11 gennaio 2021: Elena Donazzan, classe 1972, nota esponente dell’MSI, poi di Alleanza Nazionale, poi del Popolo della Libertà, poi di Forza Italia, poi di Fratelli d’Italia, da 21 anni nel consiglio regionale e da 16 assessore all’educazione, canta gioiosa Faccetta Nera alla popolare trasmissione radiofonica La zanzara.
13 gennaio: un gruppo di consiglieri regionali dell’opposizione presentano una Mozione di Riserve (n° 1) esplicitamente rivolta contro la Donazzan e le sue esternazioni. La mozione non passa in virtù del voto contrario dei compagni di partito dell’assessora e con l’astensione di lega e Zaia.
28 gennaio: un gruppo di consiglieri regionali dell’opposizione presenta una mozione (n° 17) che vieta ad esponenti della giunta regionale azioni di apologia di fascismo e di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi.
1 febbraio: Villanova, Speranzon, Pan, Venturini, Valdegamberi e Piccinini (praticamente un esponente per ciascuna lista di maggioranza) presentano una prima mozione (n° 6) su negazionismo e riduzionismo del fenomeno foibe, che fra l’altro afferma, dando l’ispirazione a tutti i compagni writer del Veneto: il consiglio regionale «sollecita il Governo italianoad assumere l’iniziativa legislativa necessaria a revocare le onorificenze conferite a Broz Josip Tito ed ai criminali suoi pari, nonché ad impedire il permanere di titolazioni a nome suo o d’altri criminali della storia di toponomastica e monumenti». La mozione è però subito ritirata.
9 febbraio: il gruppo di fratelli d’Italia capitanato questa volta da Speranzon con Polato, Formaggio, Razzolini e Soranzo, assieme a Villanova della lista Zaia, presenta una mozione (n° 29) dal titolo «la giunta regionale sospenda ogni tipo di contributo a favore di tutte quelle associazioni che si macchiano di riduzionismo e/o di negazionismo nei confronti delle foibe e dell’esodo istriano fiumano e dalmata». La mozione segna il numero delle vittime delle foibe sotto il quale si parlererbbe di riduzionismo (12000) e fa esplicito riferimento all’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, in questo senso colpevole.
23 febbraio: viene approvata la mozione 29
Insomma, guerra di mozioni in consiglio regionale fra maggioranza e minoranza, con i consiglieri di centrosinistra che provano a obbligare le destre a scoprirsi sul fascismo strisciante, e la destra che in virtù della sua assoluta maggioranza fa passare la propria rappresaglia. D’altra parte, è importante scegliere il campo in cui dare battaglia, e il tandem Lega-Fratelli d’Italia in regione non ha paragoni.
Gli apprendisti storiografi anticomunisti, che solitamente si svegliavano i 10 giorni prima della ricorrenza, quest’anno fanno gli straordinari. Attaccano di qua e di là, certi dell’amicizia dei mezzi di comunicazione, si muovono un po’ scomposti ma senza paura di sbagliare: qualcuno coprirà. Quando esagerano, parlando di Tito e di «criminali suoi pari», le mozioni vengono ritirate; una canzoncina alla radio non è nulla di che, è solo folklore. A volte sbrodolano, fingono sdegno e pietà patria, fanno l’occhiolino alla destra sociale e al neofascismo di pancia. D’altra parte, fra cinque anni Zaia non si potrà ricandidare …
Eppure, nonostante la pochezza delle loro argomentazioni, la strategia c’è ed è chiara; e, come al solito, i fascisti e i criptofascisti sono strumenti. È in corso, su piani istituzionali fra loro molto diversi, una campagna a sostegno dell’equazione totalitaria, per cui – come al solito, da quanti decenni? – fascismo=comunismo. Il Parlamento Europeo ha detto la sua nel 2019, aprendo la strada a microfenomeni istituzionali che covano da tempo, sviluppandosi in sordina nei consigli comunali delle provincie italiane. A livello locale le amministrazioni approvano le clausole antifasciste? Viene vietato alle associazioni di stampo fascista di usufruire di agevolazioni comunali, patrocini, sale pubbliche? Allora anche a quei comunisti amici di Tito dell’ANPI! E – questo è l’importante – a tutti coloro che, negli ultimi anni, si sono spesi per contrastare la campagna mistificatoria e fascisteggiante che si affolla attorno a ogni 10 febbraio, che ogni anno vede decine di esponenti istituzionali a braccetto e a sostegno delle posizioni neofasciste, le stesse portata avanti con altri mezzi da Casapound.

Questi esimi esponenti della destra veneta non intendono accettare una serie di verità storiche, prima fra tutte quella per cui viviamo in una Repubblica che nasce dalla lotta antifascista; costruita, prima e dopo la promulgazione della Costituzione, grazie al contributo delle sinistre, e in particolare dei comunisti. È una “piccola” verità storica che non si può cancellare con una mozione regionale. Eppure, sulla base di un senso comune fascisteggiante (lo stesso che ogni 10 febbraio impiega la celebre foto dei soldati italiani che fucilano partigiani titini facendola passare per il contrario; su questa vicenda qui un approfondimento), senza tenere minimamente conto delle ricerche storiche che hanno cercato di stabilire una verità condivisa, si permettono con una mozione di decidere cos’è vero e cos’è falso, quanti i morti (se dici meno di quanto dicono sarai riduzionista), quanti gli sfollati (anche qui occhio a diminuire i numeri, come tendono a fare quei titini degli storici accademici).
Mai come in questo caso, però, la manipolazione storica ha un uso strumentale: quando si parla di celebrazioni e di revisionismi, si intende portare avanti un’azione nel presente, stringendo lo spazio politico a disposizione delle organizzazioni di sinistra. Una mozione, una legge, un regolamento comunale possono certo essere abrogati, ma serve voglia, impegno e forza politica: quando non ci sono, entrano a far parte di quella forza delle cose, quell’inerzia del mondo, quel senso comune che impedisce di vedere i fatti più evidenti.
È accaduto ad esempio qualche anno fa, quando mancò poco che la prorettrice con delega alla parità di genere dell’Università di Padova, la prof.ssa Annalisa Oboe, specializzata in postcolonial studies, presentasse il fumetto nazionalista e vergognoso Foiba rossa, ingannata probabilmente dal fatto che la protagonista fosse una vittima femminile della violenza di genere – solo grazie alla mobilitazione dei movimenti l’Università si tirò indietro. Accade ogni giorno quando i docenti delle scuole medie e superiori ricevono in grandi quantità dalla Regione Veneto lo stesso fumetto (come al solito si torna all’assessore all’Istruzione Elena Donazzan) e che spesso, fiduciosi nelle istituzioni, distribuiscono agli studenti (qui il nostro intervento sulla giornata del 10 febbraio nelle scuole). Continuerà ad accadere fino a che non si avrà la forza di scardinare il potere di queste destre venete, eredi del fascismo sociale sotto il loro volto pulito e incravattato.
Qui il comunicato dell’ANPI