di Maicol Vaccadì
Anche Seize the time va in vacanza, ne approfittiamo per riproporvi qualche articolo dal nostro archivio. Ci rivediamo a settembre!
1994, 20 dicembre. La Lega Nord, pilastro del governo Berlusconi, vota una mozione di sfiducia in disaccordo sulla riforma delle pensioni. Il governo Berlusconi I cade, è la fine della prima esperienza istituzionale leghista.
1995, 11 febbraio. Bossi definisce Berlusconi «il grande fascista di Arcore» e riprende la strategia indipendentista contro il colonialismo Romano.
1996, 15 settembre. La Lega Nord, dopo un anno e mezzo di preparazione, alla fine di una grande ondata di manifestazioni dichiara l’indipendenza della Padania. La dichiarazione è letta da Umberto Bossi a Venezia.
Noi, popoli della Padania, convenuti sul grande fiume e in Venezia dall’Emilia, dal Friuli, dalla Liguria, dalla Lombardia, dalle Marche, dal Piemonte, dalla Romagna, dal Sud Tirolo-Alto Adige, dalla Toscana, dal Trentino, dall’Umbria, dalla Valle d’Aosta, dal Veneto e dalla Venezia Giulia, riuniti oggi, 15 settembre 1996, in Assemblea Costituente affermiamo e dichiariamo:
Quando nel corso degli eventi umani diventa necessario per i Popoli sciogliere i vincoli che li legano ad altri, costituirsi in Nazione indipendente e sovrana ed assumere tra le nazioni della Terra il ruolo assegnato loro dal Diritto Naturale di Autodeterminazione, il rispetto che si deve all’opinione della Società Internazionale e dell’Umanità intera richiede che essi dichiarino le ragioni che li hanno costretti alla separazione.
Da tempo immemorabile abitiamo, dissodiamo, lavoriamo, proteggiamo ed amiamo queste terre, tramandateci dai nostri avi, attraversate e dissetate dalle acque dei nostri grandi fiumi; Qui abbiamo inventato un modo originale di vivere, di sviluppare le arti e di lavorare; Noi apparteniamo ad un’area storica, la Padania […] oggi rappresentiamo, qui riuniti, l’ultima speranza che il regime coloniale romano che opprime la Padania possa presto finire.
Alle parole del Washington padano presto seguiranno i fatti.
1997, febbraio. Il partito assume l’attuale denominazione: Lega Nord per l’indipendenza della Padania
1997, 17 marzo. Esponenti dell’indipendentismo con apparecchiature di fortuna si inseriscono nel segnale di RAI 1 e, durante il TG delle 20, trasmettono un invito all’insurrezione.
1997, 8 maggio. Due secoli prima, nel 1797, veniva deposto l’ultimo doge della Repubblica di Venezia. Giunge l’ora X. I Serenissimi, gruppo indipendentista veneto, a bordo del blindato artigianale Tanko sbarcano in Piazza San Marco e occupano il campanile.
1997, autunno. In tutto il Nord si diffondono le proteste per le quote latte. Una regolamentazione europea sulla produzione agricola aveva limitato la quantità di latte da produrre, introducendo appunto delle quote per ogni singolo stato. Gli allevatori italiani, esasperati da questa limitazione, danno vita a una serie di proteste, culminate nella battaglia di Vancimuglio.
1997, 26 ottobre. Viene eletto il primo parlamento padano, con sede a Mantova. Matteo Salvini è capolista dei comunisti.
1997, 20 novembre. Da giorni gli allevatori del vicentino e del padovano tengono un presidio permanente a Vancimuglio, alle porte di Vicenza, lungo l’A4. La tensione è alle stelle, sono presenti i reparti della Celere e lo stesso Questore per provare a gestire la situazione. Partono i primi lacrimogeni, che rimbalzano sui tetti dei trattori.
L’esito della battaglia sembra scontato, le forze impari, l’armamento anche, finché gli allevatori non sfoderano l’arma segreta: il carrobotte spargiletame.
In breve, il questore è smerdato, le truppe coloniali romane sono poste in fuga, l’autostrada è bloccata, la giornata è dei ribelli.
