intervista a Carlo Salmaso
L’11 ottobre ci sarà lo sciopero unitario di tutti i sindacati di base. Noi di Seizethetime pensiamo che questo, data la situazione dura, che si aggraverà nei prossimi mesi, sia un momento importante, a cui dare risalto ma anche da approfondire. Nella prima puntata abbiamo spiegato come nasce il sindacalismo di base, qui e nelle prossime uscite chiediamo a chi intende così il sindacato come si muove e perché.
1. In un minuto, puoi raccontarci quando è nato il sindacato cui appartieni e perché
I Cobas nella scuola nascono nel 1989 in modo informale, da un gruppo di persone provenienti da varie città che si erano conosciute nel corso di esperienze precedenti. Venivano da Padova, Roma, Napoli, Cagliari, Palermo, Torino, Trieste da alcuni posti in Toscana. In modo informale significa non solo che vengono fuori da un percorso di dialogo di tre anni, una sorta di periodo di incubazione e di riflessione sui problemi della scuola che ha questo come esito; ma anche che fino alla fine degli anni Noventa non aveva una forma effettivamente sindacale, mantenendo una struttura di, appunto, associazione informale.
Cosa succede nel 1989? Negli anni precedenti la retribuzione dei docenti era stata gradualmente erosa dall’inflazione, fino a raggiungere livelli salariali davvero bassi; era necessaria una spinta in questo senso, ma dai sindacati confederali c’era un freno, si stava andando verso il piano della concertazione, dei piccoli passi. A molti di quelli che allora erano a scuola sembrava che fosse invece il momento di un’azione dura, anche perché le condizioni di vita si facevano oggettivamente difficili. I Cobas nacquero così con un’azione radicale, il blocco degli scrutini, che andò avanti dal 5 giugno alla fine di settembre, e mise in seria difficoltà l’apparato scolastico. Alla fine lo stato dovette cedere, e ci furono degli aumenti che oggi ci sembrano davvero incredibili, arrivando – in alcuni casi – a sfiorare il raddoppio del salario.
ci furono degli aumenti che oggi ci sembrano davvero incredibili, arrivando – in alcuni casi – a sfiorare il raddoppio del salario
Negli anni successivi c’è stata una diffusione delle modalità e una proliferazione, anche in settori diversi dalla scuola; prima, allargando le modalità alle altre categorie del pubblico impiego, poi anche nel privato. Qui in Veneto un esempio di chi ha percorso questa strada è l’ADL, che adesso è diffuso su molte categorie di lavoratori, in effetti soprattutto nel privato.
Dall’altra parte, con la legge 146 del ’90, la cosiddetta legge antisciopero, le cose si sono fatte più complesse: i sindacati confederali hanno spinto perché nei luoghi di lavoro potessero entrare come rappresentanza solo coloro che appartengono a un sindacato, con l’istituzione delle RSU. Questo è il motivo per cui, alla fine degli anni Novanta, i Cobas scuola si sono dati una forma sindacale, così da poter continuare a operare nella scuola.
Quindi quali sono i motivi che hanno portato, nel corso di un trentennio, a un proliferare del sindacalismo di base, nella scuola e altrove?
Diciamo che, finita la stagione degli anni Settanta, i tre sindacati confederali si sono indirizzati verso un modello non conflittuale, sperimentando e praticando sempre più la strada della concertazione. È ciò che, in effetti, avviene ancora. Di qui la difficoltà, che vediamo anche oggi, da parte dei grandi sindacati di dare sostegno a lotte in cui si rende necessario uno scontro duro, privilegiando i tavoli e gli accordi.
C’è anche un’altra motivazione, che ha a che vedere con la struttura sindacale: i sindacati di base cercano di portare avanti dinamiche assembleari, in cui le decisioni siano prese secondo modalità orizzontali. Non sempre si riesce, naturalmente, e capita spesso che si vada in direzioni diverse; però questa forma organizzativa consente una discussione interna molto vitale. Un’organizzazione rigida come quella dei grandi sindacati, invece, spesso va verso forme di burocratizzazione e di verticismo, che nel complesso non favoriscono la discussione politica interna e, anzi, spesso la bloccano o la moderano eccessivamente.
