Giulia Princivalli è autrice del libro L’influencer. La strategia comunicativa di Zaia. Con lei abbiamo parlato del presidente della regione, cercando di approfondire alcune questioni che avevamo già trattato in un altro articolo. Breve premessa: il libro di Giulia nasce da uno studio approfondito dell’attività del presidente della regione Veneto sui social media nel periodo compreso tra l’aprile e l’ottobre del 2017, ovvero durante la campagna per il referendum per l’autonomia. È proprio in questi mesi che, secondo l’autrice, si consolida quello stile comunicativo che si rivelerà così vincente negli anni successivi.

Perché secondo te una strategia comunicativa come quella di Zaia si è rivelata particolarmente efficace nel periodo d’emergenza covid-19?
Diciamo che Zaia brilla particolarmente nelle situazioni emergenziali. Questo è dovuto alla sua bravura nel suscitare l’identificazione da parte del pubblico. Zaia riesce sempre a dare l’impressione di essere interamente dedicato a risolvere la situazione – ad esempio, dice di sentirsi come in guerra e di dormire solo due ore a notte – e quindi viene percepito come un individuo colpito allo stesso modo di qualunque altro cittadino veneto. Un periodo di forte incertezza come quello degli ultimi mesi è un’ottima occasione per passare come l’uomo del fare, che si assume tutta la responsabilità di risolvere la situazione. Ce lo ricordiamo tutti con gli stivali anfibi che fa il suo tempestivo sopralluogo nelle zone colpite dall’alluvione del Vaia, un paio d’anni fa. Oltre all’identificazione, quindi, Zaia riesce ad infondere molta sicurezza nel pubblico, rassicurando i suoi cittadini, grazie a uno stile moderato, pacato, da “buon padre di famiglia”. A tal proposito, mi sembra significativa la recente polemica col virologo Crisanti; quando gli esperti lo accusano di essersi preso il merito per le loro proposte dopo aver cercato in tutti i modi di ostacolarle, Zaia risponde di aver gestito la situazione insieme a una squadra di professionisti da lui selezionata e di aver preso lui stesso le decisioni importanti per gestire al meglio la crisi. Questa è solo una delle tante narrazioni che il presidente costruisce meticolosamente per saldare il proprio legame col territorio e coi cittadini; in questo modo, il destino della ragione sembra dipendere interamente dal suo operato, quando le cose vanno bene, mentre quando qualcosa va storto è sempre pronto a incolpare il governo centrale.

Cosa contraddistingue Zaia dagli altri leader populisti che hanno acquisito sempre maggiore popolarità negli ultimi tempi?
A mio parere, Zaia è un populista “atipico”. Molto diverso da Grillo e da Salvini, ad esempio. Semplificando molto, potremmo dire che il cuore del populismo è la contrapposizione tra un popolo buono e virtuoso e dei nemici esterni che ne minacciano l’integrità. Zaia, con i suoi richiami al “popolo veneto” laborioso e onesto e con le sue continue invettive contro i politicanti di Roma, rientra perfettamente in questo paradigma. Però in Zaia la componente xenofoba si coniuga con il suo pragmatismo che lo fa apparire più moderato rispetto agli altri leader populisti. Un esempio rappresentativo è la sua campagna per l’autonomia in cui sembrava quasi voler rappresentare gli immigrati (regolari e magari muniti di cittadinanza italiana e quindi potenziali elettori) come nuovi veneti (cosa che del resto sono). Il popolo a cui si rivolge è una massa indistinta che non ammette al proprio interno distinzioni di classe, razza o interesse sociale. In un certo senso, basta contribuire allo sviluppo economico della regione per essere considerati veneti. Questo gli permette di raccogliere molti consensi anche fra l’elettorato moderato, oltre che dalla solida base elettorale della Lega. Una parte fondamentale la gioca anche il suo modo di porsi, sempre equilibrato e contenuto, ma mai distaccato o indifferente. Il suo tono colloquiale – arricchito dall’uso strategico di espressioni dialettali – non ammette gli eccessi per cui sono noti altri leader populisti, compreso il suo collega Salvini. Zaia si pone in netto contrasto con la classe politica e col governo, ma lo fa per lo più in modo indiretto, rispettoso, senza lanciarsi in attacchi frontali. Salvini, ad esempio, ha commesso l’errore di mettersi a contrastare l’operato di Conte in un momento in cui qualsiasi forma di opposizione passava per tradimento della patria. Zaia invece ha saputo crearsi l’immagine dell’amministratore che non perde tempo in chiacchiere e inutili polemiche. Le differenze tra i due sono particolarmente interessanti, anche perché mettono in evidenza la doppia anima del partito: da un lato l’ala salviniana, che ha rimosso il “Nord” dal nome e ha fatto proprio il motto “prima gli italiani”; dall’altra Zaia, più fedele all’eredità bossiana, in continuità con i principi della Liga Veneta. Il presidente della regione Veneto preferisce i cavalli di battaglia del federalismo e dell’autonomia, rispetto al respiro nazionale a cui mira l’altra sponda. La domanda è quindi se queste differenze raggiungeranno mai livello critico; immaginarsi una vera e propria rottura con la Lega è davvero difficile, ma le voci che lo vogliono già leader di tutto il centro-destra sono comunque molto significative. Credo che Zaia abbia sicuramente le capacità per ricoprire questo ruolo, ma è anche vero che gran parte della sua forza deriva dal legame col territorio. Volendo un po’ esagerare, si potrebbe dire che senza Veneto non c’è Zaia.

