di Leonardo Mezzalira
A partire dal prossimo 25 aprile, in certe giornate considerate «calde», entra in vigore il contributo di accesso per il centro storico di Venezia: per accedere alla città bisognerà pagare online una tassa straordinaria di 5€, inserendo i propri dati personali e ottenendo in cambio un codice QR da mostrare in caso di controlli. Sempre per il 25 aprile, l’Assemblea sociale per la casa Venezia Mestre Marghera ha indetto una manifestazione per protestare contro la nuova misura, presentata come un passo per arginare l’eccessivo afflusso turistico ma dannosa in quanto, paradossalmente, ulteriore passo verso la turistificazione della città.
«Ma xe vero che… per entrare a Venezia ci saranno dei tornelli?». «No», ci tranquillizza con forte accento veneziano Marco, impiegato del comune, in uno dei video pubblicati nella sezione «Ma xe vero che…» del sito dedicato al nuovo contributo d’accesso alla città lagunare: ci saranno solo cartelli all’ingresso e punti in cui poter chiedere informazioni.
In una serie di brevi contributi, altri rassicuranti testimonial ci chiariscono ulteriori aspetti del funzionamento della nuova tassa, introdotta in via sperimentale per una serie di giornate del 2024 dopo che la legge di bilancio del 2019 aveva assegnato a Venezia la possibilità di applicare un tributo ai visitatori che non dormono in città. Alberto, barbiere del centro storico con molti amici foresti, ci informa che chi viene invitato a casa da un residente non dovrà pagare; Giacomo, ispettore della polizia locale, ci fa sapere che per i nati a Venezia basterà esibire la carta di identità. Annalaura, dell’ufficio del comune, ci rassicura sulla semplicità del processo di prenotazione, mentre il compito di illustrarci le sanzioni a cui andranno incontro i trasgressori è affidato alla giovane poliziotta Priscilla.
Che il comune si sia premurato di preparare tutti questi materiali tranquillizzanti non stupisce: l’idea che improvvisamente per entrare in città si debba esibire una sorta di lasciapassare non può che seminare preoccupazione. Il contributo – ribadisce più volte il sito del comune – si applica solo e soltanto ai «visitatori occasionali» o turisti mordi e fuggi, che fanno un giro tra le calli senza poi fermarsi a dormire. Ma è chiaro che in uno spazio pubblico, anche se geograficamente peculiare come Venezia, isolare i turisti da chi ci si reca per qualsiasi altro motivo è molto difficile. Si parla pur sempre di una città in cui la gente vive, si incontra, va a visitare amici e parenti, si scambia confidenze davanti a un bicchiere. Una città che ospita ogni genere di uffici, associazioni, aziende, enti e i motivi per cui qualcuno potrebbe volerci entrare sono più di quanti si possano immaginare e classificare.
Di fronte ad una situazione così complessa, il comune ha intrapreso la via più difficile di tutte: applicare virtualmente il contributo a chiunque entri a Venezia, salvo poi cercare di individuare in una lista tutti i casi di esenzione. L’elenco si trova qui ed è necessariamente lunghissimo, perché il suo scopo è individuare tutti i motivi per cui qualcuno potrebbe volersi recare in una città. Data la varietà delle vite, dei desideri e delle esigenze umane, è facile prevedere che alle fattispecie elencate dovranno via via aggiungersene altre, che nasceranno controversie, e perfino che alcuni casi non verranno mai contemplati. Per un funerale è consentito l’accesso gratuito in città ai parenti fino al terzo grado: un amico del defunto dunque sarà considerato un turista mordi e fuggi? Si può entrare gratuitamente per visitare amici e conoscenti, che possono generare un invito da usare sulla piattaforma per ottenere l’esenzione dal ticket; e se l’amico o conoscente da cui dobbiamo recarci, magari urgentemente, per qualsiasi ragione non è nelle condizioni di inviarci il codice?
Chi poi è esente dal contributo dovrà comunque registrarsi sulla piattaforma e «prenotare» il proprio accesso alla città. Al di là dei casi dubbi, quindi, è certo che la nuova tassa, con le pratiche che si porta dietro, renderà la vita un po’ più complicata a tutti i non turisti che nelle giornate interessate dovranno procurarsi il famoso QR code, individuando il proprio caso tra quelli non soggetti a tassazione. E lasciando così il proprio nominativo nella lista dei prenotati di quel giorno.
Dai vari contenuti, a prima vista puramente informativi, pubblicati sulla pagina «Ma xe vero che…» emerge anche qualche dichiarazione sugli intenti della sperimentazione. «Ma xe vero che… il contributo serve a far soldi?». «No», ci dice Chiara – modella e tour leader – in un video di 27 secondi: «se consideriamo i soldi spesi per mettere insieme un progetto del genere, non sarà di sicuro il contributo a riempire la casse del comune. Secondo me quest’iniziativa ha l’unico scopo di tutelare Venezia». Come? Ci dà qualche dettaglio in più l’assessore al turismo, Simone Venturini, che nel suo video parla della necessità di un sistema di prenotazione per l’accesso in città. «Il mondo intero vorrebbe visitare Venezia, e questo ci onora. Ma non tutti lo stesso giorno!»
