la sua lunghezza, la sua invasività, la sua potenza.
Questa parola svolge perfettamente il suo ruolo, adempie al suo funzionamento.
Questa famosa seconda ondata, di cui si parla da mesi a dire il vero e per la quale non sono state prese le misure necessarie, è qualcosa di ingestibile. Ma non è colpa di nessuno, il mare è volubile, soggetto ai venti e alle maree, incontrollabile.
Ironia della sorte è che la parola governo trovi la sua etimologia proprio in ambito marino, il gubernum è il timone della nave.
I nostri governanti hanno dimostrato di non saper essere buoni marinai in questa seconda ondata. A molti non resta che annaspare, nel disperato tentativo di restare a galla, anche se le risorse scarseggiano.
Non veniteci a parlare di resilienza.
