“L’assemblea pubblica locale consente il rapporto diretto ed immediato tra la popolazione residente e operante nel territorio della municipalità e le istituzioni della municipalità stessa, allo scopo di favorire una migliore gestione delle funzioni assegnate alla municipalità e d una reale rappresentazione delle esigenze della comunità locale. Essa è strumento di informazione della collettività e di promozione e dibattito in merito all’attività, agli indirizzi e alle scelte della municipalità e del comune […] favorendo la partecipazione attiva dei cittadini e delle cittadine mediante formulazione di proposte e suggerimenti da parte degli stessi”.
Così ha esordito Marco Borghi, presidente della Municipalità di Venezia-Murano-Burano, lunedì 14 giugno in un assolato campo san Lorenzo, davanti a un centinaio di persone riunitesi per parlare di quanto sta succedendo in questi mesi al trasporto pubblico locale. Le parole che ha letto sono prese dal regolamento della municipalità. Il senso è chiaro, l’intento è nobile, la Municipalità è presente ma il Comune no: pur invitato, l’assessore ai trasporti Boraso non si è presentato – e a giudicare dal mormorio tra la folla in campo quando viene comunicata la sua assenza, pochi credono agli “impegni di lavoro” che l’avrebbero tenuto lontano dall’assemblea. Dopo Borghi a prendere il microfono sono stati residenti della Giudecca, di Murano, di Burano, del Lido e di Venezia isola. E dopo ancora le rappresentanze sindacali dei lavoratori e delle lavoratrici dell’AVM/ACTV, azienda del trasporto pubblico veneziano, per finire con esponenti della minoranza in consiglio comunale.
Ora, a rendere l’idea della situazione che si è venuta a creare in questi ultimi sei mesi e che ha reso necessaria questa assemblea può bastare un’immagine presa dalle cronache degli ultimi giorni: guardie giurate sui pontili dove sbarcano i vaporetti, a cui è stata assegnata la funzione di “mantenere l’ordine” dopo momenti di tensione tra utenti del trasporto pubblico e dipendenti (marinai e piloti), vale a dire tra cittadini e lavoratori, messi gli uni contro gli altri dalla dirigenza dell’azienda, che ha ben pensato di tagliare linee e ridurre corse – in un momento in cui la capienza dei mezzi è ancora, e giustamente, ridotta per via del Covid – e risolvere il problema del legittimo scontento di persone che, vivendo su isole, dipendono per forza di cose dal trasporto pubblico, semplicemente militarizzando i punti di sbarco e imbarco.
Alla base della situazione attuale c’è d’altra parte una decisione parimenti muscolare, che risale a gennaio: la disdetta unilaterale degli accordi integrativi di secondo livello, motivata con necessità economiche. Il ragionamento è quello che si sente spesso a Venezia: non ci sono i turisti, quindi non ci sono i soldi, quindi tagliamo i servizi.
Servizi che però riguardano anche i residenti, come le donne della Giudecca presenti in campo san Lorenzo, che dopo le 18 devono aspettare venti minuti e dopo le 20 addirittura trenta per trovare un battello che le porti a casa, o i pensionati che chiedono di ripristinare le fermate indispensabili a raggiungere l’ospedale senza troppe difficoltà .
Soprattutto, sono servizi che sono tenuti in piedi da lavoratori e lavoratrici che con la disdetta degli accordi integrativi si vedono decurtare la busta paga di quasi un terzo, dopo un anno in cui hanno lavorato di più e in condizioni peggiori rispetto alla normalità, e soprattutto nello stesso momento in cui i dirigenti dell’azienda si spartiscono gli utili, che pure in un anno segnato dalla pandemia come il 2020 ci sono stati.
Da qui i frequenti scioperi di questi mesi – l’ultimo il primo giugno – e le richieste avanzate da cittadini – il ripristino delle corse tagliate – e lavoratori – il ripristino degli accordi disdetti. L’ACTV, la cui dirigenza è legata a doppio filo al sindaco Brugnaro, continua a rispondere picche, definendo addirittura “irricevibili” e “provocatorie” le proposte avanzate dai sindacati, e continuando nel frattempo a portare avanti scelte poco comprensibili, come la mancata assunzione degli stagionali che normalmente coprirebbero le corse in più del periodo estivo, questa volta sostituiti da imbarcazioni dell’Alilaguna, “l’azienda privata del servizio pubblico di linea” come recita il suo stesso slogan, che normalmente collegano l’aeroporto e il Terminal Crociere alla città e che sono di dimensioni sensibilmente minori rispetto ai battelli e ai motoscafi di linea.
Da qui le scene che si sono viste nei giorni scorsi, quando decine di persone in attesa di rientrare a casa dopo una giornata di lavoro si sono viste arrivare un Alilaguna su cui poteva salire solo uno di loro.
Da qui la rabbia di chi vede che piuttosto che assumere decine di lavoratori e lavoratrici che non aspettano altro, si preferisce appaltare agli amici degli amici e fornire un servizio peggiore.
Nei prossimi giorni le trattative andranno avanti, giovedì la questione arriverà in consiglio comunale. La posta in gioco è alta, da qualsiasi lato la prendiamo: è un attacco al lavoro e ai lavoratori, è un attacco alla cittadinanza, è un attacco alla città e alle sue istituzioni. Ed è un copione che, purtroppo, abbiamo già visto in tante altre città in cui il trasporto pubblico locale è stato privatizzato. A Venezia un finale diverso è forse ancora possibile.