Quindi, se capisco bene, voi non vi proponete di fare solo attività sindacale…
Infatti. Da sempre i Cobas scuola hanno lavorato su più piani. Al momento, dall’esplosione dell’emergenza Covid, abbiamo animato e supportato il progetto di Priorità alla scuola, per il quale ci siamo già incontrati rispetto a quel che abbiamo fatto qui a Padova; ma è l’ultimo di una serie lunga, che conta, per restare agli ultimi tempi, il contrasto alla Buona scuola, la riforma voluta da Renzi nel 2015, e il sostegno alla Legge di iniziativa popolare che qualche anno fa, per la seconda volta, è stata portata all’ordine del giorno anche dal sostegno dei Cobas.
Più in generale, pensiamo che l’attività sindacale in un determinato settore deve essere pensata come permeabile rispetto a tutti i soggetti che, in quel settore, si muovono. Quindi, appunto, il movimento, anche studentesco; chi fa politica; ma anche gli altri sindacati che stanno a scuola. Con la CGIL, ad esempio, non è sempre facile parlare – dipende molto da chi viene messo a livello provinciale, nell’ultimo decennio li hanno cambiati ogni due anni circa. Ad esempio adesso non è molto facile dialogare, mentre un paio d’anni fa c’era una grande disponibilità. Quindi sì, i Cobas, come hanno fatto fin dall’inizio, fanno dell’attività sindacale una parte dell’attività politica.
pensiamo che l’attività sindacale in un determinato settore deve essere pensata come permeabile rispetto a tutti i soggetti che, in quel settore, si muovono
Arriviamo al locale: in Veneto cosa fate?
Storicamente siamo presenti nelle provincie di Padova e di Venezia; però negli ultimi anni abbiamo iniziato un lavoro su Verona – è ormai cosa fatta – e su Vicenza, dove però c’è stata un’interruzione netta in seguito al Covid. Se devo pensare a cos che qui, sul locale, hanno avuto un impatto di un certo rilievo, me ne vengono in mente due.
La prima è stato il tentativo riuscito, negli anni Novanta, di creare un gruppo di azione sui problemi della scuola che non comprendesse solo insegnanti e ATA, come capita troppo spesso nei sindacati e in generale in chi si occupa della scuola, ma in cui prendessero parte anche gli studenti più grandi e soprattutto i genitori. È un’esperienza che ha avuto un suo termine naturale, quando queste persone sono uscite per motivi anagrafici dall’orbita della scuola, e però è stata importante perché ci ha permesso di affrontare unitamente le problematiche dell’istruzione. Non capita spesso.
L’altra iniziativa importante è quella del CESP, cioè del Centro Studi Scuola Pubblica. È un organo di formazione degli insegnanti che si occupa di pensare e praticare la formazione, sottraendola ai grandi enti formativi che troppo spesso sono allineati sull’esistenti. Il CESP è nazionale, ed è utile, perché è una struttura che versatile e disponibile; la sezione di Padova è particolarmente attiva, e rappresenta un soggetto importante per l’intervento nel mondo dell’insegnamento.
Poi naturalmente svolgiamo l’attività sindacale per cui ci avete chiamati, con sportelli sindacali che aiutano i colleghi a districarsi nel complicatissimo mondo della normativa scolastica e a far valere i propri diritti.
Ultima domanda sullo sciopero dell’11/10: perché è importante? Che ne pensate?
Qui si parla di un mondo complesso, con tante sigle e con una difficoltà nel fare accordi e piani condivisi; però con questo sciopero c’è la possibilità di estendere una discussione minima su salario e contratto che negli anni si è fatta sempre più pressante.
c’è la possibilità di estendere una discussione minima su salario e contratto che negli anni si è fatta sempre più pressante
Oltre a questo, nel mondo della scuola è importante farsi sentire perché, oltre alle difficoltà degli ultimi anni e alla risposta, che è stata data con Priorità alla scuola e che deve essere sostenuta, c’è la pigna del PNRR che sta arrivando, e che velocizzerà alcune cosiddette riforme che già sono in atto, e già sono veloci.
Un’ultima cosa importante: con questo sciopero si mettono insieme cose che spesso sono ancora percepite come troppo distanti. Ad esempio, una delle cose buone che fa il sindacalismo di base, e qui nel Veneto l’ADL ci ha puntato tanto, è la sindacalizzazione dei lavoratori migranti, di prima o seconda generazione. Quelli di base sono gli unici sindacati che si pongono il problema del rapporto fra sfruttamento e razza, fra salario e razza, e che lo affrontano a livello collettivo. Anche per questo lo sciopero dell’11, unitario, ha una sua grossa importanza.
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