Secondo il comune, dunque, la nuova sperimentazione ha la funzione di istituire e testare un sistema di prenotazioni per l’accesso al centro storico. Per il momento si tratta solo di raccogliere informazioni, ma si prevede – evidentemente – una futura limitazione numerica dei flussi, ottenuta magari esigendo un ticket più alto nelle giornate «calde». L’assessore Venturini, d’altronde, ci dice che la prenotazione telematica avrà lo scopo di migliorare la convivenza tra i turisti e chi a Venezia ci vive e lavora.
Ci si può chiedere se fosse proprio necessario, per limitare il flusso dei turisti mordi e fuggi, istituire un sistema di raccolta dati e sorveglianza così gravoso sul piano, prima che della burocrazia, dell’immaginario. L’unico modo di individuare i turisti è mappare tutti i movimenti di persone da e per la città, e poi escludere dal calcolo coloro che possono addurre una motivazione valida? Non c’era proprio nessun’altra modalità per individuare e tassare almeno una grossa parte di tali turisti, ad esempio registrando e disincentivando al bisogno i vari tipi di viaggi organizzati, tra cui la crocieristica?
Per i veneziani, non è difficile capirlo, è in gioco la possibilità di continuare a sentirsi una città: il poter pensare di vivere in un posto che prima di essere un’attrazione turistica internazionale è la propria casa. È anche facile comprendere perché, alle rassicurazioni del comune sulle modalità e sugli scopi del contributo d’accesso, molti veneziani non abbocchino. La qualità dell’abitare a Venezia, la possibilità stessa di viverci, sono messe a repentaglio da molti anni proprio dalle politiche dell’attuale amministrazione comunale. Tra 2022 e 2023 il numero di residenti nel centro storico è sceso per la prima volta sotto la soglia psicologica di 50.000 abitanti – ne ha persi oltre 5000 dall’inizio del mandato di Brugnaro, nel 2015 – e soprattutto è avvenuto uno storico sorpasso: i posti letto turistici in città sono diventati più di quelli residenziali. Lo denuncia da anni Ocio, un collettivo di abitanti e ricercatori che si interessano alla casa e alla residenzialità nella Venezia insulare.
Negli ultimi cinque anni, nella città storica – scrive Ocio – in media ogni due giorni una casa è scomparsa dal mercato residenziale per entrare in quello turistico. Una trasformazione dietro la quale non è difficile individuare precise scelte politiche dell’attuale amministrazione, che oltre ad approvare indiscriminatamente continui cambi di destinazione d’uso di palazzi veneziani da residenziale a ricettivo si ostina a non attuare un regolamento che limiti la diffusione degli affitti turistici brevi – nonostante siano trascorsi quasi due anni dall’approvazione di una norma che attribuisce alla città di Venezia, unica in Italia, tale possibilità – e persevera in una gestione profondamente inefficiente degli alloggi pubblici e convenzionati (chi volesse leggere un report dettagliato sui motivi dello spopolamento di Venezia può cercarlo qui). D’altronde, dal nuovo ticket saranno esenti i turisti che soggiornano nel centro storico: non rischia di essere un ulteriore regalo agli alberghi e alle imprese che gestiscono gli affitti brevi? Una comunicazione esplicita in merito ancora non c’è, ma ci aspettiamo di veder comparire da un momento all’altro slogan del tipo «Fermarsi a dormire a Venezia è bellissimo: e si risparmia pure il ticket!». Magari sulla pagina «Ma xe vero che…», da cui nel frattempo Melike, studentessa, ci dice che bisognerebbe tenere la destra nelle calli e Mattia, gondoliere, ci informa che non si può fare il bagno nei canali (è pericoloso).
Non serve a far soldi, ce lo dice il comune; potrebbe servire in futuro a limitare gli accessi, ma nell’attuale sperimentazione questa parte non è ancora stata implementata. Quel che pare certo è che il ticket d’accesso è prima di tutto una mossa di immagine, voluta dall’amministrazione comunale per scongiurare l’inserimento di Venezia nel patrimonio mondiale a rischio da parte dell’Unesco e per dare in generale un segnale di interessamento al problema del sovraffollamento turistico della città (quando in realtà gli interessi dell’amministrazione comunale vanno in altre direzioni).
Un risultato il ticket lo otterrà di sicuro: Venezia si sentirà ancora meno città, e ancora più solo un’attrazione turistica, da vedere per l’ultima volta prima che scompaia.