Ogni grande vittoria, si sa, ha i suoi cantori; alla battaglia di Vancimuglio non poteva davvero mancare un Omero padano, un Virgilio vicentino. Furono i CetoMedio a ricevere in sorte di tramandare ai posteri i fatti di Vancimuglio
Succede, a volte, che certe opere riescano a incarnare lo spirito del tempo. Ketchup o maionese è uno di questi. Tutti i miti e il senso comune del Nordest produttivo e xenofobo, del berlusconismo radicale, della destra di razza austriaca (Haider), dei consumi alti (la Volvo) e bassi (i fast-food) rientrano in questo disco: i provincialissimi punk padani li riconoscevano. Più precisamente riconoscevamo, in ciò che quindici anni fa i Cetomedio cantavano, quello che più disprezzavamo e che tutti accettavano, che ci faceva contrastivamente desiderare di essere onti e far schifo. «E quando torno a casa / poenta e bacalà. / ‘Na botta a me mojere / vardando la Carrà. / Puoi farcela anche tu / se pensi solo a te: / è il miracolo del Nordest». Tutto il disco è un’antifrasi, un inno ironico a quel mondo di evasione fiscale, boaria, maschilismo e capannoni che è stato il panorama delle nostre adolescenze così normali.
Vancimuglio è brutale e dissacrante. I primi 10 secondi di cantato contengono, in successione: versione punk di Bella ciao, immediatamente capovolta in inno leghista (e d’altra parte all’inizio i leghisti avevano provato a rifarsi alla Lotta di Liberazione, ovviamente non nazionale); attacco alle tasse; doppia bestemmia; lo stato «centralista di merda», non fa altro che mantenere «milioni di terroni, che non fanno un cazzo e mi stanno sui coglioni». Il testo ci colpiva così tanto perché tutto questo, a Vicenza come a Verona, non era niente di scandaloso, ma si poteva sentire in ogni bar, in qualsiasi conversazione colta per caso. Le discussioni politiche che cercavamo di fare con i “grandi” tra una birra e l’altra – mi rendo conto adesso quanto fossero persone difficili, con grandi problemi e poca fantasia – erano spesso punteggiate di queste riflessioni, che non lasciavano posto alla replica. «I [comunisti/terroni/negri/froci/altro gruppo sociale non normato] devono morire tutti» era una frase che si sentiva più volte in una sera, sparata con sicurezza nonostante noi appartenessimo ad almeno due, quando non tre, delle categorie stesse. I Cetomedio cantavano questi personaggi che punteggiavano le nostre giornate, dandoci modo di attaccare un senso comune che non si riusciva a scalfire con la discussione – perché lo spazio per la discussione era chiuso a priori, non era un piano comunemente accettato. Dietro, ma a sedici anni non ci era chiarissimo, due decenni di propaganda.
Oggi lo spazio del dicibile e del non dicibile è cambiato e queste canzoni suonano indigeste; anche perché è finito il tempo del punk e di quella particolare forma di ribellione basata sull’attacco diretto e violento al politicamente accettato e al pudore. In definitiva, però, il fatto che siano inascoltabili non ha a che vedere tanto con la scena musicale, quanto con alcune trasformazioni intercorse negli ultimi 15 anni. Certe cose non si dicono più, non sta bene; e d’altra parte, bisogna considerare le trasformazioni politiche dell’era post-2008, il make-up della Lega di Salvini e Zaia, che si pone sempre più come forza nazionale, di governo e di responsabilità. Vancimuglio ricorda a chi l’avesse dimenticato che non sono passati poi molti anni, che le radici storiche della Lega sono e, al di là di ogni voltafaccia, restano queste, che nel DNA del Veneto sono stati inoculati questi discorsi; infine, che la base solida della Lega si è formata su questi slogan, all’interno di un processo politico che una parte della popolazione ha vissuto come una lotta di libertà, e che questo senso comune, anche se non più esplicito, è quello che dobbiamo avere in testa quando pensiamo politicamente a una parte del Veneto.