di Giada Zandonà
A Vescovana, il 30 dicembre, si è svolta una manifestazione contro la costruzione di un nuovo impianto a biogas: uno dei tanti progetti speculativi che interessano il territorio della bassa padovana, contro i quali la popolazione si sta attivando attraverso la nascita di comitati e la mobilitazione. Dopo l’approfondimento su Monte Ortone, continuiamo a seguire le lotte ambientali su questo territorio.
Ringraziamo per le foto Zangirolami – Monselice.
VESCOVANA
Un impianto a biogas da 6 mega watt, in una superficie di dieci ettari – cioè come 20 campi da calcio – sta per sorgere nel cuore di un paese di 1700 abitanti, accanto ad una scuola di musica per bambini che sarà costretta a chiudere. Questo è il nuovo progetto che è stato calato dall’alto nella Bassa padovana, che si ritrova nuovamente al centro dell’attenzione a causa di richieste per la realizzazione di impianti ad alto impatto ambientale, alimentate da società che sembrano perseguire scopi più legati alla speculazione economica che alla sostenibilità.
IL PROGETTO
All’inizio dello scorso anno, la House Building Silvania s.r.l., ha presentato la richiesta di autorizzazione alla Regione Veneto per la costruzione e l’esercizio di un impianto alimentato da biomasse agricole, liquame, letame e sottoprodotti agroindustriali per la produzione di biometano. La sua capacità è costituita da 3 linee di recupero energetico da 500 Sm3/h (standard metro cubo per ora) ciascuna e da 3 linee per la produzione di energia da cogeneratore, con una potenza termica nominale di 6.160,95 kW, alimentate a biogas, con le relative opere ed infrastrutture connesse: vasche per il lavaggio del digestato, un opificio agroindustriale, letti di maturazione, vari silos e un deposito di metano a soli 50 metri da un’abitazione.
GLI AGRICOLTORI
Si tratta di un progetto imponente che solleva preoccupazioni riguardo all’impatto sulla salute e sull’ambiente, ma anche sul suo funzionamento. Infatti, oltre ad aver messo in allerta i cittadini e l’amministrazione comunale, che si è opposta fin dall’inizio, ha lasciato basiti gli agricoltori, dato che l’impianto dovrebbe funzionare per il 50-60% con sottoprodotti della barbabietola. «Si tratta di fantascienza» hanno spiegato i rappresentanti di Coldiretti, di Confederazione Italiana e Agricoltori Padova alla prima assemblea contro il progetto. «Nessuno ci ha mai contattato in merito e non sarebbe possibile approvvigionare l’impianto, dato che fatichiamo persino a servire lo zuccherificio di Pontelongo. Non sussiste un bacino agricolo per un impianto di questa rilevanza che richiede circa 1200 ettari di barbabietola, che però non ci sono. I dubbi sono legati anche al comparto zootecnico, data la mancanza di allevamenti di bovini e suini in zona per conferire liquami e reflui».
IL COMITATO
Le potenziali emissioni di migliaia di tonnellate di CO2, il traffico pesante, i voluminosi quantitativi di digestato di risulta, i fumi e gli odori, insieme alla possibile svalutazione degli immobili nelle vicinanze, sono tutti elementi che hanno suscitato la resistenza della comunità. I cittadini si sono mobilitati rapidamente, formando il “Comitato popolare Lasciateci Respirare di Vescovana, collegato allo storico Comitato popolare Lasciateci Respirare di Monselice, che a fine anno ha raccolto oltre un migliaio di firme contro il progetto che sono state inoltrate alla Regione Veneto assieme a numerose lettere da parte dei residenti e alle importanti osservazioni e contestazioni presentate dall’amministrazione comunale. Assemblee informative sono state organizzate nei paesi circostanti per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla problematica, mettendo in evidenza la contraddizione di un’agricoltura volta alla produzione di sottoprodotti per un biodigestore anziché per la produzione di prodotti destinati all’uso alimentare.
