intervista al gruppo inchiesta sull’Arcella
Nel febbraio dello scorso anno abbiamo presenziato al lancio pubblico dell’inchiesta “La Nostra Arcella”, progetto promosso da Casetta del Popolo Berta – Potere al Popolo con l’intento di mappare bisogni e potenzialità del quartiere Arcella di Padova. È ormai trascorso quasi un anno dall’evento, un anno di quelli che segnano uno spartiacque nella storia dell’intera umanità, e, nonostante la situazione eccezionale che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, il progetto è continuato per tutti questi mesi. Abbiamo quindi intervistato alcune delle persone che partecipano all’inchiesta per farci aggiornare su quello che è stato fatto e sui piani futuri.
Rispolveriamo prima di tutto le motivazioni che stanno alla base del vostro progetto: perché l’Inchiesta popolare sull’Arcella?
L’idea di condurre un’inchiesta sul quartiere nasce all’interno della Casetta del popolo Berta: uno stabile abbandonato in Via Cardinal Callegari, nella profonda Arcella, che nel giro di pochi mesi è stato letteralmente rianimato e restituito alla comunità dalle compagne e compagni di Pap Padova, del Catai e da tutte le persone e realtà che ne hanno rese possibili le attività. La casetta era uno spazio aperto a tutte e tutti, in cui si poteva usufruire di servizi (il doposcuola, il corso di italiano per stranieri, lo sportello psicologico e medico, lo sportello sul lavoro) e contemporaneamente mettersi al servizio degli altri (cucinare per un pranzo popolare, portare del materiale, costruire giochi per la sagra o suonare per allietare la serata). L’obiettivo complessivo dell’intera esperienza era ritessere un senso (e una serie di pratiche) di comunità che sapesse contrastare tanto l’emarginazione sociale, quanto l’individualismo. Ora Berta è chiusa, murata dall’Ater e forse destinata a diventare una residenza per persone con sindrome di down (cosa che ci auguriamo avvenga al più presto. Al momento crescono solo erbacce fra le rose che un tempo abbiamo potato e curato!). Ma le pratiche di mutualismo che caratterizzavano Berta non sono mai cessate, e fra queste si annovera l’inchiesta. Tutta questa ricostruzione per dire che per noi l’inchiesta è un’attività mutualistica: conoscere il territorio e chi lo abita ha l’obiettivo di trasformarlo insieme. Conoscenza, comunità, rete e voglia di migliorare la vita collettiva sono, in sintesi, gli obiettivi generali dell’inchiesta popolare La nostra Arcella.
L’ultima volta che vi abbiamo intervistati era il 13 febbraio 2020, giorno del lancio dell’inchiesta. Poco dopo c’è stato il lock-down, ma il vostro progetto non pare essersi fermato. Come avete proceduto?
Il 13 febbraio abbiamo lanciato il questionario quantitativo: una serie di domande a risposta multipla suddivise in campi differenti (salute, lavoro o disoccupazione, scuola/università, pensione, migranti – a cui è stata aggiunta la sezione Covid all’esplodere dell’emergenza sanitaria). Inizialmente abbiamo stampato un buon numero di questionari e abbiamo installato un banchetto al mercato del martedì in Piazza Azzurri d’Italia: è stato molto divertente. Abbiamo incontrato molte persone incuriosite e il questionario diventava spesso il pretesto per scambiare due parole o confrontarsi su opinioni anche contrastanti. Purtroppo, la pandemia ci ha impedito di portare avanti questa pratica e di moltiplicarla. Abbiamo quindi virato sul questionario on line, sollecitandone la compilazione con una campagna social che ha avuto il suo successo. Nel frattempo, ci siamo organizzati per procedere con la parte qualitativa dell’inchiesta, prevista fin dall’inizio come integrazione necessaria e “umana” ai dati raccolti nella prima fase. Si tratta di interviste dirette, impostate su una serie di domande guida, ma tendenzialmente libere di spaziare e trasformarsi in una lunga chiacchierata sul quartiere e sul modo di esperirlo e viverlo. Grazie al contributo di numerose volontarie e volontari che si sono progressivamente uniti al progetto, è stato possibile condurre a termine anche questa fase, collezionando circa una cinquantina di interviste e una marea di punti di vista, prospettive e aspettative sul quartiere.
Potete anticiparci qualche impressione da queste interviste?
Potremmo lasciarvi un’immagine e una considerazione, per ora. L’immagine è quella del signor E., uomo austero, molto serio e poco incline alle chiacchiere, che abita in un complesso di case popolari nel cuore del quartiere. E. non ci riceve in casa, ma nel suo garage, dove c’è il tavolo da lavoro ingombro di strumenti. In quel garage restiamo due ore abbondanti: alla faccia dell’uomo schivo! Il signor E. non solo ha molto da dire, ma ha trasformato quel luogo privato in uno spazio collettivo, in cui un sacco di persone passano per un saluto, due chiacchiere (infatti il signor E. ha sempre pronte due o tre sedie su cui far accomodare gli ospiti) … e magari si fanno pure intervistare. Scopriamo quindi che quest’uomo, il quale sostiene di non avere alcun bisogno di gente attorno e di spazi di socialità, ha reso il suo garage un luogo di incontro riconosciuto dagli abitanti delle vicinanze: adulti, anziani o giovani, che portano ad E. le loro biciclette, affinché le sistemi, oppure semplicemente passano di lì. Il suo garage è inconfondibile: sempre aperto e annunciato da un complesso di girandole artigianali, costruite da lui stesso con materiale di scarto, ritrovato vicino ai cassonetti. Questo garage è diventato per noi una specie di simbolo: del bisogno di comunità che abita nel singolo individuo, della bellezza della condivisione, possibile tramite l’apertura (vera o metaforica) di spazi. Proprio questo tipo di necessità, più o meno consapevole, ci è stata confermata da buona parte delle intervistate e intervistati, che hanno sottolineato quanto il parco sia il loro posto preferito in quartiere: perché fuori dalle abitazioni private si incontrano persone, si sta insieme. Ma quando d’inverno i parchi sono meno percorribili, dove si va? Dove lo si trova, senza consumare, un posto caldo dove sia possibile sedersi e incontrarsi?

