di Andrew Todaro
Capita a volte di non sentirsi abbastanza bene con se stessi . Vediamo che il nostro corpo crolla con l’avanzare dell’età oppure viviamo una separazione con qualcuno che pensavamo ci amasse e ci sentiamo inadeguati. Quando questo succede sentiamo la necessità di voler ristrutturare la nostra vita, di ridarle un senso, una direzione. Ecco che nel nostro feed compaiono frasi come «devi investire su te stesso», «diventa la versione migliore di te», «scopri la tua forza» e questi messaggi hanno come unico risultato quello di farci sentire peggio di prima il più delle volte. Ma cosa succederebbe se li prendessimo alla lettera? Cosa accadrebbe se iniziassimo «a muovere il culo dal divano» e lavorassimo per far diventare il nostro «corpo un tempio»? Ci aiuta a capirlo Andrew Todaro in questo racconto.
C’è un momento in cui ognuno di noi percepisce la decadenza del proprio corpo. A me è successo su per giù quando ho superato la soglia dei trent’anni. Ho voluto arginare la disfatta: ho combattuto il diradarsi dei capelli rasandomeli a zero; ho cercato di smettere di fumare; mi sono iscritto in palestra.
Ricostruire, lo ammetto, pensavo fosse più semplice. Per ora il salutismo ha trasformato solo il mio feed. Dove prima c’erano gattini e video di trapper, ora ci sono corpi iperdefiniti che parlano di sacrificio e determinazione. Guardandoli, inizio a capire il significato di metonimie come «spostare ghisa» («alzare pesi») e a invidiare l’esaltazione dei palestrati all’ultima ripetizione. Sento che hanno uno scopo, un progetto. Riesco anche a percepire la fratellanza omoerotica dell’immaginarmi un gymbro, la manata sulla spalla prima di mettersi sotto i pesi, prima di superare il massimale. Mi rendo conto di essere entrato dentro una retorica che – oltre a ricordarmi che ci vuole tenacia e ottimismo, «a’ cazzimma» insomma – fa leva su un senso di riscatto e rivincita che mi appartiene. A occupare lo schermo del mio cellulare adesso, per esempio, c’è un volto squadrato, mento alzato su petto mastodontico, con delle spalle che sembrano avere vita propria. I suoi occhi di lince mi lanciano uno sguardo motivazionale. È il Maschio e mi invita a muovere il culo, come tutti, a darmi una svegliata, come mia madre.
Mi dice che se lavoro sodo la mia ex mi rimpiangerà; sono sommerso di video come questo. Vado in bagno alla mattina e mi passano davanti altre immagini di sacrificio e sofferenza fisica, dove altri Maschi curano il proprio tempio fatto di carne e sangue. Corpi che fanno flessioni sugli scogli, trazioni sotto la neve, che alzano tronchi d’albero e mi dicono che il porno è gratis solo perché lo pago svendendo la mia dignità. Scorro il pollice e un altro mi ricorda che le ragazze di oggi tradiscono facilmente, soprattutto se sei uno skinny fat: all’apparenza magro, ma con i segni di un leggero sovrappeso. Se sei un corpo che crolla, insomma, come me. Mi dicono che devo concentrarmi su me stesso e migliorarmi, perché lei mi rifiuterà, non mi sarà fedele o mi prosciugherà fino a rendermi lo spettro di me stesso. Non è forse quello che è successo?
2.
Quattro volte alla settimana, la sveglia è alle 4.30: colazione con un po’ di creatina ingerendo il giusto quantitativo di calorie (è un attimo svenire sotto i pesi) e poi alle 6.00 entro in palestra. Alzarmi presto mi aiuta a ricordarmi che ho uno scopo, una routine, che dietro la ristrutturazione del mio corpo c’è una più ampia e metodica ricostruzione della mia vita. Entrare alle 6.00 in palestra invece serve per nascondermi dallo sguardo degli altri, dal loro giudizio sulla mia tecnica d’esecuzione, sul mio massimale, sul mio essere Maschio.
