Negli ultimi giorni nel comune di Padova sta uscendo allo scoperto un’emergenza che covava da mesi, quella della disponibilità di alloggi per gli studenti universitari. Si è partiti dai messaggi dei fratelli e delle sorelle più giovani, nostri o degli amici e poi dei semplici conoscenti, alla disperata ricerca di una sistemazione. Si è passati ai gruppi Facebook, nei quali soprattutto gli studenti Erasmus esprimono le proprie importanti difficoltà. Si è arrivati a prime forme di mobilitazione in occasione dell’insediamento della nuova Rettrice. Non è un problema da poco, per una città da 208.000 abitanti con 63.000 studenti e studentesse iscritti all’università, dei quali la maggior parte fuori sede. È evidente che nel corso degli ultimi due anni si sono sommati due tipologie di fattori.
Da una parte, quelli di lunga durata – la speculazione sulla popolazione studentesca, che da sempre sostiene una parte consistente e spesso rapace della borghesia cittadina, quella delle libere professioni e del patrimonio immobiliare compreso fra le 5 e le 15 abitazioni; ma anche l’assenza di pianificazione rispetto all’alloggio, lasciato alle fluttuazioni del mercato, da parte dell’Università ma soprattutto del comune e della regione, tramite ATER.
Dall’altra, quelli contingenti e legati al Covid: innanzitutto la grossa fluttuazione della popolazione studentesca negli ultimi due anni, ma anche il blocco e lo sblocco degli sfratti, il bonus per le ristrutturazioni – che rende temporaneamente inagibili case il cui canone poi sarà cresciuto – e una tendenza generale a preferire la vendita piuttosto che l’affitto – cui collaborano la crisi economica, che obbliga spesso i piccoli proprietari a monetizzare quanto più possibile i patrimoni immobiliari, ma anche fattori meno controllabili, come una paura generalizzata rispetto a inquilini morosi e simili.
Date queste premesse, presentiamo alcuni punti per contribuire al dibattito che ci auguriamo si farà sempre più vivo nei prossimi tempi.
- La difficoltà degli studenti e delle studentesse nel trovare casa è dovuta, come prima cosa, alle insufficienze dell’ESU e dell’Università nel mettere in atto una seria politica abitativa per gli studenti. Le residenze attive a Padova per gli studenti e le studentesse che non siano Erasmus o galileiani, cioè per l’assoluta maggioranza, in questo momento sono 7, con una capienza di 650 studenti. Viene coperto circa un terzo di coloro che, per ISEE e merito, hanno diritto a un aiuto nel trovare un alloggio.
- Ci sono altre residenze, una decina, in convenzione, quasi tutte di proprietà della Chiesa. Le tariffe sono solo parzialmente calmierate per il diritto allo studio
- Negli ultimi anni gli interventi si sono concentrati nella realizzazione di alloggi per gli studenti e le studentesse della Scuola Galileiana, che attualmente risiedono nel Polo di psicologia – Nord Piovego, ma per i quali è prevista la ristrutturazione della ex-Fusinato (via Marzolo) per un importo di 14,5 milioni. L’istituzione della Galileiana, nata nel 2004, dovrebbe essere improntata alla crescita di una presunta meritocrazia – tema di per sé problematico su cui molto si potrebbe aggiungere – all’interno dell’Università. In questa sede è necessario per ora notare come i galileiani e le galileiane siano meno di 150, rappresentando quindi lo 0,2% della popolazione studentesca dell’Università di Padova. I maggiori investimenti sono stati indirizzati verso questa porzione di studenti.
- Per gli studenti e le studentesse internazionali ci sono ulteriori problemi, legati al permesso di soggiorno, con un solito cul de sac all’italiana: per ottenere l’alloggio è necessario presentare il permesso di soggiorno, e per ottenere il permesso di soggiorno è necessario avere un domicilio in Italia. Normalmente la burocrazia ha trovato la soluzione al problema, però in questa situazione le criticità vengono a galla.