Ritenete il lavoro concluso? Che cosa farete da adesso in poi?
Il progetto è tutt’altro che concluso anzi ora comincia una parte molto interessante: l’analisi delle informazioni raccolte a la loro restituzione al quartiere.
Abbiamo deciso di diversificare le restituzioni in due modalità: una prima, più adeguata ai canoni della ricerca statistica, prevede la realizzazione di uno o più documenti in cui sviluppare in modo formale e secondo le prassi scientifiche l’analisi; una seconda, pensata per un pubblico più vasto, che abbia la forma del reportage. L’analisi dei dati ottenuti è già cominciata. Incrociando i dati vogliamo verificare alcune ipotesi sullo stato del quartiere e sulla percezione dello stesso da parte di una fetta dei suoi abitanti, così come vogliamo far emergere eventuali fenomeni che potrebbero essere rimasti nascosti.

A brevissimo inizieremo anche l’analisi delle informazioni raccolte con le interviste. L’intento è sia quello di integrare eventuali zone di indagine non toccate dal questionario quantitativo, sia quello di impostare il lavoro preparatorio alla realizzazione del reportage.
Tra non molto quindi entreremo nel vivo della realizzazione del reportage: nei prossimi mesi, emergenza sanitaria permettendo, ci troverete di nuovo in giro per il quartiere, questa volta a riprendere, fotografare, disegnare. Vogliamo che il reportage accompagni il pubblico tra le vie e gli abitanti del quartiere, in una sorta di tour dove però non si è turisti estranei bensì parte integrante di ciò che è raccontato.
Una volta terminate le analisi e il reportage, sarà il momento di organizzare gli eventi pubblici di restituzione. Ci auguriamo di cuore che nei prossimi mesi potranno riprendere gli eventi in presenza e saremmo felici di poter presentare i lavori realizzati in una sorta di itinerario capace di connettere i luoghi più significativi del quartiere.

Perché avete scelto di realizzare un reportage?
L’idea di realizzare un reportage è nata da una duplice esigenza. Da una parte abbiamo valutato che lanciando la proposta di reportage, nuove e più persone si sarebbero attivate (e in questo la nostra previsione si è dimostrata corretta). Dall’altra parte riteniamo sia fondamentale rendere fruibili i risultati dell’inchiesta al più ampio ed eterogeneo pubblico possibile; ricordiamo che lo scopo dell’inchiesta è attivare chi abita nel quartiere e per farlo dobbiamo parlare in una lingua accessibile a tutte e tutti.
Se volete avere un piccolissimo assaggio del reportage, guardatevi questo video:
In aggiunta pensiamo che rappresentando i luoghi di vita quotidiana, lasciando la parola alle persone intervistate, mostrando insomma gli spazi e chi li abita si possano avvicinare i destinatari del reportage alla materia in esso analizzata; per noi il pubblico è e deve essere parte attiva dello spettacolo. Infatti lo scopo ultimo dell’inchiesta non è puramente conoscitivo, si tratta piuttosto di creare una conoscenza che serva da base all’organizzazione popolare. Con l’inchiesta noi cerchiamo la voce della comunità come combinazione di tante voci singole, che smettano di suonare isolate: riconoscendosi nelle altre e superando la fase del lamento (a volte motivatissimo ma sterile) per proiettarsi in organizzazione e forza trasformativa.
Vorremmo quindi che i dati raccolti, la loro restituzione e la costruzione di una rappresentazione servissero a un movimento di riconoscimento di sé e degli altri come parte attiva della società. Non dobbiamo solo far emergere i problemi di un quartiere complesso come l’Arcella, ma anche scovarne le potenzialità e metterle in connessione, il che significa favorire la cooperazione tra abitanti in forme organizzate capaci di affrontare il presente e le sue sfide.
Per concludere…

Per concludere, il lavoro non ci manca e per questo, nonostante il gruppo che si occupa dell’inchiesta sia cresciuto negli ultimi mesi, se tra i vostri lettori e le vostre lettrici ci fossero persone interessate, saremmo felici di accoglierle nel progetto! Da chi mastica di statistica e ricerca sociologica a chi sa maneggiare una macchina fotografica, una cinepresa, a chi sa montare video e audio, a chi vuole rimboccarsi le maniche per organizzare gli eventi pubblici. Visitate il sito web del progetto https://www.inchiesta.arcella.org oppure contattateci a inchiesta@arcella.org