Che cos’ha in comune la sua strategia comunicativa con quella degli altri influencer? Come nasce il titolo del tuo libro?
Ammetto che il titolo del libro è, in un certo senso, una provocazione. Diciamo che Zaia è un influencer nella misura in cui la sua strategia politica è fondata sistematicamente sulla promozione di un brand, e questo brand è proprio la Regione Veneto. Penso che il termine influencer possa essere applicato al suo caso anche per l’uso consapevole che egli fa dei social media. Su Facebook, Twitter e Instagram riesce ad essere sempre il primo ad arrivare sulla notizia e questa rapidità, insieme ad una notevole capacità di adattare il messaggio al mezzo di comunicazione, gli permette di plasmare e direzionare l’opinione pubblica. Per quanto riguarda la sua strategia comunicativa sui social, mi è stato senza dubbio di grande aiuto il confronto con Andrea Altinier, insegnante di comunicazione politica, nonché consulente di comunicazione di Zaia per dieci anni (nel 2018 ha seguito il candidato del centro-sinistra Manildo alle elezioni comunali di Treviso). La scelta di Altinier è una prova del fatto che Zaia preferisca circondarsi di professionisti, piuttosto che di semplici militanti leghisti; non stupisce quindi che il suo team di ghost writer, spin doctor e social media manager sia particolarmente folto e ricercato. Con una squadra del genere alle spalle, Zaia riesce ad essere relatable, una caratteristica fondamentale per chiunque voglia costruire il proprio successo a partire dalle piattaforme digitali: in poche parole, gli utenti ritrovano sé stessi nei contenuti da lui postati, l’intermediazione viene erosa e si realizza così l’identificazione di cui parlavamo all’inizio. La figura istituzionale si trasforma in un’icona pop a tutti gli effetti. È più o meno in questo modo che, a fianco del brand “Veneto”, è nato anche il brand “Zaia”.
Capita spesso, in tempi di crisi, che la società si stringa attorno ai propri leader. Questi ultimi mesi ne sono stati la prova eclatante. Del resto, è naturale che, in situazioni d’emergenza, sorga un bisogno di forza e di sicurezza largamente condiviso. Di solito, in queste occasioni ci si rivolge a figure istituzionali, nella speranza che queste mettano a disposizione i loro mezzi e la loro autorità per colmare le incertezze. Può capitare però che, con l’aggravarsi della crisi, la percezione di una figura forte diventi un’esigenza così urgente da far passare in secondo piano tutto il resto, persino la sostanza dei provvedimenti e delle decisioni politiche. Abbiamo visto come lo stile di Zaia sia quasi fatto su misura per i momenti d’emergenza. Grazie ad esso, il governatore è riuscito a creare una postura alternativa non solo rispetto allo standard della Lega, ma anche rispetto a tutta la classe politica italiana. Una cosa però è l’immagine che si vuole dare, e un’altra è la sostanza del proprio operato. La polemica col dipartimento di microbiologia e virologia, ad esempio, ha evidenziato come il parere degli esperti sia per la giunta regionale una priorità solo nella misura in cui può aiutare a raccogliere più consensi. Se c’è una cosa che questo episodio può insegnarci è che le decisioni provenienti dall’alto non andrebbero prese alla lettera, in quanto potrebbero nascondere vari retroscena. È proprio in tempi di crisi come questi, quindi, che si deve restare più vigili: in un simile contesto, l’ascesa di un personaggio come Zaia può passare come un fatto indiscusso, ma occhio a ciò che si cela sotto il velo del marketing e delle strategie comunicative.

Giulia Princivalli, 26 anni, nata e cresciuta a Oderzo (TV), è autrice del libro L’influencer. La strategia comunicativa di Zaia, pubblicato l’anno scorso da Alba Edizioni. Si è laureata in Scienze Politiche presso l’Università di Padova e in Politica, Istituzioni e Mercato presso l’Università di Firenze. Giulia ha una notevole esperienza negli ambiti dell’attivismo, con impegni all’interno di movimenti femministi, ecologisti e politici.
Cattura la folla e loro ti ameranno,a quel punto avrai conquistato la libertà!