L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Le paure dei cittadini arrivano anche a fronte della situazione della ditta proponente: la sede legale è situata in una villetta a Camponogara, e dalle misure camerali risulta non avere nessun dipendente, un utile inferiore ai 4 mila euro e un capitale sociale di 98 mila euro. «Siamo preoccupati per l’impatto che può avere sulla salute e sulla vita di tutti per gli odori, i rumori, il traffico di tir, per la svalutazione degli immobili» aveva sottolineato il sindaco Marzio Pattaro nell’assemblea di novembre; «Non vogliamo essere complici dello scempio del nostro paese». Nel progetto sono infatti presenti numerose contraddizioni e problemi: «Non ci appare motivata e presente la dichiarazione di pubblica utilità» scrivono i tecnici del Comune; «Non hanno ancora ottenuto tutto il terreno di cui necessitano e risulta assente la filiera di approvvigionamento. La strada in cui dovrebbero transitare è preclusa al passaggio dei mezzi superiori alle 7,5 tonnellate e non ci sono le autorizzazioni per i passaggi nei terreni di terzi. Le analisi sono frettolose e superficiali e vi sono prescrizioni del Pat (piano di assetto del territorio) che non sono presenti nei documenti del nostro Comune» ed ancora «Non ci è pervenuto il permesso di costruire, alcuni documenti sono stati redatti da un agronomo che non ha i requisiti richiesti».
LA MANIFESTAZIONE
La protesta ha raggiunto il culmine il 30 dicembre 2023, quando quaranta trattori, famiglie, sindaci, associazioni ambientaliste, comitati, associazioni agricole e centinaia e centinaia di cittadini con i loro bambini hanno marciato nelle campagne di Vescovana per dire un deciso “NO” al progetto. Nei giorni scorsi invece la questione è giunta al Consiglio Regionale del Veneto attraverso un’interpellanza firmata da sette consiglieri regionali ed ora i Comitati ed i cittadini sono in attesa di una risposta. «Quello dell’impianto per la produzione di biometano è un ulteriore progetto calato dall’alto sui territori, senza alcuna consultazione ne interlocuzione e ne è la dimostrazione anche la contrarietà dei sindaci coinvolti. Nessuna garanzia è stata data sull’origine dei prodotti agricoli che verranno utilizzati per il funzionamento dell’impianto» spiega la consigliera Elena Ostanel «Aprendo la strada alla possibilità che vengano utilizzate anche coltivazioni non di scarto, togliendo terreno agli agricoltori locali. Non sono da trascurare neanche i risvolti logistici sui trasporti, la cementificazione e l’impatto che comunque la produzione di un idrocarburo come il biometano ha nell’ambiente».
I COMITATI
«Vogliamo far arrivare un messaggio forte e chiaro ai rappresentanti delle istituzioni politiche: questi progetti non possono essere calati dall’alto, ma vanno concordati con la popolazione. Ed è ben chiaro che tutto il nostro paese e anche quelli vicini non vogliono un impianto di questo tipo e le nostre scelte devono essere rispettate» spiega Gianni Bregolin del Comitato popolare Lasciateci Respirare di Vescovana. Per Francesco Miazzi, storico ambientalista del Comitato Lasciateci Respirare, c’è la determinazione per portare avanti sino alla fine questa battaglia: «Se non arriveranno risposte alla richiesta di fermare il progetto, i cittadini e gli amministratori sono pronti a costruire una delegazione da portare in Consiglio Regionale, magari unendosi con altri Comitati del Veneto che si stanno battendo contro queste vere e proprie speculazioni, alimentate dagli incentivi pubblici, che vanno in senso opposto alle politiche di riduzione dei gas climalteranti», chiosa Miazzi. «Devono prendere atto che c’è un territorio unito contro questo impianto, non solo qui, ma dovunque! Sono impianti contro natura, contro la salute e contro le politiche ambientali, in una pianura che sta già soffocando a causa delle polveri sottili. Non è e non sarà la battaglia di un Comitato, ma di un’intera comunità.»