- Gli ultimi anni hanno fornito all’università un’arma formidabile per affrontare questa situazione: la DAD. Chi non riuscirà a trovare casa o non avrà la disponibilità economica per sostenersi potrà comodamente seguire le lezioni da casa, con tutto quel che ne consegue. Invitiamo i sindacati studenteschi, che in Senato Accademico hanno rivendicato la DAD come elemento importante di diritto allo studio, per facilitare gli studenti lavoratori e le studentesse lavoratrici, a riflettere sulle implicazioni in questa situazione (abbiamo già trattato il tema in un’intervista al prof. Illetterati)
Per comprendere questa situazione, tuttavia, è inevitabile osservare quel che c’è al di fuori del mondo studentesco. Lo stesso Ateneo ammette implicitamente che le decine di migliaia di studenti e studentesse che si trasferiscono a Padova devono rivolgersi al mercato privato, insomma cercarsi un appartamento – che quest’anno non si trova. Perché?
Per comprendere questa situazione, tuttavia, è inevitabile osservare quel che c’è al di fuori del mondo studentesco
Perché la casa è un problema che quest’anno si è particolarmente acuito. Nella sola Padova pare ci siano quasi 800 sfratti pendenti, testimonianza delle difficoltà in cui versa una parte importante della popolazione; si è aperto il bando per le case popolari ma in un quadro in cui l’ATER ha proceduto a alienazioni (gli appartamenti vengono venduti) e chiusure ingiustificate senza procedere – da decenni – alla costruzione di nuove abitazioni. Per avere una casa nella maggior parte dei casi si devono far valere delle garanzie che tagliano fuori una percentuale molto elevata della popolazione: spesso sono richiesti due contratti a tempo indeterminato, situazione inverosimile per moltissimi e moltissime. Molti proprietari hanno inoltre approfittato per ristrutturare la propria casa approfittando del bonus 110%, ma le cose – date le numerosissime richieste – stanno andando per le lunghe un po’ per tutti, sottraendo una porzione consistente delle unità immobiliari al mercato.
Può essere utile, per farsi un’idea, scorrere infine le offerte di vendita e affitto in città: al momento su un noto sito immobiliarista si trovano 108 case in affitto in città – ma la metà ben al di sopra dei 1200 euro al mese – e 3800 in vendita. Questo dato contrasta con l’andamento del mercato immobiliare, che, stando ai dati regionali, ha visto nel 2020 in città una grossa flessione, soprattutto nelle zone Centro, Arcella, Palestro, Forcellini, Stazione. Insomma, sembra che entrino in gioco fattori psicologici: si preferisce mettere in vendita la propria abitazione, pur con poche prospettive di chiudere a breve, piuttosto che addossarsi i fantomatici rischi di una locazione.
Gli studenti e le studentesse, dunque, non sono i soli a competere per avere un tetto – in una situazione del genere, si tratta davvero di una competizione, nella quale vince chi può pagare di più, dare più garanzie; senza dimenticare, naturalmente, il colore della pelle. Ci sembra necessario sottolineare come chi sente di più il peso della situazione sono gli immigrati e le immigrate, e in particolare chi non ha la cittadinanza italiana. Poter avere una casa, anche condivisa, è un lusso difficilmente concesso a chi non possa vantare adeguate credenziali da spendere nella competizione immobiliare: senza casa non si ha la residenza, e senza residenza non si ha accesso ai servizi sociali e a molte delle misure di welfare concesse dal governo. Accade che o una divisione degli affitti o – molto spesso – la solidarietà fra connazionali porti a situazioni di affollata convivenza, che però risolvono precariamente il problema del tetto, non quello della residenza (ogni casa può ospitare un numero limitato di residenti dovuti a parametri rigidi, e le richieste in eccesso vengono rifiutate dall’anagrafe).
Questo non significa che alcuni abbiano diritto più di altri ad avere un tetto sopra la testa. Significa piuttosto che la questione è da affrontare nel suo complesso, altrimenti si manca di comprensione e di incisività. Significa anche che, oltre all’ESU e all’Università, in questo ordine di problemi sono coinvolti l’amministrazione e la Regione Veneto, non come attori secondari ma come coloro che non hanno saputo – o non hanno voluto – lavorare per sottrarre un diritto fondamentale, quello all’abitare, alle fluttuazioni del mercato.
1 thought on “Basta nascondersi. A Padova avere un tetto è un problema”