Mercoledì 3 aprile sul Mattino di Padova è stato pubblicato un articolo di commento sulle proteste universitarie a favore della Palestina a firma del prof. Vincenzo Milanesi, già Rettore dell’Università di Padova (lo ricordiamo nel 2008, durante l’Onda, discutere con gli studenti nel cortile di Palazzo Bo) e direttore della Facoltà di Lettere e Filosofia. Milanesi, dall’alto dei suoi anni di docenza e studi nell’ambito della filosofia morale, ci ricorda che “nonostante i crimini di guerra di cui è responsabile il suo attuale governo di estrema destra egemonizzato dal fondamentalismo religioso, Israele esprime in pieno, proprio in quanto stato liberal-democratico, i valori fondamentali della civiltà occidentale”.
Pubblichiamo la risposta dell’Assemblea studentesca del Polo Beato Pellegrino per la Palestina.
È con fastidio che leggiamo le parole del prof. Milanesi pubblicate sul Mattino di mercoledì 3 aprile. Come Assemblea studentesca del Polo Beato Pellegrino per la Palestina siamo attivi da quasi sei mesi negli spazi universitari e nelle piazze della nostra città, con un impegno quotidiano di informazione e mobilitazione. Vedere il nostro operato, così come quello di un intero movimento di studenti e studentesse che in tutta Italia si è impegnato in favore del popolo palestinese, etichettato come “germoglio antisemita”, non può che contrariarci e spingerci a una risposta.
L’accusa che ci viene rivolta si basa sulla mancata distinzione, opportunistica e colpevole, tra antisemitismo e antisionismo. Rappresentare quella tra Israele e Palestina come una contrapposizione etnica o religiosa è una mistificazione che nasconde la realtà dei fatti: non si tratta di un conflitto tra musulmani ed ebrei, tra ebrei e arabi, ma tra oppressi e oppressori. Israele è il prodotto del colonialismo europeo, nato come una colonia di persone europee finanziata dall’Occidente anche per fuggire dalle proprie responsabilità storiche e dal proprio antisemitismo. Da più di settantacinque anni si basa sulla messa in atto di violenze quotidiane sul popolo palestinese, dal nuovo colonialismo di insediamento. La sua caratteristica è lo sfruttamento delle risorse umane e naturali della Palestina. Ciò è quanto contestiamo, non l’appartenenza religiosa o etnica dei suoi abitanti, che viene tirata in ballo solo da chi sa di non poter difendere colonialismo e apartheid.
Antisemita ci sembra invece l’atteggiamento di chi non esita a identificare la comunità ebraica mondiale con questo stato coloniale e genocida. Razzista ci sembra chi parla, ad esempio, di morti palestinesi e assassinati israeliani.
In tutto il suo intervento, Milanesi opera dei rovesciamenti funambolici della realtà dei fatti. Molinari e Parenzo non sono stati contestati in quanto ebrei ma per via delle posizioni da loro espresse sugli spazi mediatici a cui hanno ampiamente accesso. I rapporti di forza sono ribaltati rispetto a come li presenta Milanesi: non è certamente una contestazione studentesca a poter privare della parola il direttore di Repubblica, secondo quotidiano più diffuso in Italia. Gli studenti, al contrario, tentano di far sentire la propria voce, costantemente distorta o silenziata sui media. E se la presenza degli studenti durante il senato accademico dell’Università di Torino sarebbe un’“azione intimidatoria”, cosa sono le manganellate di Pisa e gli schieramenti di polizia che gli studenti, proprio qui a Padova, si sono trovati di fronte nel momento in cui ricercavano un dialogo con la rettrice? Non riteniamo un segno di democrazia il fatto che la polizia silenzi violentemente l’opinione di studenti che hanno creato uno spazio di attivazione e partecipazione diretta come è stato quello della nostra Assemblea.
Il 9 aprile saremo in piazza per richiedere la sospensione della partecipazione al bando MAECI, poiché vogliamo che la nostra università recida gli accordi di collaborazione con le università israeliane e con le aziende militari o estrattiviste come Leonardo ed Eni. Gli accordi di ricerca che contribuiscono allo sviluppo di tecnologie militari o sistemi più efficienti di repressione e sfruttamento non sono per noi un contributo al progresso, e tanto meno un ponte di dialogo e pace.
Se Milanesi, ex-rettore del nostro ateneo, ritiene che la repressione che abbiamo già incontrato quando siamo scesi in piazza sia espressione dei “valori occidentali” di cui parla, non ci stupiamo che ritenga erroneamente “una democrazia” il sistema di apartheid e sfruttamento che è Israele. Democrazia per un popolo non può voler dire ingiustizia e violenza per un altro.
Ringraziamo la Palestina perché ci permette di riconoscere chi, in Italia e nel mondo, sta dalla parte della giustizia e chi dalla parte di mistificazioni razziste ed eurocentriche.