Di solito arrivo subito dopo l’Iper-pompato – il primo a entrare in sala pesi – ma prima dell’Avvocato brizzolato. Due facce di una stessa medaglia, due grandi modelli cui aspiro, probabilmente.
L’Iper-pompato si riscalda sempre con criterio e con questa abitudine marca la maturità della sua esperienza in palestra. Il mio ingresso in sala pesi coincide normalmente con la fine del suo riscaldamento e l’inizio della sua frustrazione. Parlo di frustrazione perché le ultime serie di piegamenti le passa a sorvegliare la panca piana con uno sguardo che è un avvertimento per quelli come me. Ma puntuale arrivo, entro con il mio asciugamanino, e occupo la sua agognata posizione, prima che lo facciano lui o il Brizzolato. E di questo dispetto fatto alla loro Abitudine godo e mi imbarazzo. Scompagino i piani, il rispetto delle tempistiche su cui hanno costruito parte del loro benessere mentale; e lo si percepisce da leggeri (un inaspettato irrigidimento della mano, un sospiro che diventa sbuffata).
Con sprezzatura inizio a caricare i pesi sul bilanciere e più aggiungo pesi più viene il dubbio – a me, all’Iper-Pompato e all’Avvocato Brizzolato – se riuscirò ad alzarli. E di solito, in questa spinta massimalista dello spirito dove provo a buttare il cuore oltre l’ostacolo, mi riviene in mente lei. Allora, provo a dimenticarla facendomi bruciare il petto, sentendo le fibre muscolari squeezare e spremersi sotto il carico, così come lei ha spremuto me. Inizio a contare le ripetizioni e nel mentre riconto anche i miei limiti (uno), l’essere stato (due) troppo paziente, (tre) troppo accondiscendente (quattro), troppo coglione (cinque). E riporto (sssei) alla luce (ssset-) quella sensazione (-te) di merda (ott-) che provavo (-to) alle superiori (nnno-) quando (-ve) non mi fidavo (ddie-) nemmeno (-ci) della mia ombra.
Ogni mattina la fatica mi aiuta a combattere quella sensazione, quella paura di rimanere vergine a vita, perché chissà chi mi si incula, chissà se risulterò simpatico agli altri e chissà se il mio pene sarà la misura del piacere altrui. Mi ricordo di come all’università ho voluto esorcizzare tutto questo con la Cultura, con il far dipendere la mia mascolinità non dalla forza dei muscoli ma del pensiero. Fare cose come rollarsi un drummino, leggere I fiori del male, fare della profondità un cavallo di battaglia. Quello che lei trovava attraente era proprio questo misto di sagacia, inadeguatezza e apparente incapacità a vivere che poi si è dimostrata reale. E che l’hanno portata a lasciarmi mentre, dietro ai miei pensieri, l’insofferenza dell’Iper-pompato e del Brizzolato prende il corpo dei mugugnii, il sapore del sacrificio.
Sì, siamo tutti qui a ricostruire.
3.
Da qualche anno a questa parte alleno di più i quadricipiti, sennò divento come uno di quei falliti che saltano il leg day perché si annoiano. Sono puro ascetismo ora, una macchina alla ricerca di una perfezione che sento di poter raggiungere. Sono uscito dalla comfort zone, alzo continuamente l’asticella. Non è più la sofferenza il mio carburante, ma la dedizione. Accetto solo un’ultima distrazione: la tipa che mi ha scritto ieri notte su Tinder e che incontrerò stasera. Ho trentacinque anni e sento il rischio del crollo, nonostante questa cattedrale di carne mi sembrasse solida negli ultimi anni.
Mi parla delle sue relazioni passate. Sento i tendini e i muscoli rilassarsi: il collo nudo sembra invitarmi ad annusarla e gli occhi felini lanciano uno sguardo che riporta i muscoli a uno stadio di tensione e allerta. La cattedrale non può crollare adesso. Lei si alza e vuole condurre un gioco che io non pratico da anni. È troppo spavalda, convinta, sicura di sé.
E questo mi spaventa.